dolorosi ricordi

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Era un caldo pomeriggio e Mary-Beth si stava godendo la brezza che le sfiorava delicatamente il viso mentre ammirava il panorama dalla collina. La vista era mozzafiato: il grande lago azzurro era contornato dalle montagne che si stagliavano fino al cielo, il sole brillava sereno, accompagnato da qualche candida nuvola.

Pensò che fosse un'occasione perfetta per cacciare. Non chiedeva altro che essere immersa nella natura: si sentiva così a casa, così coccolata. Prese la sua fidata revolver argentata e montò a cavallo verso la foresta, dove avrebbe sicuramente trovato una preda.

E così fu, trovò un altro cervo. Prese la mira e dopo aver ponderato il giusto colpo da tirare, sparò. Il boato fece volare via gli uccelli. Si avvicinò alla preda per finirla e dopo aver fatto ciò, la trascinò a fatica e la trasportò sul dorso del suo fidato destriero per poi montare a cavallo.

Galoppò per le immense praterie una volta ancora fino a raggiungere un piccolo ruscello: era giunta l'ora di una sosta. Si lavò il delicato viso, coperto dalle lentiggini e si rinfrescò. Si stese sul prato e assaporò di nuovo la libertà che la natura le offriva. Chiuse gli occhi e si immaginò a danzare tra le braccia dell'uomo che tanto la aveva stregata.

I suoi dolci pensieri vennero interrotti da un ruglio. Si girò di scatto e trovò davanti a sé un orso Grizzly.

"diamine" bisbigliò tra sé e sé prima che la mastodontica creatura caricasse verso di lei. A quel punto, montò più in fretta che poté su Atlantis, che aveva già iniziato ad imbizzarrirsi. Il suo cavallo la disarcionò e scappò via. Era rimasta sola.

Cominciò a correre il più velocemente possibile: le gambe le tremavano dalla paura, il respiro era affannato. Sentì la creatura sempre più vicina fin quando un uomo sconosciuto si avvicinò a lei e le porse la mano per farla salire sul suo cavallo bianco.

I due galopparono fino a superare l'orso.

"sta bene?" le chiese l'uomo dai capelli corvini. Avrebbe dovuto avere la stessa età di Arthur, se non di più, pensò.

Ma perché pensi sempre ad Arthur, si rimproverò.

"mi sente? Sta bene, signorina?" chiese l'uomo, il cappello da cowboy era nero come i cappelli ed i baffi che sembravano essere ben curati.

"sono Dutch Van der Linde, piacere di conoscerla" disse con un sorriso smagliante, tipico della personalità giocosa dell'uomo. I suo corpo era robusto, ma non troppo, le mani erano adornate da vari anelli d'oro e il gilet di velluto che indossava sopra la camicia era di un color magenta.

A quelle parole, Mary-Beth sbiancò. Non ci poteva credere, era stata appena salvata dal suo rivale, il capobanda, per giunta.

"sono Mary-Beth, Mary-Beth Rogers" rispose la ragazza, con la voce tremolante.

"ho come l'impressione di aver già sentito il suo nome" sorrise gagliardo Dutch.

La ragazza strabuzzò gli occhi. Significava che Arthur gli aveva raccontato di lei, o peggio, che avesse scoperto che Mary-Beth faceva parte degli O'Driscoll? Non sapeva trovare una risposta alla sua domanda.

"dove la porto, signorina Mary-Beth?"

"Valentine andrà benissimo" gli disse fiduciosa. Non avrebbe mai permesso che un rivale avesse scoperto la sua banda, nonostante fosse venuto in suo aiuto.

"d'accordo, allora, la porterò a Valentine"

una volta arrivati in paese, la ragazza smontò da cavallo e ringraziò Dutch, ancora una volta, per averla salvata.

Dopo di che, si diresse al saloon, stanca dell'avventura appena vissuta, così stanca che si addormentò quasi sul bancone ed il cameriere dovette chiederle se stesse bene o meno.

Ordinò uno shot di whiskey, voleva rilassarsi completamente. Si perse a guardare un quadro sopra il pianoforte: vi era raffigurato un treno. Come un fiume in piena, i ricordi la travolsero completamente e una lacrima le scese dall'occhio sinistro. Era così assorta nel momento che non sentì nemmeno la voce di Arthur dietro di lei.

"hai quasi finito la bottiglia, quanto hai bevuto?" disse con fare premuroso che lasciava, però, intravedere della preoccupazione.

"suvvia, non sono... ubriaca" disse Mary-Beth con la voce impastata. Era evidente che avesse bevuto un po' troppo quella sera.

"Mary-Beth..." fece per dire qualcosa ma fu interrotto dal pianto della giovane donna che, istintivamente, si gettò tra le sue braccia, come per cercare conforto. Arthur non sapeva che fare, l'unica cosa che gli balenò in mente fu quella di abbracciarla anche lui. E così fece.

Per la prima volta Mary-Beth si sentiva al sicuro, protetta. Si sentiva in una bolla di sapone: i rumori erano ovattati, l'unica cosa che riusciva a sentire era il contatto del suo esile corpo con quello di Arthur.

"mi mancano tanto, Arthur" disse tra le lacrime, singhiozzando.

"lo so, piccola, lo so" cercò di rassicurarla e riuscì nel suo intento. Mary-Beth si stava rilassando, così tanto che si addormentò tra le braccia dell'uomo a cui voleva così tanto bene e, forse, qualcosa di più anche se era ancora presto per dirlo. Il contatto dell'esile corpo della ragazza con il suo lo fece rabbrividire e non smise di pensare che avrebbe voluto proteggerla per sempre.

Mary-Beth si addormentò tra le possenti braccia di Arthur, il quale la prese in braccio e la portò di sopra, in una camerà d'albergo. L tolse gli stivali per poi adagiarla sul letto delicatamente, come se fosse la cosa più preziosa al mondo e, in effetti, lo era.

Si sedette sulla poltrona dinnanzi al letto e non chiuse un occhio per tutta la notte. L'unica cosa che voleva fare era stare ad osservarla per ore. Le labbra piene color pesca erano socchiuse, così come le palpebre, contornate da folte ciglia. Le lentiggini sul viso di porcellana erano perfette, come le stelle della notte di Van Gogh. Era perfetta, così come quella notte luminosa.

WICKED GAME - arthur morganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora