come pioggia

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Era una mattinata più fresca del solito in quel dì di Valentine. Il sole trapelava dalla finestra, facendo risplendere la camera in cui Mary-Beth stava dormendo. Il tepore delle coperte era così accogliente, così familiare, pensò la ragazza, ancora in dormiveglia. Aprì gli occhi con fare delicato, com'era il suo solito fare. Si rilassò alla vista della stanza d'albergo: le pareti, così come il pavimento erano in legno, il copriletto rosso vivido era abbinato alle tende che drappeggiavano sulle finestre elegantemente.

Non appena Mary-Beth aprì gli occhi, non fece a meno di notare il volto segnato dal tempo di Arthur. Il modo in cui la barba leggera incorniciava il suo viso era qualcosa di unico. Era l'uomo più attraente e dallo sguardo magnetico che avesse mai visto.

Si sedette sul letto e si stropicciò gli occhi, come per svegliarsi. Si guardò attorno, dopo di che si alzò in piedi e camminò verso la poltrona dove era seduto Arthur dormiente. Si chiese se quella poltrona fosse comoda come sembrava.

Si avvicinò a lui per dargli un tenero bacio sulla guancia, il che lo svegliò con il sorriso sulle labbra.

"buongiorno, Mary-Beth" disse con fare amorevole, portandole una ciocca dei suoi radiosi capelli rossi dietro l'orecchio.

"buongiorno, Arthur" gli sorrise a sua volta avvolgendolo in un tenero abbraccio. Era tutto così romantico, così puro e, nonostante Mary-Beth fosse ancora titubante riguardo alla sua scelta di stare con lui, non faceva che pensare come sarebbe stato il loro futuro, se mai ne avessero avuto uno insieme. Qualcosa stava crescendo dentro di lei, qualcosa di inspiegabilmente grande, tale da non poter essere controllato. Le sembrava di stare in groppa ad un cavallo selvaggio dove il controllo era totalmente assente... si sentiva spaesata ma quel sentimento di perdizione era così dolce, così invitante ed irresistibile.

"vado a prepararmi, non posso scendere in queste condizioni" disse, guardandosi allo specchio: i capelli erano scompigliati così come erano stropicciati i vestiti. Andò nella zona bagno e chiuse la porta di legno dietro di lei, lasciando Arthur perso tra i suoi pensieri.

Pensò quanto l'ultima settimana fosse stata bizzarra, alla sera al lago e al saloon, i complimenti civettuoli che lui e Mary-Beth si scambiavano di tanto in tanto. Non poteva essere vero, eppure lo era, eccome. A quei pensieri si aggiunse il forte dubbio di poterle piacere, il che lo riempiva immensamente di gioia. Nella sua vita tormentata, non ebbe mai avuto un attimo di pace, tutto era incentrato sulla banda, sulle rapine, sui cavalli e le armi. Arthur non ebbe mai un secondo per pensare a se stesso, ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ma ora, era tutto diverso, gli sembrava di aver aperto il vaso di Pandora con Mary-Beth. Lei era il suo vaso di Pandora che sprizzava gioia e innocenza, proprio come si intravedeva da quegli occhi smeraldini.

"sono pronta" lo avvisò Mary-Beth, uscendo dalla porta: ora i suoi capelli erano in perfetto ordine ed il viso era radioso come sempre.

Arthur non aveva parole per descrivere la miriade di sensazioni che stava provando in quel momento, non sapeva se fosse pura lussuria o amore e questo lo stava facendo impazzire. Volle dire qualcosa ma si trattenne, limitandosi ad annuire prima di avviarsi al pian terreno, seguito dalla giovane donna.

Arrivarono alla sala colazione e subito ordinarono, il cibo arrivò dopo poco tempo.

Arthur non poteva fare a meno di guardare Mary-Beth gustare il suo piatto. Il cuore gli si strinse ancora una volta. Lo aveva stregato.

"vedo che sei una buona forchetta, signorina Mary-Beth" ridacchiò e lei fece lo stesso.

In un attimo, i due uscirono dal locale e si avviarono verso la stalla dove era custodito il cavallo di Arthur, Black Star, insieme a quello di Mary-Beth, il quale venne trovato da Arthur con chissà quale fortuna.

Entrambi spronarono i loro cavalli e giunsero lontani da Valentine per assaporare la natura incontaminata che regnava sovrana intorno a loro. Iniziarono a galoppare tra le rigogliose praterie, finché Mary-Beth non decise che era arrivato il momento di ravvivare la situazione.

"l'ultimo che arriva a Saint Denis dovrà pagare la cena!" ridacchiò Mary-Beth, spronando il suo cavallo.

"pensi di potermi battere?" insinuò Arthur, spronando il suo fidato destriero a sua volta. Mary-Beth sentiva il vento scorrerle tra i capelli, era una sensazione bellissima. Il mondo sembrava muoversi a rallentatore quando era a cavallo. Il cielo si fece sempre più plumbeo finché dalle nuvole non fuoriuscì la pioggia, che man mano era sempre più dirompente.

I due galopparono sempre più velocemente, fino ad arrivare alla metropoli che era Saint Denis, nel Lemoyne. Erano quasi le nove ormai e il sole stava lasciando spazio alla luna crescente. I due arrivarono alla stalla, dove lasciarono i cavalli.

Mary-Beth iniziò a giocare sotto la pioggia, sembrava una bambina. Danzava e saltava di gioia.

"Mary-Beth...che stai facendo?" la guardò stranito Arthur.

"vieni, guarda come è bella la pioggia...mi fa sentire libera" esordì lei. Arthur si avvicinò a lei e notò che stava tremando dal freddo. La abbracciò, il che la fece ancora di più rabbrividire. Mary-Beth alzò lo sguardo, facendo incontrare i loro sguardi. Lo fissò per alcuni secondi, dopo di che lo baciò sulla guancia, il che lo fece arrossire.

Rimasero avvolti nel loro caldo abbraccio nel freddo della sera, tra le luci dei lampioni ed i rumori della strada prima di ritirarsi a dormire all'hotel.

WICKED GAME - arthur morganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora