la goccia che fece traboccare il vaso

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la mattina dopo Mary-Beth si svegliò di soprassalto, con le mani che le tremavano e la fronte imperlata di sudore. Era sconvolta, non poteva ancora credere al fatto che la sua giovane vita fosse stata massacrata in pochi secondi. Arthur era il suo tutto, eppure era stato la causa della sua distruzione.

Si sedette sul letto, non così comodo come pensava, e si massaggiò le tempie. Aveva un forte mal di testa quella mattina, così forte che le impediva di pensare. Nonostante l'inconveniente, si alzò in piedi e si diresse verso la zona bagno per darsi una rinfrescata e vestirsi. Aprì l'armadio e notò che vi erano conservati i vestiti della madre Bertha. Il suo stile era così ricercato e raffinato, pensò la ragazza, estraendo una camicia bianca con le maniche a sbuffo ed una gonna rosso fuoco, si abbinava perfettamente ai suoi capelli.

Alzò lo sguardo e vide le antiche fotografie che ritraevano il padre Robert assieme alla madre che teneva in braccio la piccola Mary-Beth. Era la sua copia perfetta: i ricci vermigli, gli occhi verdi e la pelle bianchissima. Era una persona meravigliosa, sia fuori che dentro. Tutti la dipingevano come una donna amorevole e premurosa, che avrebbe fatto di tutto pur di vedere felici i suoi cari e, infatti, era tutto vero.

Il suo flusso di coscienza venne interrotto dallo stomaco di Mary-Beth che brontolava dalla fame. Si diresse in cucina, per poi trovarsi davanti l'anziana signora con in mano una tazza fumante di quello che sembrava essere caffè. Lo stava sorseggiando in tutta tranquillità.

"buongiorno, mia cara" le sorrise calorosamente.

"ciao nonna, come mai già sveglia a quest'ora? È appena l'alba" constatò la ragazza guardando fuori dalla finestra da cui trapelava la luce rosata.

"pensavo a tuo nonno... mi manca molto"

"anche a me, sai... mi mancano le lunghe cavalcate che facevamo insieme ed i pomeriggi passati a leggere con lui"

"ancora ricordo quel giorno in cui conoscemmo a Nashville... eravamo giovani e innamorati... a proposito, mia cara, tu non hai trovato qualcuno che ti faccia battere il cuore?" le chiese con una neonata curiosità.

"si, ho conosciuto quella persona ma mi ha deluso, tanto...mi ha nascosto il suo passato" una lacrima salata le solcò il volto non appena la sua mente iniziò a vagare tra ricordi che ormai avevano assunto un sapore agrodolce.

"mia dolce Mary-Beth... le persone non sono le loro azioni passate. Esse sono multiformi, non si restringono ad essere una sola cosa... ciò che conta è cosa sono ora e cosa vogliono fare per cambiare il loro futuro"

quelle parole riaccesero un po' di speranza nel cuore martoriato della ragazza. Josephine aveva ragione anche se purtroppo non sapeva che sua figlia era morta proprio a causa dell'uomo che Mary-Beth amava alla follia.

Che disastro, pensò.

Trascorsero la mattinata a parlare e ridere, proprio come ai vecchi tempi. Le erano mancati quel calore e familiarità che solo l'amore di una nonna poteva donarle.

La salutò abbracciandola, dopo di che montò a cavallo. Era ancora debole: la testa le doleva e aveva come la sensazione che avrebbe vomitato da un momento all'altro. C'era qualcosa che non andava ma decise di ignorare quel malessere che sperava sarebbe stato passeggero e si avviò verso Saint Denis. Doveva fare delle compere.

Si diresse verso il negozio di vestiti in cui lei ed Arthur avevano fatto delle compere mesi prima. Quel giorno era speciale per lei e lo custodiva gelosamente nel suo cuore: quella sera avevano consumato la prima nottata d'amore. Era tutto così bello che le sembrava che prima o poi sarebbe finito tutto in un batter d'ochhio. E così fu, infatti. Il loro amore si era spento come una candela usurata.

Fece per entrare in negozio e comprò un vestito nero, come il suo umore in quel momento, con una scollatura prominente. Si guardò più volte allo specchio e sorrise, seppur amaramente.

Era quasi ora di cena e Mary-Beth stava morendo di fame, perciò decise di montare a cavallo e raggiungere il saloon più vicino. Varcata la soglia, un odore pungente di alcol le pizzicò le narici, l'atmosfera era vivace: c'erano persone ovunque che ballavano, festeggiavano e sorseggiavano alcolici. La ragazza si sedette in un tavolo vicino all'ampia finestra che lasciava intravedere il via vai della città. Ordinò e poco dopo il cibo arrivò.

Pensò. Ancora e ancora. Non riusciva a togliersi dalla testa Arthur e quegli occhi azzurri come il cielo che la avevano stregata. Non ce la faceva.

Fece per alzarsi dal tavolo ma le gambe le cedettero e cadde a terra. La testa le girava all'impazzata, non riusciva a trovare tregua. Le figure della gente che si era riunita attorno a lei erano sfocate, causa la sua vista annebbiata. Non capiva più niente.

"signorina! signorina! Si sente bene?" le chiese un uomo con fare preoccupato.

"un dottore, c'è bisogno di un dottore!" urlò un altro.

Non passò molto tempo prima che Mary-Beth, in tutta la fragilità della sensazione, perse i sensi completamente. Il suo esile corpo non reggeva tutto quel dolore.

La portarono subito dal dottore più vicino e la ragazza, dopo poche ore riprese conoscenza. Osservava la bianca parete sopra di lei, gli utensili medici, fino a trovarsi davanti la figura di un uomo che sembrava avere sui cinquant'anni.

"signorina, ho delle notizie per lei...non so se siano belle o brutte"

"mi dica, dottore" lo intimò.

"è incinta...da qualche settimana"

la ragazza strabuzzò gli occhi. Le era appena caduto il mondo addosso. Ora che era decisa a separarsi da Arthur definitivamente, era sorto un motivo per cui avrebbe dovuto riavvicinarsi a lui. Non ci poteva credere, non era il momento giusto per una notizia del genere. Si alzò dal lettino di fretta, al che la testa le girò nuovamente, obbligandola a sorreggersi sul tavolo di fianco.

"senta, è ancora molto debole, posso chiamare una diligenza che la porti a casa" le disse il dottore.

Mary-Beth lo ringraziò e dopo poco tempo salì sulla carrozza. Era diretta a Horseshoe Overlook, ossia l'accampamento Van der Linde. Nonostante odiasse quasi Arthur per la sua azione meschina e riprovevole., doveva ameno comunicargli l'inaspettata notizia, non lo avrebbe di certo lasciato all'oscuro.

Arrivò a destinazione e si fiondò subito nella tenda di Arthur, il quale era intento a farsi la barba.

"Mary-Beth, cosa...cosa ci fai qui? Pensavo non mi volessi più vedere" disse con occhi tristi.

"sono incinta" disse nel modo più diretto possibile. Voleva arrivare dritta al punto.

"cosa?" Arthur strabuzzò gli occhi.

WICKED GAME - arthur morganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora