la vendetta

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Quella notte Mary-Beth non ne voleva proprio sapere di addormentarsi. La sua mente vagava libera tra i suoi pensieri come se fossero delle liane. Le era venuta la pelle d'oca a pensare ad Arthur. Il modo in cui i suoi occhi cerulei si incastonavano con i suoi smeraldini, le sue mani che le stringevano quell'esile corpo...lo desiderava, lo bramava così tanto.

Non perse altro tempo e si diresse verso la sua tenda a passo felpato ma per sua sfortuna non lo trovò.

Diamine.

La ragazza iniziò a fare mente locale sui possibili posti in cui sarebbe potuto andare. Magari a Valentine? Oppure...al lago dove si erano conosciuti. Era molto probabile in quanto uno dei luoghi in cui Arthur si recava quando non riusciva a chiudere occhio. Senza tergiversare, montò su Atlantis, il suo più fidato destriero e si addentrò nelle verdi praterie che a quell'ora avevano quasi assorbito il colore del cielo.

"Arthur! Arthur!" urlò in preda all'ansia del momento. Non riusciva a trovarlo finché non vide una figura familiare seduta su una roccia. Avrebbe potuto riconoscere quel cappello nero e usurato a miglia di distanza.

"Mary-Beth...che ci fai qui a quest'ora della notte? È pericoloso" esordì l'uomo, preoccupato.

"niente...è solo che non riesco a smettere di pensare a te e-" non riuscì neanche a finire la frase che una mano le tappò la bocca e la trascinò via con sé.

"Mary-Beth!" esclamò Arthur, estraendo la pistola e mirando all'uomo che la stava rapendo. Non aveva tenuto conto del fatto che ci fossero circa dieci altri loschi figuri a tenere il fucile puntato su di lui.

"scacco matto, Morgan" fu l'unica frase che pronunciò prima di caricare Mary-Beth, che tentava invano di liberarsi dalla sua perfida morsa, sulla diligenza. Arthur riusciva a scorgere quegli smeraldi che erano diventati arrossati dalle lacrime. Aveva fallito nel suo più grande e importante obiettivo, quello di proteggerla.

"dove mi state portando?cosa volete da me?" domandò la ragazza in preda al panico e bendata.

"nulla, solo che tu paghi per il grande errore che hai commesso" quella voce era troppo familiare per non essere riconosciuta. Gli scagnozzi le tolsero la fascia che le impediva di vedere e un volto noto: era Colm O'Driscoll. Quegli occhi erano ricolmi di cattiveria, crudeltà, ferocia...costituivano il perfetto specchio della sua anima perversa e meschina.

"sei uno stronzo!" gli urlò. Quelle poche parole racchiudevano tutta la delusione e la rabbia allo stato puro che Mary-Beth stava provando. Come poteva il suo quasi padre tradirla in un modo simile? D'altronde era ancora giovane e inesperta nel campo della vita, non poteva condannarla in un tale modo per essere innamorata. Ma lo aveva fatto, eccome se lo aveva fatto. Da un uomo così efferato e spietato non ci si poteva aspettare di meno.

Colm ghignò, prima di ordinare ai suoi uomini di portarla dentro un seminterrato e legarla ad una sedia. Mary-Beth non aveva scampo, si sentiva inerme e impotente nei confronti di quella situazione. Non ci poteva fare più nulla. Era rimasta sola.

"sei solo una traditrice senza cervello, cara mia" sputò acido "dimmi...sai mica dove tengono tutto l'oro che mi hanno rubato anni fa?"

"Colm, lo giuro, non ne so assolutamente niente!" disse singhiozzando con gli occhi che lo imploravano di avere pietà di sé. D'altronde era vero, non ne sapeva proprio niente.

Mary-Beth avvertì una spiacevole sensazione di nodo alla gola nel momento in cui la approcciò con un coltello in mano, che poi le puntò alla gola. Cascate le uscivano da quei disperati smeraldi. Non ci poteva credere.

"avanti, bambina mia, so che lo sai" le sussurrò con tono minaccioso.

il pianto della ragazza divenne sempre più rumoroso e singhiozzante. Non vedeva via d'uscita, la speranza si stava iniziando a consumare proprio come le sue gote che divennero rosse dal pianto, proprio come le labbra ed il delicato naso alla francese. Temeva non ce l'avrebbe fatta, il suo piccolo cuore era troppo puro e innocente per sopportare una cosa di una tale efferatezza.

"rispondimi, stronza ingrata!" le urlò Colm prima di darle uno schiaffo sonoro che la fece quasi piegare dal dolore.

"se entro domani mattina non me lo dici, ti uccido" le comunicò in modo distaccato e al contempo spietato, prima di lasciarla completamente sola in quel freddo ripostiglio in pietra. I codici di ciascuna banda erano pochi e chiari ma quello fondamentale era non disertare e Mary-Beth lo aveva infranto in pieno. Ma come poteva biasimarla?

Urlò a squarciagola, seppur invano, prima di lasciarsi andare nell'ennesimo pianto disperato. Aveva completamente perso le forze assieme alla luce che contraddistingueva i suoi occhi smeraldini.

Pensava a come la vita sarebbe andata se non fosse salita su quel maledetto treno, se i suoi genitori fossero sopravvissuti. A quest'ora sarebbe stata nella sua villa sulle alture a gustare la zuppa di nocciole che tanto amava, preparata con amore da sua madre, al caldo e al sicuro. Avrebbe letto libri e libri nella biblioteca del padre, soprattutto i romanzi d'amore, quelli struggenti, quelli finiti male, come Anna Karenina di Tolstoj: una storia d'amore travolgente quanto tormentata.

Avrebbe passato interi pomeriggi a cavalcare per le immense verdi praterie, avrebbe ballato sulle note della sua melodia preferita, scritto poesie, ammirato le stelle...

Ma non poteva. Temeva che non avrebbe più rivisto la luce del giorno, che non avrebbe più sentito gli uccelli cantare e non avrebbe più rivisto l'amore della sua vita. Quanto le mancava.

Era quasi l'alba e la speranza di Mary-Beth si stava consumando come un ceppo ardente nel fuoco. Aveva troppe cose da perdere assieme alle parole non dette, ai baci non dati. La sua vita era troppo giovane e bella per poter finire in un modo così becero, così ingiusto. Non se lo meritava, come non lo avrebbe meritato nessuno. Non avrebbe augurato una cosa simile neanche al suo peggior nemico, sempre che lo avesse. I polsi e le caviglie iniziavano a dolere per le spesse corde, gli occhi gonfi dal pianto...

la sua speranza si distrusse in mille pezzi come un vaso di vetro contro il marmo nel momento in cui la porta sia aprì, rivelando Colm.

Pensò che avesse ormai perso, che fosse giunta al capolinea. Ma non notò una figura familiare dietro l'uomo dal volto corrucciato, che puntava una pistola alla testa.

"la festa è finita, Colm" irruppe Arthur, che aveva seguito le tracce, prima di sparare ai tre uomini che erano di guardia per poi mirare a Colm stesso "o la lasci andare o uccido anche te".

Mary-Beth non lo aveva mai visto così rosso di rabbia, così inferocito.

Colm rimase impassibile. Non gli importava nulla di tutto ciò. Tutto quello che aveva in mente era di farla pagare alla povera ragazza, al che, si avvicinò ancora di più con quella lama appuntita a suo collo.

Arthur era così accecato dalla rabbia che istintivamente premette il grilletto e Colm cadde a terra, gemendo dal dolore, il sangue era ovunque. Non aveva pietà di uomini disonesti e ingiusti come lui.

La slegò in fretta e furia per poi aiutarla a montare sul suo cavallo e galoppare via da quell'infausto posto. Era tornata e le loro anime, così come i loro destini si erano ricongiunti, come due note della stessa sinfonia.

"ora sei al sicuro, Mary-Beth" le sussurrò all'orecchio, mentre erano al galoppo.

WICKED GAME - arthur morganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora