Stavo ancora camminando per la strada per ritornare a casa e continuavo a pensare a lui.
Il cielo era un po' nuvoloso, sembrava che potesse piovere da un momento all'altro, pensai agli altri 3 che avevano deciso di andare al mare, forse non era la giornata più adatta.
Mi fermai ad un market per comprare qualcosa per pranzo, un qualcosa di veloce, non avevo voglia di mettermi ai fornelli.
Arrivai sotto casa mia e davanti al portone principale c'era parcheggiata una macchina rossa, mi pareva una Triumph TR6.
Non sono mai stata appassionata di auto, ma quello era un modello che avevo visto su qualche rivista che leggevo solitamente nel tempo libero.
Era una bella macchina, sembrava costosa.
Guardai in modo strano quell'auto, così fuori luogo sotto casa mia, per capire di chi potesse essere, ma alla fine mi avvicinai al portone senza farci caso, con il mazzo di chiavi, intenta ad aprire.
"Oh, finalmente Violet..."
Mi fermai, con la chiave del portone, e con faccia incredula mi voltai.
"Harry?!?!"
"In persona milady"
Stava scendendo dalla lussuosa macchina, davanti ai miei occhi, il visconte Harry Carter, campione nazionale di Cricket, medaglia d'argento di Polo e uno tra i migliori cacciatori di volpe del mondo.
Come facevo io Violet White a conoscere una persona di quel calibro?
Storia molto lunga ma se avete a disposizione del tempo, allora non ci sono problemi.Estate del '64, numero 8 di Banbury Rd, Bloxham, un tipico villaggio estivo inglese, vicino ad Oxford.
Mio padre a febbraio dello stesso anno fu licenziato dall'azienda dove lavorava a causa di problemi finanziari e mia madre nei mesi successivi si fece in quattro per portare avanti la famiglia da sola mentre mio padre cercava un nuovo lavoro. Non erano mai a casa, nessuno dei due, per un motivo o per un altro, e la donna di casa in poco tempo divenni io; mi occupavo del mio fratellino, sistemavo la casa, provavo a cucinare e cercavo anche di dare il mio contributo economico con dei soldi che mi ero messa da parte.
Finì il mese di aprile e mio padre era ancora disoccupato. Eravamo quasi del tutto disperati: mia madre non ce la faceva più a fare 3 lavori contemporaneamente e mio padre non ce la faceva a vederla affaticarsi così tanto.
Dovevamo andare tutti a lavorare, ma se tutti lavoravamo nessuno avrebbe potuto stare dietro alla casa e di conseguenza nemmeno al nostro cane Molly.
Molly venne in poco tempo affidata ad un'associazione per animali. Io e mio fratello eravamo totalmente distrutti.
Andammo a lavorare anche io ed Eric, mio fratello, nonostante avessimo rispettivamente 15, io, e 13 anni, lui.
Ci assunse come camerieri un piccolo ristorante del nostro quartiere e finalmente iniziammo a dare un decente contributo alla nostra famiglia. Mia madre iniziò a fare "soltanto" due lavori.
Era il 27 maggio ed in casa White suonò il telefono all'ora di cena. Era Mary, l'amica di mamma, che chiamava per dirle che aveva un'occasione per noi: i suoi parenti del nord avevano acquistato una villa di super lusso in un villaggio turistico vicino ad Oxford e cercavano due persone che potessero fare di tutto attorno e dentro alla casa per tutti e tre i mesi estivi. I proprietari offrivano vitto e alloggio per tutta la durata del lavoro e promettevano £17.000 alla fine dell' estate ma, se richiesto, erano disposti a pagare la cifra a rate anche durante l'estate stessa.
C'era anche un'altra richiesta che avrebbe fatto aumentare la cifra di £2.000: due ragazzini uno più grande ed uno più piccolo che avrebbero fatto da "amici" ai loro figli Caleb, il più piccolo, ed Harry, il più grande.
Non sapevamo l'età dei loro figli ma sapevamo solo che avevano qualche anno in più di noi.
Mia madre rimase qualche minuto muta con il telefono in mano, perché sapeva che ci saremmo dovuti spostare in casa di sconosciuti per un'estate intera, e anche se il contributo era molto grande quando saremmo tornati mio padre doveva ancora trovare un lavoro. Ci ragionammo su qualche giorno ed arrivammo alla conferma; saremo andati a Bloxham tutta l'estate.
Pensammo che i soldi che ci avrebbero dato erano una cifra talmente enorme, per una famiglia come noi, che se gestiti con attenzione ci saremo andati avanti per un bel po' di tempo, anche il tempo di trovare un altro lavoro.
1 giugno 1964, partimmo con le nostre valigie e la nostra piccola macchina con direzione la villa di una famiglia che non conoscevamo affatto.
Dopo circa 3 ore e mezza di auto arrivammo a destinazione.
Ci ritrovammo con la nostra piccola auto di fronte ad un cancello dorato di dimensioni mastodontiche.
Una piccola lanterna iniziò a lampeggiare ed il cancello lentamente iniziò ad aprirsi, da solo, che magia era mai quella.
Entrammo con l'auto in quel vialetto circondato da un giardino immenso abbellito da esotiche composizioni floreali, statue e fontane di ogni tipo. La casa era immensa, all'esterno aveva un colore grigio chiaro con finiture di marmo italiano, finestre bianche molto ampie e un portone con maniglie a forme di leone.
Al solo pensiero di aver passato un'estate lì mi veniva la pelle d'oca e pensai che il mio sogno da bambina di diventare una principessa potesse essere diventato realtà.
Uscirono dal grande portone quattro figure che si presentarono molto gentilmente; la madre Lily era una bellissima donna, alta, bionda e con occhi azzurri, il padre Albert era un nobile di sangue, era molto alto anche lui, occhi castani e capelli castano scuro, Caleb, il figlio più piccolo, aveva 15 anni come me, capelli rossi, occhi marroni e migliaia di lentiggini, infine c'era Harry, il figlio più grande, aveva 18 anni, occhi color ghiaccio e capelli dorati. Una famiglia insomma...perfetta.
Erano tutti vestiti elegantemente, al contrario di noi; io mi ricordo ancora che indossavo una maglietta nera con un jeans vecchio a zampa e delle converse bordeaux.
Ci guardammo tutti per qualche secondo e successivamente i genitori ci lasciarono per andare a parlare di "cose da adulti" all'interno.
Caleb teneva sotto braccio un pallone da calcio, guardò Eric e disse:
"Andiamo a giocare noi, te Harry vieni?"
"No io adesso non vengo, devo andare a dar da mangiare ai cani"
I due ragazzini se ne andarono a giocare a calcio ed io rimasi lì immobile con Harry.
Mi ricordo ancora che passai tutta quella giornata con lui, anche quelle successive, tutti e tre i mesi.
Lui essendo più grande aveva già preso la patente e quindi ci divertivamo da matti ad andare in giro con la sua auto.
Con la scusa che voleva portarmi a visitare musei, abbiamo girato tutti i disco pub del posto e abbiamo preso le nostre prime sbronze assieme.
Ci divertivamo un sacco. Mi raccontava che si era stufato di fare la vita da riccone, comportarsi come un principe, aveva 18 anni e voleva divertirsi come un qualsiasi altro adolescente ed io gli raccontavo della nostra situazione che era completamente il contrario.
Ci trovavamo di nascosto sul terrazzo di camera sua per parlare fino a notte tarda e lì per la prima volta fumai la mia prima sigaretta. Nei giorni successivi, in macchina con lui, giravo sempre con la sigaretta in mano e lui idem.
Una sera di fine giugno, sempre sul suo balcone, mi baciò, fu il mio primo vero bacio.
Stavamo praticamente assieme, ogni giorno con lui, a girare per qualsiasi posto potesse essere scritto sui cartelli, e come scuse usavamo musei, bar di lettura e conferenze sull'arte, quando in realtà se entravamo in un bar ne uscivamo distrutti e ci mettevamo a limonarci dietro un muro.
Quell'estate provai anche il mio primo spinello.
Feci un sacco di cose nuove.
Feci anche l'amore per la prima volta.
Dovevamo tornare a casa sul tardi ma avevamo entrambi bevuto troppo ad un pub e nell' incoscienza ci fermammo ulteriormente al concerto che si trovava lì quella sera. Finita la musica ci appostammo vicino ad un parco per fumarci una sigaretta e darci qualche bacio. Lui voleva guidare ma gli dissi che non era proprio il caso.
Allora telefonò a sua madre e gli disse che quella notte avremo dormito in un albergo perché non si sentiva ancora sicuro a guidare di notte e la conferenza su Napoleone Bonaparte era finita troppo tardi.
Sua madre ci prenotò una stanza in un albergo molto bello, in centro ad Oxford.
Arrivammo in stanza e ci buttammo entrambi sul letto, iniziammo a ridere di quella situazione e tra una risata e l'altra iniziammo a baciarci. Sempre più appassionatamente finché lui mi chiese:
"Ti andrebbe di farlo?"
"Si"
E così andò.
La mattina dopo tornammo a casa per pranzo e quando sua madre ci chiese se ci era piaciuta la camera rispondemmo all'unisono "sì" ma arrossimmo tantissimo.
Andò avanti così anche tutto luglio ed anche metà agosto.
Il 13 agosto arrivò una telefonata per lui. Eravamo in camera sua sul letto a parlare e giocare innocentemente quando entra in camera mio padre che dice ad Harry che lo desideravano al telefono.
Harry si alzò dal letto ed andò a rispondere, lasciando me sotto gli sguardi minacciosi di mio padre che ci aveva trovati assieme in camera sua.
Mio padre per fortuna se ne andò ed io mi affacciai dalla porta per guardare da sopra le scale Harry che parlava al telefono.
"Sì tutto bene,mi sto divertendo molto, ho giocato tutti i giorni a cricket con mio padre...
...Oh certo che continuerò quella partita di badminton con tuo padre.... Ma certo......nessun problema....
...ci vediamo a fine estate allora....ah no?..... e quanto stai?....allora ci vediamo presto...."
E riagganciò il telefono ma aveva un'espressione strana sul volto, era impaurito, a tal punto da mettersi una mano sulla bocca senza sapere cosa fare.
"Harry tutto ok?"
Gli domandai dall'alto.
Alzò la testa e mi guardò; la sua espressione cambiò radicalmente e si trasformò in un largo e bellissimo sorriso.
Non mi rispose. Rimasi col dubbio ma non feci niente per togliermelo. Sorrisi indietro.
Io ed Eric mangiavamo al tavolo con loro, i nostri genitori no, mangiavano in cucina.
La sera successiva a cena sua madre esordì con:
"Domani allora arriva Catherine, ti aveva richiamato ieri no?"
"Si mamma, mi ha chiamato, ha detto che starà con noi per 5 giorni"
"L'ho invitata io personalmente, vi sarete mancati a vicenda scommetto"
"Certo mamma..."
La faccia di Harry era diventata cadaverica.
Feci una domanda, una domanda che non avrei dovuto fare per continuare a vivere quel sogno.
"Chi è Catherine?"
"Ma come, Harry non te l'ha detto? Posso caro?"
Guardò su figlio, guardavo anche io suo figlio, ma lui non rispose.
"Sono fidanzatini da quando andavano alle scuole elementari, sono così adorabili assieme, lei verrà qui per cinque giorni, scommetto Violet che anche tu le resterai molto simpatica"
Guardavo Harry, non ci credevo.
"Ah, no, non me l'aveva raccontato"
Avevo il cuore spezzato, per la prima volta, i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime ma non volevo farglielo vedere.
"Scusatemi ma non mi sento molto bene e non ho più appetito"
Mi alzai dal tavolino ed andai nel bagno della mia camera. Piansi a dirotto per tutto il giorno.
Il giorno successivo dalla finestra di camera mia vidi arrivare una sontuosa limousine nera, da quell'auto scese Catherine, alta bionda, riccia, occhi da cerbiatto, era perfetta.
Lily la accolse con un caloroso abbraccio, anche Caleb ed Albert.
Arrivò anche Harry che con una faccia abbastanza triste la baciò.
Mi venne il voltastomaco.
Ma volli fare una cosa, uscii di camera e andai all'ingresso, ad accogliere quella ragazza,nel modo più falso possibile.
peccato che mi ero dimenticata che non mi riesce essere falsa.
"Tu dovresti essere Violet, Lily mi ha parlato di te..."
"Si sono io"
"Ed io sono Catherine, piacere"
"Lo so, piacere"
Non potevo avercela con quella ragazza, era così dolce e gentile, ma ce l'avevo con Harry, era stato falso per tutto quel tempo.
Le prime delusioni d'amore sono sempre le peggiori.
Nei giorni successivi io parlai con Catherine, ma evitai con Harry.
Era la notte del 31 agosto, l'ultima notte che avrei passato lì, stavo ripensando a quell'estate, che nonostante tutto era stata la più bella della mia vita; sentii bussare alla mia porta.
Mi alzai dal letto in pigiama ed andai ad aprire, era Harry,
Gli spiegai che non lo volevo vedere e che ci saremo salutati la mattina dopo quando sarei andata via ma lui insistette per entrare, aveva gli occhi lucidi.
Ci mettemmo a sedere sul letto e mi disse che quell'estate era stata la più bella di sempre per lui, grazie a me. Mi spiegò anche che io gli piacevo davvero tanto e sul serio, Catherine era solo una promessa che doveva mantenere con i suoi genitori e con i genitori di lei, probabilmente sarebbero arrivati anche all'altare. Da loro, in quel mondo così astratto per persone come me, funzionava così.
Lo abbracciai.
Capii quanto era tormentato dal non poter vivere la vita come avrebbe voluto, non poteva essere un semplice adolescente.
Ci addormentammo nel parlare tutta la notte.
La mattina dopo la mia sveglia suonò alle 5 di mattina, si svegliò anche lui con me e mi aiutò a sistemare le ultime cose.
Prima di uscire dalla stanza mi dette l'ultimo bacio che ci saremmo mai dati.
Davanti all'ingresso ci salutammo e ringraziammo a vicenda con le famiglie, fingendo di essere stati solo due amici quell'estate.
Tornai nel mio quartiere e la nostra vita tornò alla normalità. Mio padre aveva anche trovato un lavoro.
Harry è stato effettivamente il mio primo amore, un amore estivo.
Fino alla fine di quell'anno io continuai a pensare a lui ma decisi di non contattarlo in alcun modo.
Passarono 7 anni ed arrivò il 1971.
Mi ricordo che arrivò una lettera a casa, una bella lettera, con una chiusura in cera lacca.
Peccato che la trovò prima Thomas, il mio famoso ex, che di me.
Mi chiese chi fosse questo Harry ed io gli risposi che non lo sapevo, perché effettivamente nulla mi era venuto in mente.
Litigammo anche per quello.
Solo successivamente ripensai ed arrivai a capire chi fosse quel Harry.
Non avevo letto la sua lettera perché era automaticamente finita nel cestino.
Me ne feci una ragione. Questo era solo due anni prima di ritrovarmelo davanti a casa."Che ci fai qui?"
"Ho trovato il tuo indirizzo, dopo tanti anni sto tornando a Bloxham, volevo passarti a fare un saluto"
"Mi fa piacere rivederti"
"Anche a me..."
Mi guardava, ammaliato, come se avesse visto una top model, invece avevo letteralmente addosso degli abiti da uomo, che mi stavano lunghi. Non riuscivo a capire se provava ancora qualcosa per me.
Io ho provato tanto per lui, tantissimo, ma 9 anni fa, nel lontano 1964, adesso siamo nel 1973 ed io sono andata avanti.
Mi dispiaceva.
"Due anni fa ho provato a mandarti una lettera ma probabilmente non l'hai letta"
"Non mi è nemmeno arrivata"
"Ah...ci deve essere stato un problema allora haha"
"Già"
Avevo infilato la chiave nel portone e stavo per aprire ed entrare.
"Che fai non mi dai nemmeno un abbraccio"
"Oh..certo..."
Mi abbracciò a lungo.
"Mi ha fatto davvero tanto piacere rivederti Harry, stammi bene"
"Anche a me Violet..."
Entrai e chiusi il portone.
Oddio che giornata.
Anche se era vero che mi avesse fatto tanto piacere rivederlo.
Stavo salendo l'ultima rampa di scale quando sentii di nuovo suonare il campanello.
Lasciai la bustina della spesa in cima e scesi velocemente le scale.
Era Harry.
"Senti, ti va di prendere un Té insieme?"
"Adesso Harry avevo da fare a casa, scusami..."
"Ah, capisco..."
Ci era rimasto male, mi dispiaceva vederlo così.
"Però se vuoi puoi salire che lo faccio io in casa"
"Ah, va bene, non ti disturbo vero?"
"No no...tranquillo"
Lo feci entrare ed accomodare in salotto mentre io preparavo il Té in cucina.
"Allora? Come hai fatto a trovarmi?"
"Ho fatto ricerche ed ho trovato dove abitavi"
"Mi fai paura così haha"
Mi faceva strano rivederlo, eravamo ragazzini quando ci eravamo visti l'ultima volta.
"Eric come sta? E i tuoi?"
Cazzo non lo sapeva, il che me lo potevo aspettare ma mi ero bloccata.
"Violet, ci sei?"
"Oh, si si, stanno bene, tutto bene"
Perché avevo mentito non lo sapevo ma forse era meglio così.
"I tuoi invece?"
"Si sì tutto bene"
"Mi fa piacere, salutameli"
"Anche tu i tuoi"
Nessuno dei due aveva il coraggio di chiedere all'altro qualcosa riguardo le nostre situazioni sentimentali.
Lui non domandò, disse una cosa.
"Mi sposo tra qualche mese sai?"
"Oh...congratulazioni, ti faccio tanti auguri"
"A me e Catherine farebbe piacere se venissi anche tu"
"Oh...apprezzo l'invito ma non posso mi dispiace"
"Capisco...forse è meglio che vada"
"Ancora auguri"
Stava uscendo dalla porta e suonò un'altra volta il campanello.
Quella mattina non potevo fare le mie pulizie in santa pace eh?
"Apro io, tanto me ne sto andando"
"Grazie mille Harry"
Ci scambiammo un bacio sulla guancia.
Scese le scale ed aprì la porta. Uscì e dal portone entrò un'altra figura.
"Violet? Ti avevo riportato la tua borsa...l'avevi lasciata da me"
Oh cazzo.
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"I've always looked for you"-Brian May
Fiksi PenggemarViolet é una ragazza Londinese dal passato travagliato, nata nel dicembre del 49 e lavora da qualche anno in una modesta biblioteca della città. È proprio sul posto di lavoro che incontrerà le persone che le travolgeranno completamente la vita: un g...