FAMIGLIA

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VICTORIA

«Quando arriveranno i tuoi genitori?» mi chiese Richard, mentre sistemava piatti, forchette e bicchieri sul tavolo.

Si avvicinò alla mensola e prese una bottiglia di vino francese.

Il nostro vino francese.
Proprio quello che aveva dato inizio a tutto.

«In verità, sono già a Londra, ma preferisco vederli direttamente stasera» girai il mestolo di legno dentro la pentola del sugo e controllai in contemporanea la cottura della pasta nell'altra.

«Non sei obbligata a incontrarli, Victoria» disse, avanzando «Avete già avuto modo di parlare e chiarire, ma se non ti senti pronta a ricucire completamente il rapporto con loro, non devi farlo.»

Chiusi il fuoco del sugo al pomodoro e mi ruotai, adagiando il bacino davanti al piano cottura.

«Più gli anni passano e più mi rendo conto di voler due genitori nella mia vita. Hanno sbagliato e non posso negarlo, ma è anche vero che sono riusciti a rendersene conto. Ho visto mio padre piangere, Richard, piangere» ripetei «Se qualcuno me lo avesse solo detto, non ci avrei mai creduto, ma ero lì quando è successo. Mi trovavo di fronte a lui, intanto che versava delle lacrime per me.»

Ricordavo ancora bene quel giorno.

«Io supporterò ogni tua decisione» prese il mio viso tra le mani, passandomi il pollice sull'arcata superiore delle labbra «Una sola chiamata e io correrò da te, Fiamma

Lo baciai, unendo i nostri respiri.

Mi godetti quella tenue sensazione, il suo profumo capace di mandarmi fuori di testa e il suo tocco delicato lungo il mio corpo.

Tutto quello che provavo con lui non cambiava mai.

Stesse emozioni.
Stessi brividi.
Stessi sentimenti.

Richard mi trascinò verso la sedia. Mi posizionò a cavalcioni su di lui e continuò a baciarmi, fino a raggiungere la scollatura della mia canottiera.

Strinsi le ginocchia e sollevai il capo verso il soffitto, permettendogli di aumentare il tocco attraverso le labbra morbide e madide.

Stavo morendo, per davvero.

«È suonato il timer della pasta» lo fermai, prima che potesse baciarmi ancora. Aveva le guance arrossate, i capelli scompigliati e il petto che fremeva. «Sarebbe un peccato buttarla.»

«Possiamo rifarla» mormorò, mantenendomi ferma sopra di lui.

Scossi il capo.

Mi guardò triste.

«Ma è uno spreco» esortai, premendo con pressione il palmo sopra la sua bocca. Smise di baciarmi e anche di parlare. «Sarà un po' scotta, ma dovrai mangiarla tutta. In questa casa non si butta niente.»

Non riuscivo a essere seria.

Mi attorniò il polso e mi scostò con accortezza.

«Come desidera lei, signorina Victoria Jane Morgan Cooper.»

«Un po' lungo come nome» dissi, abbastanza consapevole di quanto fosse immenso «Se devo essere sincera, preferisco quando mi chiami in un altro modo.»

Sorrise, sollevando con l'indice il ciondolo della mia collana. «Anche io, Fiamma

QUALCHE ORA DOPO.
«Ciao mamma, ciao papà» salutai i miei genitori con un cenno della mano, rimanendo ancora alzata e attendendo un loro invito a sedermi.

Entrambi si alzarono, mantenendo comunque le dovute distanze che avevamo stabilito.

Niente abbracci benevoli e baci, dovevamo iniziare il nostro legame con formalità e senza alcuna fretta.

«Prego, tesoro, siediti» parlò mia madre, indicandomi una sedia accanto a lei.

Presi posto, posai la borsa dietro di me e rilassai i gomiti sopra il tavolo.

«Allora, come stai?»

«Tutto bene, dai» provai a schiarirmi la gola secca, senza che potessero accorgersene «Qualche settimana fa, ho finito il tour per i firmacopie e con Richard siamo tornati subito a Londra. Ci sono stati tanti nuovi clienti in azienda, ma per fortuna c'erano Terence, Eloise e tutti gli altri a occuparsene.»

«Abbiamo seguito il tuo tour a distanza» mi sorrise «Ti seguiamo sui social e siamo riusciti a scovare qualche foto dei tuoi tanti firmacopie. Ah, proprio qualche giorno fa abbiamo finito di leggere pure il tuo ultimo libro. Sei stata bravissima anche questa volta.»

«Abbiamo?» guardai mio padre, sorpresa. Sapevo che mia madre li avesse letti, ma di lui non ne ero proprio a conoscenza. «Anche tu?» quella domanda mi venne spontanea.

Annuì. «Li ho letti tutti.»

«Be', io...» non sapevo davvero cosa dire.
Dovevo ammettere che quella notizia mi aveva resa contenta, ero lieta che i miei genitori stessero seguendo, seppur indirettamente, il mio percorso da scrittrice. «Non pensavo che...» mi frenai, prendendo un respiro e trovando le parole più adatte «Grazie per averlo fatto.»

Un semplice grazie valeva più di numerose parole.

«Come procede la convivenza con Richard?» chiese mia madre.

Ogni volta che ci vedevamo, era solita chiedere - anche con immensi giri di parole per non essere troppo invadente sulla questione - del matrimonio mio e di Richard.

Cercava di investigare per accertarsi che tra di noi andasse tutto per il meglio.

«Benissimo» parlare di me e lui, davanti a loro, mi metteva ancora disagio.

«Non ci raggiunge dopo?» chiese quella volta mio padre.

«C'è molto lavoro in azienda, purtroppo, non credo che riuscirà a venire» espressi «Piuttosto, come stanno andando i progetti alla Universe Corporation?»

«Inaspettatamente bene» ammise «Quando anche Terence e Richard sono andati via dall'azienda, pensavamo di essere quasi sull'orlo del fallimento. Invece, i nuovi soci si sono rivelati dei lavoratori molto competenti e professionali.»

«Siamo stati fortunati» proseguì mia madre, concordando con lui.

«Menomale, anche perché non avrei mai voluto che la Universe Corporation chiudesse.»

«Lo sappiamo, tesoro» mia madre superò una prima nostra barriera, adagiando con delicatezza una mano sopra la mia «A prescindere da ogni cosa, la Universe Corporation resterà sempre casa tua. Anche se dentro quell'azienda ci sono stati tanti momenti tristi che hai dovuto affrontare e combattere ogni giorno, so che...»

«Sai che ci sono stati pure ricordi e istanti felici» precedetti la sua frase, concludendola con un sottile sorriso quasi impercettibile.

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