il salvataggio

73 7 10
                                    

Era notte fonda e si poteva avvertire una leggera brezza fresca, le cicale ed il loro bubbolio facevano da sfondo alla vicenda: Arthur e Mary-Beth stavano cavalcando verso Valentine. Pensarono fosse troppo tardi per tornare all'accampamento, dunque si sarebbero fermati all'hotel per una notte.

La strada era deserta, non c'era ombra di nessuno e, anzi, l'unica traccia umana rimasta erano i segni dei passi sulla strada di fango che separava la piccola città.

I due legarono i cavalli alla staccionata prima di accingersi a camminare verso la struttura i legno, come il resto delle case. Presero la chiave e si diressero al piano di sopra dove era ubicata la camera, molto calda e accogliente.

Si stesero sul letto, erano sfiniti, da tutto. Arthur guardò Mary-Beth, estasiato. Non aveva mai incrociato nella sua intera vita una bellezza così pura e cristallina, proprio come l'acqua che sgorga dai fiumi di montagna. Non sapeva cosa fosse di preciso ma c'era qualcosa di invisibile, un filo dorato che lo legava a lei. La sua innocenza e la sua inesperienza nella vita gli stringevano il cuore, a tal punto che tutto quello che desiderava dalla vita era stare con lei, proteggerla, venerarla come una dea.

E lo stesso era per lei: Arthur incarnava il suo archetipo di uomo ideale. La aveva fatta impazzire, tutto di lui. Dal modo in cui si comportava, così protettivo e premuroso, le sue parole che sapevano essere dolci come il miele solo per lei, fino ad arrivare a quei magnetici occhi azzurri.

"Arthur, scusami per prima...è solo che non sopporto che tu abbia avuto un passato di cui io non abbia fatto parte"

"lo so, Mary-Beth ma io non sono più l'uomo che ero una volta, sono cambiato" esordì Arthur sorridendole teneramente, sfiorandole l'addome "non sono più quel ragazzino avventato che Dutch trovò per la strada, le persone possono cambiare"

"sai cosa? Credo proprio che tutto quello che ho vissuto sia andato in quel modo proprio perché ti avrei dovuto incontrare"

a quelle parole, Arthur non fece a meno di sorridere. Non aveva mai creduto al destino, al fato o in qualsiasi modo si volesse chiamare. Ma, quando si trattava di Mary-Beth, era pronto, addirittura, a crederci. La amava così tanto che avrebbe fatto di tutto pur di stare in sua compagnia.

"lo credo anch'io, piccola" le sorrise di nuovo.

Non passò molto tempo prima che i due cadessero nelle braccia di Morfeo, cullati dai loro respiri che si intrecciavano.

La mattina dopo tornarono subito all'accampamento e tutti li accolsero con un fare preoccupato, spasmodico.

"hanno preso Jack, hanno preso il mio bambino!" gridò in preda alla disperazione Abigail Marston, moglie di John, con le mani tra quei capelli castani, piangendo a dirotto.

"è stato Micah! Ha rubato il Moonshine dei Braithwates!" esclamò Dutch "quel ratto di fogna ci ha traditi!"

"per favore, riportatemi il mio bambino, ha solo sei anni!" implorò Abigail.

"lo faremo, cara. Arthur, John, Charles, Javier, ai cavalli!"

Arthur non fece in tempo a scendere da cavallo che fu costretto a galoppare verso la villa dei
Braithwates, insieme a tutti gli altri. Entrarono con un fare sgarbato e violento, capitanati da Dutch. Nessuno lo aveva visto così accecato dall'ira prima d'ora.

"qualunque lamentela o risentimento abbiate nei nostri confronti, non rubate un ragazzino... non è il modo in cui facciamo le cose da noi" disse Dutch con fare serio.

"andate via dalla nostra terra!" fu tutto quello che i Braithwates riuscirono a dire.

"va bene, allora, se vogliamo risorvere le cose in maniera non civile..."

si sentì un boato e uno degli uomini cadde a terra. Avevano appena dichiarato guerra, gli spari si potevano udire ovunque.

Una volta uccisi quanti più uomini possibili, la banda Van der Linde entrò all'interno della villa e presero in ostaggio la signora Braithwate.

"avete rubato i miei liquori, i miei cavalli e ucciso i miei figli!" disse piangendo dalla disperazione.

"ucciderò anche lei se non parla! Dov'è il ragazzino? Me lo dica!" disse con fare serio e minaccioso Dutch.

"i miei uomini lo hanno portato da Angelo Bronte a Saint Denis" piagnucolò la donna.

"avanti, bruciate questo posto!"

e così fecero. La villa dei Braithwate andò completamente a fuoco, lasciando l'anziana signora a piangere i suoi uomini ed i suoi averi, ormai andati perduti. L'odore di legna bruciata si fece strada nelle sue narici.

In quello che rimaneva della fredda notte, Arthur, Dutch e John decisero di partire per Saint Denis e raggiungere la villa dell'italiano.

"voi venite nella mia città in questo stato e mi chiedete compassione? Avete rubato il Moonshine!" abbaiò Angelo.

"senta, noi non abbiamo alcun problema con lei, siamo semplice gente di campagna e innocenti" disse con fare calmo e pacato Dutch.

"siete ottimi a rigirare le parole... comunque, se desiderate riavere il ragazzo, mi dovete un piccolo favore..."

"che cosa, avanti" chiese Arthur annoiato.

"ci sono dei ragazzi che hanno dissacrato delle tombe e hanno lasciato l'oro...voi me lo riportate e non avrete nessun problema"

e così fecero. Jack era tornato finalmente all'accampamento, sano e salvo.

"Arthur!" gli venne incontro Mary-Beth, gettandogli le braccia al collo "stai bene?"

Era genuinamente preoccupata per lui. Era il suo mondo, la sua ragione di vita, il suo tutto. Era impossibile pensare a Mary-Beth senza menzionare Arthur, loro due erano lo ying e lo yang, due corpi con un cuore condiviso. Insieme erano la quintessenza dell'amore , una dolce melodia in un pomeriggio di primavera.

"sì, piccola, ho solo qualche graffio" la tentò di rassicurare Arthur.

Mary-Beth non se lo fece ripetere due volte e lo prese per mano, portandolo nella sua tenda. Con fare delicato gli sbottonò la camicia, che si era leggermente impregnata di sangue, rivelando il suo corpo mascolino e robusto, al che si morse il labbro inferiore, diventato di un colore rosso intenso.

Prese una garza e la impregnò di acqua calda e qualche sale miracoloso che la signora Grimshaw le aveva dato in prestito, dopo di che la passò sulla spalla di Arthur, il quale digrignò i denti dal dolore.

"scusami! Ti ho fatto male?" disse con fare preoccupato guardando intensamente quegli occhi blu cobalto. Erano così belli che si poteva intravedere l'oceano al loro interno.

"no, continua pure" mentì, ma solo per non farla preoccupare più di quello che già era.

Mary-Beth continuò a disinfettare la ferita finché, una volta finito, non si sedette vicino ad Arthur e fece combaciare le sue labbra carnose color ciliegia con quelle dell'uomo in un bacio che via via divenne sempre più passionale.

Lo spinse sul letto e si mise a cavalcioni su di lui prima di baciargli il viso ed il collo dove lasciò un piccolo segno con le labbra. I suoi occhi verdi come i rigogliosi prati erano carichi di desiderio, il suo respiro affannato e rumoroso.

"Arthur..." ansimò.

"Arthur, senti, stavo pensando di-" li interruppe John.

Che tempismo, pensò Mary-Beth.

"oh...io...scusate, io non-" balbettò in preda all'imbarazzo prima di uscire velocemente dalla tenda. La situazione era diventata così esilarante quanto tremendamente imbarazzante.

"temo che ci dovremo fermare qui, non abbiamo abbastanza privacy evidentemente" le disse l'uomo, indicando la tenda, che lasciava intravedere l'esterno.

Mary-Beth si limitò ad annuire, prima di dargli un veloce bacio sulle labbra e tornare nella sua tenda dove avrebbe passato il resto della notte.

WICKED GAME - arthur morganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora