1 • Andrà tutto bene

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Il sole di Napoli, quella mattina, splendeva chiaramente dalla finestra della sua cameretta, dove Anna aveva beatamente e dolcemente dormito.

Era giunta nella sua città natale il pomeriggio prima, ed i suoi genitori erano andati a recuperarla in aeroporto con un sorriso gigante ed una gioia incontrollata nel cuore. Erano sempre entusiasti di riavere la loro figlioletta a casa, ed ogni volta che andava a trovarli, il tempo sembrava volare più rapido di sempre. Anna non aveva parlato loro, o almeno, non ancora. Aveva preferito passare la giornata a chiacchierare di futili cose, e a mangiare le leccornie che sua madre si attingeva sempre a prepararle ogniqualvolta tornava a casa. In serata, si erano poi rilassati sul divano del salotto, guardando una commedia che conoscevano tutti a memoria; Anna ci era cresciuta e si divertiva sempre a rivederla con i suoi genitori. Era una delle cose che facevano più spesso, li rimandava con la mente ai ricordi belli di tanti anni prima, ed Anna dimenticava tutti i suoi problemi, ridendo spensierata e serena. Prima di andare a dormire aveva chiamato Tom, rassicurandolo e raccontandogli della giornata appena trascorsa, così come aveva fatto anch'egli, dicendole che Harrison sarebbe rimasto a dormire da lui insieme ad Harry, e infine, aveva messaggiato un po' con Harrison, Viky ed Angelica, preoccupati costantemente per la sua salute e quella del bambino; in più riceveva molti consigli da Viky, poiché aveva affrontato una gravidanza solo un anno prima.

Quella mattina il calore era asfissiante, ed Anna pensò che se si fosse alzata dal letto, sarebbe di sicuro crollata a terra a causa di tutto quel caldo insopportabile: le sembrava di essere appena scesa all'inferno, nel più basso girone dantesco.

"Tesoro sei sveglia? Sono le undici e mezza!", esordì Rosanna entrando in camera sua con in mano l'aspirapolvere.

Era sempre pronta a pulire, neanche il caldo fermava quella donna: era di ferro puro.

"Si mamma", le rispose stropicciandosi gli occhi, "ma questo caldo è insopportabile, non si respira."
"Va pure in salotto, c'è l'aria condizionata accesa. Sistemo camera tua e arrivo anch'io a farti compagnia. La colazione è pronta già, è su un vassoio, in cucina", asserì con un occhiolino.

Al solo sentire dell'aria condizionata accesa, Anna piombò in piedi in quattro e quattr'otto, e si diresse dapprima in cucina per prendere il vassoio con su la colazione, per poi dirigersi verso il salotto, divorando quei croissant così squisiti mentre li immergeva golosamente nel suo latte e cioccolato.

Dopo diversi minuti, Rosanna tornò in salotto, riponendo l'aspirapolvere e sistemandosi accanto a sua figlia, che nel frattempo divorava con una fame da lupi la sua abbondante colazione.

"Papà? E' uscito?", le domandò Anna, intanto che si ripuliva la bocca con un tovagliolo.
"Si tesoro, come sempre, tornerà verso l'ora di pranzo, ma noi saremo già dal ginecologo", dichiarò sua madre accennando un sorriso.
"Ah, hai prenotato presto la visita dal ginecologo. Pensavo dovessimo andarci nel tardo pomeriggio", affermò, deglutendo e perdendo tutto l'appetito che aveva provato sino ad un minuto prima.
"Sai quanta gente ci sarà verso il tardo pomeriggio? Ho prenotato in un orario fastidioso cosicché non dovremo stare troppo tempo ad attendere; sono poco paziente, lo sai bene", replicò, accavallando le gambe e stendendo le braccia incrociate su di esse.

Anna annuì e serrò le labbra abbassando lo sguardo sui suoi piedi.

Era arrivato il momento di confessare la verità, ma aveva una paura fottuta di quello che poteva dirle sua madre, o su come avrebbe potuto reagire: eppure era sua madre, davvero poteva andarle contro? Quando lo pensava non ci credeva nemmeno lei, perché era impossibile che Rosanna le dicesse qualcosa di offensivo o negativo. Era sua figlia, nonostante tutto, e l'amava con tutta sé stessa.

"Posso chiederti una cosa?", le chiese sua madre, chinando, leggermente, di lato la testa.
"Certo, dimmi pure."

Il panico totale la stava assalendo in malo modo, ma Anna cercava di non darlo a vedere.

"Come mai mi hai fatto prenotare di corsa una visita dal ginecologo? Non me l'hai spiegato la settimana scorsa."

Ecco, appunto.

Oramai la verità doveva essere svelata.

"Eravamo distanti, e non mi andava di parlare dell'argomento in maniera striminzita da solo dietro un cellulare", confessò, depositando il vassoio con su la tazza ormai vuota, sul tavolino di cristallo color bronzo difronte a sé.
"D'accordo, ora sei qui, spiegami pure", le rispose Rosanna, impaziente di conoscere ogni cosa.

Anna si sistemò meglio sul divano, incrociando le gambe, e rivolse a sua madre uno sguardo lievemente triste e amareggiato.

Rosanna si preoccupò, e mise su un'espressione terrorizzata.

"Io non so come dirlo, non è facile", cominciò Anna, intanto che si torturava le mani, nervosa.
"Tu fallo e basta! Mi stai facendo preoccupare! Dimmi che non è qualcosa di grave", si affrettò a risponderle sua madre, portando una mano sul cuore, che, vista la situazione, si stava agitando più del dovuto.
"Non è grave, o almeno, dipende dalle situazioni", fece, grattandosi lievemente una spalla.
"In che senso?", replicò Rosanna, piuttosto confusa e attonita.
"Intendo dire che può essere una bella notizia o brutta a seconda delle circostanze", affermò, mordicchiandosi concitatamente il labbro inferiore.

Quanto le ci voleva per confessare a sua madre che aspettava un bambino?

A volte si dannava da sola, perché era istintiva, si, ma solo nelle situazioni più comode; in quelle scomode, il più delle volte, si faceva assalire dal panico più totale, e finiva per ammettere le cose attraverso metafore o attraverso l'uso di un miliardo di inutili parole.

Rosanna, dopo attimi di sgomento, annuì silenziosamente, lasciandosi scappare un sorriso.

Anna la scrutò interrogativa arcuando un sopracciglio.

"Perché stai annuendo e sorridendo?", le domandò, incrociando le braccia al petto.
"Non so cosa stavi aspettando a dirmelo, davvero, ma mi hai fatto preoccupare inutilmente! Pensavo avessi qualche problema, uno di quelli seri, e invece...", si fermò un istante, portando una mano alla bocca, ancora sorpresa e scossa dalla verità che aveva capito completamente da sola, e poi un altro sorriso andò a contornarle le labbra, "invece sei solamente incinta!", esclamò, con gli occhi lucidi e battendo le mani così forte per l'esaltazione.

Solamente incinta?

Che cavolo voleva dire che fosse solamente incinta?! Quello era un grande e grosso problema, perché quello non era affatto il momento giusto! No, non lo era per niente. C'erano ancora troppi progetti in ballo, e c'erano programmi diversi nella loro vita di coppia e non, e un bambino poteva sul serio rovinare tutto.

Avrebbe sempre potuto rinunciarci, certo, e ci aveva anche pensato, più di una volta, ma lei non era così: non lo avrebbe mai buttato via dando vinta al suo egoismo. Non era pienamente contenta, ma una piccola e minuscola parte di lei lo era eccome.

"E' un bel problema mamma!", ribatté Anna, scuotendo animatamente la testa.
"Problema? E perché mai?! E' un bambino, una benedizione di Dio! Sei adulta abbastanza per assumerti le tue responsabilità e portare in grembo tuo figlio!", le disse con fare autoritario, puntandole contro un dito.

Non era arrabbiata, più che altro cercava di farla ragionare: non c'è cosa più bella nel mettere al mondo una nuova vita, soprattutto se la coppia può donare moltissimo amore al nascituro. Anna e Tom si amavano visceralmente, e il bambino sarebbe cresciuto in un clima sereno e pieno di amore. Inoltre, non avevano problemi di carattere economico, e questo aspetto favoriva maggiormente l'arrivo di un bambino.

"Questo lo so! Solo che non era il momento adatto!", replicò Anna chiudendo gli occhi e massaggiandosi la fronte, esasperata e afflitta da quella situazione che l'aveva investita improvvisamente.
"Ascoltami", le fece Rosanna, "calmati, non hai bisogno di stressarti. Non fa bene né a te e nemmeno al bambino", continuò prendendole entrambe le mani e stringendole affettuosamente tra le sue, come per tranquillizzarla, "so che non te lo aspettavi, perché non era programmato e non era il momento migliore, ma è successo, ed io non ti giudico. Anzi, benedico senza sé e senza ma questo bambino che un giorno mi chiamerà nonna, ed io non vedo già l'ora", sorrise entusiasta, ed Anna roteò gli occhi a quell'affermazione, ma anche le sue labbra si curvarono in un tenero sorriso. "Aver appreso questa notizia ti avrà destabilizzato e avrai pensato a scenari terribili, ma sappi che non sei da sola. Hai qui me, la tua famiglia, e di sicuro tutti i tuoi amici saranno vicini a te e non ti lasceranno per un solo istante. E infine, il tuo fidanzato, il tuo Tom, amerà entrambi profondamente, e ti amerà più di quanto ti ami già adesso. Sono sicura che andrà tutto bene, e fidati, saprai prenderti cura di tuo figlio, inondandolo di amore e gioia. Io so chi sei, sei mia figlia, e ti conosco meglio di te stessa, ricordalo. E poi, per qualsiasi problema tu potrai sempre contare sulla tua mamma!", terminò, lasciando le sue mani per poi accogliere Anna in un abbraccio ricolmo di amore materno.

Le parole di Rosanna le avevano fatto bene, e avevano rasserenato un po' la sua anima tormentata. Si era lasciata travolgere dall'abbraccio di sua madre, e tutto quell'affetto le faceva pensare che si, davvero sarebbe potuto andare tutto bene.

"Grazie mamma, davvero, mi servivano queste parole. Avevo bisogno di te", ammise senza vergogna: infondo era la pura verità.
"Quando vuoi tesoro, lo sai", replicò Rosanna sciogliendo lentamente la stretta che le teneva legate, "diventerò nonna, non ci credo!", riprese gioiosa, "devo assolutamente chiamare Tom per congratularmi con lui!", affermò.

Anna spalancò contemporaneamente gli occhi e la bocca, afferrando sua madre per un braccio.

"No!", le urlò.
"Cosa? Come no?", ribatté Rosanna, improvvisamente turbata.
"Mamma, ti prego, non chiamarlo", le disse, inghiottendo un boccone veramente amaro.
"Perché mai Anna?!", le ripeté ancora sua madre.
"Non farlo e basta", le ribadì, abbassando lo sguardo verso il parquet del suo salotto.
"Avete per caso litigato?", le domandò con uno sguardo ferito.
"No, mamma, non abbiamo litigato. Ma litigheremmo di sicuro se lui lo venisse a sapere; perché no, non lo sa! Lui non è a conoscenza di tutta questa storia."

Rosanna dapprima la scrutò sorpresa, e in seguito piuttosto delusa.

"No, questa cosa non mi piace per niente!", esclamò, "Anna devi dirglielo, questo bambino l'avete fatto entrambi!", replicò scuotendo la testa. "Io non capirò mai voi giovani: prima scopate come se non ci fosse un domani, e poi non vi assumete le vostre responsabilità se succede qualcosa, come quella di rimanere incinta", ammise, prendendo la testa tra le mani.
"Mamma! Io mi assumo le mie responsabilità, e lo so, prima o poi glielo dirò, ma andiamo dal ginecologo prima, poi quando saprò che il bambino sta bene ed è tutto apposto, allora giuro che gli parlerò", dichiarò Anna, con un leggero sbuffo di preoccupazione.
"Se Tom non sa il vero motivo per cui sei qui, cosa gli hai detto? Che scusa hai inventato?", le chiese Rosanna, piuttosto incuriosita.
"No, Tom sa che devo vedere il ginecologo per una normale visita, e che preferisco il ginecologo di famiglia, rispetto ad uno sconosciuto inglese, con tutto il rispetto, ovviamente", rispose Anna alzando le mani, come in segno di resa.
"Bene, almeno una cosa la sa", ribatté sua madre con un'amara e sprezzante frecciatina.
"Saprà tutto quando lo dirò io; saprò gestire la situazione, vedrai", affermò incrociando le braccia.

Rosanna annuì e strinse le labbra, impensierita, tirandosi su dal comodo sofà.

"Chi altro sa del bambino a parte me?", le domandò, guardandola attentamente.
"Angelica e Viky lo sanno, ed anche Harrison."
"Non hai paura che Harrison possa dire tutto a Tom? E' il suo migliore amico dopotutto", le fece notare sua madre.
"Dimentichi che Harrison è anche il mio migliore amico, e che tiene a me e a Tom più di qualsiasi altra cosa, e che mai e poi mai s'intrometterebbe in faccende che non lo riguardano in prima persona. Mi fido di lui", le rispose, sicura come la morte delle sue parole.
"Perfetto; allora preparati, quando hai finito ci mettiamo in macchina e andremo dal ginecologo Coretti, pregando che tutto vada davvero bene."

Rosanna afferrò il vassoio ormai vuoto e sparì in cucina, mentre Anna si dirigeva a passi svelti sotto la doccia puramente gelida, così da eliminare tutte quelle ansie e preoccupazioni che tormentavano quel cuore momentaneamente sofferente.

Cercò di pensare ad altro, così da tenere la sua mente occupata, e si ritrovò immediatamente a riflettere su quanto, nonostante tutto, fosse fortunata. Ogni volta, quando tornava a Napoli e si risvegliava nel suo bel letto, credeva di essersi immaginata tutto: la sua vita a Londra, i suoi amici, le belle vicende passate e il suo meraviglioso fidanzato, tutto puramente un fantastico sogno. E invece, no, non era affatto un semplice sogno, quella era la realtà, che a volte faticava ancora a comprendere. Era quasi un anno che oramai viveva a Kingston, eppure, qualche volta, ancora non si capacitava della cosa, ancora le sembrava di vivere in una favola scritta e inventata da lei, come in uno dei suoi libri. Però Tom e il suo amore erano più reali di quanto ella stessa poteva immaginare, ed era grata alla vita per averglielo fatto incontrare in quella sauna a Bali, ben sei anni fa. Le aveva cambiato la sua visione delle cose, ma soprattutto, lo amava più di ogni altra cosa al mondo. Tom era il suo primo pensiero, da quando apriva gli occhi al mattino a quando li chiudeva la sera, ma anche nei suoi sogni era ben più che presente. Tom era la sua essenza, e lo sarebbe stato per sempre.

"Anna?! Sei ancora lì sotto? Guarda che faremo tardi dal ginecologo Coretti, ed io non voglio assolutamente che questo possa accadere, chiaro? Non ho alcuna intenzione di mettermi ad aspettare."

Rosanna la riscosse bruscamente dai suoi pensieri, e la maledì per questo: stava finalmente pensando a qualcosa di meraviglioso, e non stava sentendo alcuna ansia, cosa che non accadeva da diverse settimane, ma purtroppo, la realtà trova sempre il modo di sbatterti la porta in faccia, e così aveva fatto con lei.

Anna, dopo un sonoro sbuffo, uscì dalla doccia avvolgendosi intorno un asciugamano, e si diresse in camera sua per asciugarsi e vestirsi rapidamente, poiché udiva i lamenti di sua madre su quanto fosse sempre in ritardo, mentre lei ogni volta era impeccabile e in perfetto orario.

"Smettila di lamentarti, ho finito", esordì con tono rabbioso.
"Bene, mettiamoci in macchina e andiamo, veloce!", esclamò Rosanna, afferrando la sua borsa e correndo come una matta verso l'utilitaria, seguita da Anna che sbuffava intanto che la sua ansia prendeva completamente il sopravvento.

Più si avvicinavano alla zona in cui si trovava lo studio del dottor Coretti, e più Anna temeva il peggio.

Ricevette anche un breve messaggio da Tom dove le dava il buongiorno e in cui le disse che al più presto avrebbe voluto novità sulla visita che stava per fare, e questo non fece che aumentare le sue cavolo di preoccupazioni, soprattutto perché gli stava nascondendo un segreto, e non era un segreto qualsiasi, cazzo, gli stava nascondendo di aspettare suo figlio!

"Mamma" chiamò allarmata.
"Cosa c'è?", le rispose Rosanna intenta a tenere gli occhi sulla strada, evitando di fare brutti incidenti.
"C'è che sto per vomitare, ho una nausea da paura", dichiarò Anna, portando una mano sullo stomaco, che le faceva un male tremendo.

Rosanna cambiò radicalmente espressione: da stufa e annoiata, a preoccupata e spaventata.

"Oh nonono, calmati, inspira ed espira, inspira ed espira, tranquilla, andrà tutto bene, siamo arrivate, devo solo parcheggiare", si affrettò a risponderle sua madre, ormai in uno stato angustiato.

Quando Anna si rimise in piedi, provò a darsi un tono e la nausea sembrò passare, anche se ogni tanto era lì, a ricordarle che era stupidamente incinta. Ma era anche il suo totale nervosismo che si divertiva a farle venire il voltastomaco e a farle vivere quel senso di angoscia.

"Ti senti meglio, tesoro? Possiamo entrare?", le chiese Rosanna, carezzandole delicatamente le mani.

Erano in piedi, dinanzi all'auto, che era parcheggiata proprio difronte allo studio del ginecologo Coretti.

"Si mamma, sto bene adesso. Forse è meglio se ci sbrighiamo, ho voglia di tornare a casa", ribatté Anna, stringendo forte le mani di sua madre.
"Andiamo, ti starò accanto per tutto il tempo. Sta tranquilla, che la visita andrà benissimo, io lo so", affermò Rosanna, sorridendole per un ulteriore conforto.

Anna ci credeva, credeva fermamente nelle parole di sua madre, e voleva solo stare serena, nient'altro.

Entrarono all'interno dello studio: percorsero un lungo corridoio beige con pareti bianche, giungendo nella sala d'attesa ove non c'era nessuno.

Sulle pareti bianche c'erano quadri raffiguranti donne incinte, dei feti all'interno di un grembo, alcuni consigli per le neo-mamme, e altre cose del genere.

Anna si fermò a guardarli, portando inconsciamente una mano sulla sua pancia, e si ritrovò a pensare che incredibilmente un piccolo esserino si stava formando nella sua pancia, un piccolo esserino che era parte della sua essenza e di quella di Tom: un piccolo esserino nato dal loro amore profondo e viscerale.

Una cosa comprese in quel momento: non avrebbe mai lasciato suo figlio da solo, voleva prendersi le sue responsabilità e crescerlo con tutto l'amore e la premura di cui necessitava.

"Anna, tesoro, dobbiamo entrare", esordì Rosanna, facendola di poco sussultare e distogliendola dai suoi infiniti e dolci pensieri.
"Si", rispose.

Con cautela entrarono all'interno dello studio, dando un ultimo sguardo alla segretaria che gentilmente le aveva fatte accomodare, per poi puntare gli occhi diritti sulla figura del ginecologo Coretti, ch'era in piedi difronte la sua scrivania.

"Buon pomeriggio dottor Coretti, come sta?", gli domandò Rosanna con un lieve sorriso, che garbatamente il dottore ricambiò.
"Sto bene Rosanna, è da tempo che non vedevo né lei e né sua figlia; l'ultima visita risale almeno a tre anni fa", replicò Coretti facendole sedere dinanzi a lui, mentre quest'ultimo prendeva posto sulla sua poltrona girevole di pelle nera.
"Si, si lo so. E mi farei volentieri un controllo anche all'istante, però posso aspettare; oggi è mia figlia Anna che ha bisogno di un controllo, o meglio, un'ecografia", dichiarò, voltandosi verso Anna che non osava aprire bocca.

Il dottor Coretti si concentrò subito su di lei, e Anna, imbarazzata, incurvò le labbra in un debole sorriso. Non gli rivolse lo sguardo direttamente, ma avvertì gli occhi scuri del ginecologo puntati su di lei, e sapeva di dover dire qualcosa: non poteva di certo restare in silenzio per sempre.

"Sospetta di essere incinta, Anna?", le chiese il dottor Coretti prima che potesse iniziare a parlare.

Ella annuì in sua direzione, e poi alzò il capo, guardandolo finalmente in faccia, negli occhi.

"Si, in realtà credo fortemente di esserlo", gli rispose, "il ciclo ormai non arriva da più di un mese quasi, ho fatto due test, entrambi positivi, e ho i sintomi di una gravidanza, quali nausee, cambi d'umore, alterazioni dell'appetito, e in più, lo sento; sento di essere incinta", ribatté con sicurezza, andando nuovamente a carezzarsi la pancia.

Si era legata già a quel bambino: dal primo momento in cui aveva scoperto di aspettare un figlio dal suo adorato Tom. Era già legata a quel piccolo esserino, ma lo aveva capito soltanto un istante prima.

Il ginecologo annuì e incrociò le mani, giocherellando con i pollici.

"Bene, da quanto mi dice è incinta a tutti gli effetti, e vorrebbe, dunque, un'ulteriore conferma, giusto?", le domandò.
"Si, volevo sapere se sta bene, e se è tutto in regola, tutto sotto controllo", dichiarò, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Volse lo sguardo a Rosanna, e quest'ultima le sorrise, confortandola maggiormente; avere sua madre lì, al suo fianco, era una vera e propria benedizione.

Il dottor Coretti si alzò in piedi e si avvicinò ad un lettino grigio, accanto ad un monitor.

"Venga Anna, si scopra la pancia e si stenda", le disse il ginecologo, che con una mano indicava il lettino di fianco a lui.

Anna si alzò e sospirò sommessamente: ora stava cominciando a tremare sul serio.

"Tranquilla", le sussurrò sua madre all'orecchio.

Si era alzata cosicché potesse essere accanto a sua figlia nel momento più emozionante dell'ecografia: sentire per la prima volta il battito del piccolino.

Anna si tirò un po' giù i pantaloncini e alzò la maglia sino al seno. Si stese con cautela sul lettino ed espirò lentamente, provando a calmare l'ansia che oramai aveva preso il totale controllo.

"Si tranquillizzi, non le farò nulla", affermò Coretti, "le passerò un gel sulla pancia, cosicché la sonda possa scorrere senza problemi", la informò.

Anna annuì e mise su un lieve sorriso.

Appena il ginecologo cosparse di gel il suo ventre, udì un brivido percorrerle dalla testa ai piedi.

Coretti, con un dito, alzò gli occhiali da vista che pian piano stavano cascando verso il basso e, infine, afferrò la sonda, iniziando a farla scorrere sulla pancia di Anna, che nel frattempo, aveva afferrato la mano di sua madre per cercare conforto.

Avrebbe voluto lì Tom, con lei, in quel momento importante, ma purtroppo, l'attore non era a conoscenza della situazione, e non poteva neanche lontanamente immaginare che stava facendo un'ecografia perché, con il novantanove percento delle probabilità, portava in grembo un bambino; il loro bambino.

D'improvviso un forte rumore attirò la sua attenzione: era come se qualcuno stesse bussando insistentemente su una lastra di legno.

"Anna, il cuoricino! Lo senti? Il cuoricino!", esclamò Rosanna, con le lacrime agli occhi.

La ragazza si girò verso sua madre, e una valanga improvvisa di lacrime iniziò a scorrere sulle sue guance. Si voltò verso lo schermo e un sorriso tremolante le comparve sul viso.

In quell'istante prese coscienza di una cosa molto importante: doveva parlare con Tom, doveva affrettarsi a parlare con il suo fidanzato di quel bambino, di loro figlio.

Anna pose la sua attenzione sul ginecologo, che assottigliò gli occhi e si avvicinò piano allo schermo, come se qualcosa non stesse andando per il verso giusto.

"Dottore, qualcosa non va?", esordì Rosanna, mantenendo però la calma.

Cosa che invece Anna non fece: la paura che il bambino potesse stare male prese il sopravvento in meno di un secondo.

E cosa poteva fare in quei casi? Darsela a gambe? Non di certo!

"Dottore, è qualcosa di grave? Il bambino non sta bene?!", gli domandò Anna, col battito del suo cuore ormai accelerato.

Ma il ginecologo non osava dire una parola.

"Coretti! Si sbrighi a dire qualcosa! Ci stiamo preoccupando!", esclamò Rosanna, tenendo ancora la mano di sua figlia stretta nella sua.

Il ginecologo si voltò nella loro direzione, e in seguito sorrise, allegramente.

"Tranquille...", disse, "c'è solo qualcosa che non avevamo previsto", affermò, sorridendo ancora una volta.
"Il battito del bambino è regolare?", chiese Rosanna, battendo ripetutamente gli occhi.

L'ansia si stava propagando anche dentro di lei, in maniera irrefrenabile.

Era comunque suo nipote, il suo primo nipote: se fosse successo qualcosa, non poteva che soffrirne, provando ad essere però più forte, per sua figlia, è ovvio.

Ma tutta l'ansia sparì di punto in bianco in una nuvola di fumo.

"I battiti, vorrebbe dire", asserì il dottore.

Allorché Anna, con la bocca spalancata, fissò interdetta il ginecologo difronte a lei.

I battiti?! Questo voleva dire che-

"Sono due?!", urlò Rosanna, con gli occhi che cominciarono a pizzicare di nuovo.
"Esattamente. Due gemelli monozigoti per la precisione", dichiarò Coretti, visionando lo schermo con attenzione.
"Questo è assurdo! È fantastico!", farfugliò Rosanna, incapace di realizzare quanto sua figlia la notizia appena ricevuta, "quando potremo scoprire il sesso?", gli domandò ancora.
"È ancora troppo presto! Probabilmente tra qualche mese", rispose il dottore.

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