Under pressure

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L'arrivo di Paul Prenter aveva portato una dinamica nuova, inquietante, che iniziava a lasciare il segno in modo sempre più evidente. Paul si era presentato come un manager ambizioso e, almeno in apparenza, determinato a sostenere Freddie e la band verso il successo. Ma ai miei occhi era chiaro che il suo interesse per Queen fosse unicamente commerciale, privo di quel rispetto per l'arte e l'amicizia che noi avevamo sempre considerato sacro. Da subito, infatti, iniziai a notare il suo atteggiamento di chi guarda tutti dall'alto in basso, come se fossimo solo un ingranaggio da far girare per trarne il massimo profitto.
Paul sembrava aver stabilito un legame con Freddie a una velocità sorprendente, una familiarità quasi forzata che mi lasciava perplessa. Ogni volta che cercavamo un momento tranquillo per parlare con Freddie, magari per discutere di un progetto o di qualche dettaglio del tour, ecco comparire Paul, sempre pronto a inserirsi nei discorsi, a interromperci con quel suo sorriso un po' sprezzante.
Una sera, durante una riunione a casa di Roger, la tensione esplose. Roger si era seduto accanto a me, e dopo solo pochi minuti, sbuffò rumorosamente, lanciando un'occhiata furiosa verso Paul.
"Freddie, possiamo avere una conversazione come facevamo una volta, senza... senza che lui sia sempre qui in mezzo?"
Freddie si voltò, un po' sorpreso, e rise nervosamente. "Su, Roger, non essere drammatico. Paul è qui per aiutarci, fa il suo lavoro."
Roger incrociò le braccia, il viso contratto in una smorfia di disappunto. "Mi chiedo per chi lo faccia davvero, il suo lavoro. Per noi, o solo per te e per i tuoi nuovi capricci?"
Paul ridacchiò, facendo tintinnare i suoi anelli d'oro.
Quella fu la goccia. Mi alzai di scatto, piantando lo sguardo su Paul. Sentii la rabbia montare come un'onda, incapace di trattenermi.
"E tu che ne sai di cosa significa tutto questo? Che ne sai tu di sacrificio, di lavoro, di passione? Non hai fatto altro che attaccarti a chi ha costruito questa strada."
Esplosi, senza più filtri, la voce carica di disprezzo.
Paul mi guardò con un sorrisetto sfottente, quasi godendosi lo scontro.
"Oh, tesoro, se sei così sensibile, forse è meglio che lasci questo lavoro a chi lo sa fare. Io porto risultati, non drammi. E ti dirò un segreto: senza di me, magari questo gruppo non avrebbe raggiunto il livello in cui è ora." Sghignazzò, dando un'occhiata complice a Freddie.
Freddie, inaspettatamente, si schierò subito al suo fianco, fissandomi con uno sguardo tagliente, quasi pieno di disprezzo.
"Sai cosa, tu non hai il diritto di trattarlo così. Paul mi sta accanto. Lui mi capisce davvero e non mi tratta come fossi solo un problema da risolvere. È più di quanto possa dire di te in questo momento."
La sua voce era secca, brutale, e ogni parola mi colpiva come una lama.
Mi fermai, stordita, a fissarlo incredula. "Davvero preferisci difendere lui... invece di me? E se non ti interessa di me, lasci da parte tutti loro? Loro che ci sono sempre stati per te, che hanno creduto in te?"
Freddie alzò il mento, il suo sguardo ancora più freddo.
"Tu non capisci, non è questo il punto. Paul ha visto quello che nessuno di voi vede. Non siete i miei guardiani, non siete i miei salvatori. E se non riesci a rispettarlo, allora forse il problema non è lui, ma sei tu."
"Il problema sono io?" risi amaramente, scuotendo la testa. "Ti stai facendo accecare da uno che ti tratta come un investimento. Guarda come si comporta, come ti spinge sempre di più verso qualcosa che non sei. Paul è solo un parassita, Freddie, un miserabile che si approfitta di te e dei tuoi soldi."
Paul scosse la testa, fingendo dispiacere. "Caspita, che discorsone da eroina melodrammatica. Ma mi sa che qui non è Freddie quello che ha bisogno di 'aprirsi gli occhi', forse sei tu che dovresti imparare a tenere il tuo naso fuori dai fatti altrui."
Gli lanciai un'occhiata carica di veleno. "Sai cosa? Spero solo che tu faccia un passo falso, perché quando succederà, quando Freddie capirà chi sei davvero, sarai fuori da questa famiglia più in fretta di quanto tu riesca a dire 'bye'. Perché di te, Paul, non rimarrà nemmeno il ricordo. Sei solo un leccapiedi travestito da manager, uno che vive di ciò che altri costruiscono, che si aggrappa come un parassita a chi ha qualcosa che lui non avrà mai: talento, passione, lealtà. Tutto ciò che tu non sei."
Paul non si scompose, il suo sorriso si allargò in un ghigno irritante. "Oh, cara, ma a me non importa nulla del tuo teatrino. L'unica cosa che conta è chi sa vincere, chi sa stare al vertice. E se ti infastidisce così tanto, forse dovresti fartene una ragione."
Sentii un'ondata di rabbia incontrollabile, ma Freddie mi anticipò. Mi fissò con occhi freddi e distanti, come non l'avevo mai visto.
"Paul ha ragione, sai? È arrivato il momento che tu impari a stare al tuo posto. Non sei tu il centro di tutto questo, e soprattutto, non puoi dettarmi chi devo avere al mio fianco. Ho bisogno di persone che capiscano chi sono adesso, non chi ero dieci anni fa."
Quelle parole furono come un pugno nello stomaco.
"Freddie, davvero stai dicendo questo a me? Dopo tutto quello che abbiamo passato?"
"È esattamente quello che sto dicendo," rispose, tagliente. "Non mi serve qualcuno che si comporta da martire per me. Non sei mia madre."
La sua voce carica di freddezza mi tolse il fiato, e il mio sguardo si fece duro.
"Sai, Freddie, se davvero pensi che lui sia quello giusto per te, allora sei più cieco di quanto credessi. Non so chi sei diventato, ma di sicuro non riconosco più il Freddie che ho sempre amato. E se è così, forse è meglio che tu vada davvero. Perché io non resterò qui a guardare." Mi fermai, guardando Paul con disgusto.
Freddie si alzò bruscamente, il volto duro e impenetrabile. "Basta, ho sentito abbastanza. E se non riesci a capire che ho il diritto di scegliere chi voglio al mio fianco, allora è inutile continuare questa conversazione." Fece un cenno a Paul, e insieme uscirono dalla stanza, lasciando un silenzio pesante e colmo di tensione.

"I've always looked for you"-Brian MayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora