2 • Rimandare

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Il cielo era grigio, ma a Londra, raramente il cielo aveva sfumature chiare; Anna aveva appena concluso la chiamata con sua madre, avvertendola di essere arrivata e che il viaggio era andato benissimo.



La settimana a Napoli era volata per davvero: aveva trascorso momenti felici con i suoi genitori e con sua cugina Livia. Anna era ora contenta di rivedere il suo Tom, riabbracciarlo e stringerlo forte, ma più si avvicinava a lui, e più aveva paura di rivelargli la verità. A casa sua si era convinta di dirglielo, e si era anche costruita un piano su come confessarglielo, ma una volta arrivata a Kingston se la stava letteralmente facendo nei pantaloni. Invece, a Napoli, si era addirittura celebrata una piccola festicciola per i due gemelli che presto avrebbero reso Rosanna e Antonio nonni per la prima volta. Anche Livia era stata invitata, perché era l'unica, oltre loro, che ne era a conoscenza. Inoltre, i suoi genitori e sua cugina, avevano promesso di non dire nulla, poiché Anna voleva annunciarlo a tutti lei stessa, proprio quando ella stessa lo avrebbe deciso; i parenti non si opposero di certo, anzi, le diedero ragione. Anche perché Tom non lo sapeva, e di conseguenza, neanche Antonio sapeva della stressante situazione. Dunque, tutto sarebbe avvenuto al momento giusto.

Anna aveva intenzione di prendere un taxi per raggiungere casa sua, a Kingston, ma una chiamata di Harrison cambiò del tutto i suoi programmi, poiché il ragazzo si era subito precipitato a prenderla; essendo incinta, adesso, vi era più attenzione nei suoi confronti, soprattutto da parte di Harrison, che nel mentre era a Napoli, aveva avuto l'accortezza e la costanza di chiamarla quasi ad ogni ora del giorno, per chiederle se la visita era andata bene, se stesse bene o se avesse avuto bisogno di qualcosa, e ponendole domande generali sulla gravidanza. Però Anna non gli aveva minimamente detto che in realtà non aspettava solo un bambino, ma bensì due. Voleva dirglielo di persona, e non vedeva l'ora di farlo.

Harrison arrivò con cinque minuti di ritardo, e fu graziato da chissà quale santo, poiché il traffico londinese era davvero infinito.

"Avanti, salta su!", esclamò l'amico, aprendole la portiera dall'interno, senza così scendere dall'utilitaria.



Anna gli sorrise e scosse la testa.

"I bagagli! Vuoi almeno sistemare i bagagli?", replicò, facendolo immediatamente sostare.

Si accostò accanto al marciapiede con le quattro frecce accese, e sistemò le valigie all'interno del bagagliaio della sua BMW decappottabile, e infine, fece accomodare Anna sul sedile anteriore, di fianco al guidatore.

"Come va?", le chiese, dopo essersi rimesso in macchina, sfrecciando verso Kingston.

Ci sarebbe voluta un'ora bella e buona per arrivare a destinazione, quindi Anna si mise comoda e si rilassò sullo schienale del sedile, sapendo di essere ormai in buone mani.

"Sto bene, un po' stanca, perennemente stanca aggiungerei, ma sto bene. E tu? Com'è andata questa settimana senza la mia fondamentale presenza?", gli domandò con un sorriso malizioso.

Harrison rise.

"Stupida! È andata bene, ma ammetto che mi sei mancata moltissimo! Però dimmi, state bene? Realmente bene? È tutto okay? I tuoi l'hanno presa bene? Dimmi tutto!"

Il ragazzo la esortò praticamente a parlare di ogni cosa, e lei lo avrebbe fatto, senza ulteriori paure.

"Anche tu mi sei mancato! Beh, tutto alla grande! I miei l'hanno presa molto bene, sono felici. E i bambini stanno bene", fece, scandendo la parola "bambini".

Provò a nascondere un sorriso, ma faceva davvero difficoltà, soprattutto quando l'amico sgranò gli occhi per le parole appena udite.

"Scusami, potrei non aver sentito bene.. hai detto bambini?", chiese, ed era piuttosto allucinato dalla cosa.
"Si, Haz, ho detto bambini, non ti sei sbagliato", rispose Anna, non potendo più nascondere il sorriso che incurvò le sue labbra.

"In che senso bambini, Anna?", ribadì.

"Nel senso che diventerai zio di due gemelli!", rivelò, entusiasta.



E fu ancora più entusiasta quando Harrison, completamente sbalordito, spalancò la bocca, e gli occhi quasi gli uscirono dalle orbite. Stava per prendersi un infarto, letteralmente.

"Anna! Gemelli?! Com'è possibile? Oddio, devi assolutamente dirlo a Tom!", ammise lievemente eccitato, intanto che il sorriso di Anna scomparve in quattro e quattr'otto.

Harrison se ne accorse immediatamente.

"Ehi! Perché quella faccia? È per quello che ho appena detto?", le domandò, notando l'espressione del suo viso radicalmente cambiata.

"Nulla, tranquillo! È solo che... insomma, non so ancora come dirlo a Tom, o meglio, so come dirlo ma ho una paura fottuta, questa è la verità", sbuffò, abbandonando la testa contro il sedile.

Perché si complicava le cose?! Perché era una stupida, ecco perché!

Aveva sempre quest'inutile paura che Tom potesse arrabbiarsi con lei e cacciarla di casa, ma non l'avrebbe mai e poi mai fatto! Non ce n'era motivo; non lo aveva mica tradito!

"Ma io penso solo che tu stia esagerando Anna, perché Tom potrà rimanerne sorpreso, scioccato, ma accoglierà il bambino, cioè, i bambini, a braccia aperte, credimi."

Beh, Harrison aveva ragione! Cavolo, conosceva Tom da anni! Non era un mostro, e di questo lei ne era certa, perché un mostro vero, con tanto di faccia da diavolo, lo aveva conosciuto eccome. Anna aveva solo bisogno di credere di più nell'amore che li univa, e che da sempre li aveva contraddistinti.

"Non hai torto; so com'è Tom, ma fidati, glielo dirò, stasera stessa. Farò affidamento sul nostro amore e so che andrà bene", affermò con un sorriso di circostanza.

"Bene, poi vorrò sapere tutti i dettagli!", replicò l'amico.

"Sai, vero, che a volte sai essere peggio di Viky ed Angy? Una comara di prima categoria!", esclamò Anna, scoppiando a ridere e scuotendo la testa.

Harrison mise su un tenero broncio.

"Non è vero!", si affrettò a rispondere.

"Si che è vero! E per essere peggio di Viky ce ne vuole amico mio! E tu, tu sei assolutamente peggio di lei alcune volte", disse, voltandosi poi a guardarlo.

"Ma penso che tutti noi saremmo curiosi di sapere come andrà! È una notizia splendida e sorprendente quella di aspettare dei bambini, ed è più che giusto che io voglia sapere la reazione del mio migliore amico quando gli confesserai che diventerà papà molto presto", spiegò, mettendo su uno sguardo davvero dolcissimo, e ad Anna questo di certo non sfuggì.
"Haz, sei il migliore amico più bello e dolce di tutto il pianeta! Sono proprio fortunata!"



Harrison non smise di guardare la strada, ma non poté evitare di sorridere, perché amava da morire la sua migliore amica. Avevano vissuto episodi di vita importanti negli ultimi quattro anni, c'erano sempre stati l'uno per l'altra, e soprattutto, da quando Anna si era trasferita a Kingston, il loro rapporto era mutato radicalmente, diventando ancora più forte e resistente, come una di quelle catene in acciaio puro.


Per Harrison, sapere di essere importante nella vita di lei tanto quanto lo era per lui, significava davvero tanto.

"Dai, dimmi un po' come sono state le giornate senza di me? Che hai fatto?", gli chiese Anna, che preferì cambiare discorso, poiché ormai non c'era niente in più da dire sulla questione bambini, almeno fino a quando non ci sarebbero stati degli aggiornamenti.

"Oh, una vera tragedia", dichiarò con uno sbuffo, "quei due sono stati quasi tutti i giorni in casa tua! E il loro atteggiamento era piuttosto infantile. Pensavano poi di essere a casa loro! Aprivano il frigo, mangiavano spaparanzati sul divano, accendevano la TV abusando di Netflix, perdevano ore in bagno, e frugavano nei cassetti in cerca di sigarette! Ti rendi conto? Animali! Ma li ho rimessi in riga io eh! Volevano fare i proprietari in casa di altri, e la cosa che più mi urtava era che Tom non gli diceva nulla! Non li sopporto proprio!", concluse, intanto che del fumo usciva dalle sue orecchie e dal suo naso.



Bastava nominare Damian e Karina per farlo infuriare e dare di matto.

Damian e Karina erano una giovane coppia di fidanzati, avevano rispettivamente ventitré e ventidue anni. Damian era un fotografo, molto bravo nel suo campo, e già ricercato da moltissime riviste importanti, mentre la sua fidanzata, Karina, era un'aspirante attrice, che Tom aveva preso sotto la sua ala da poche settimane. Anna non li aveva mai visti da vicino, non li conosceva, se non in fotografia, e all'apparenza sembravano due ragazzi apposto, ma per Harrison non lo erano per niente.



Anna, leggermente preoccupata, cominciò a pensare a cosa avrebbe potuto trovare una volta ritornata a casa, ma Harrison la tranquillizzò dicendole che sia lui che Nikki avevano pazientemente sistemato casa, così da non lasciare tutto il lavoro a lei. Su questo poteva ritenersi fortunata: era circondata da persone che le volevano un bene enorme.



"Oh grazie a Dio! Dopo chiamerò Nikki e la ringrazierò per l'aiuto! Non ero per niente pronta ad arrivare a casa e mettermi a pulire! Richiamerò Tom per il suo atteggiamento di menefreghismo. La casa è anche sua!", affermò incrociando le braccia al petto.

"Si, gliel'ho fatto presente anche io! Ma è tutto preso dal suo cavolo di progetto, e non ti da ascolto! Provaci tu che sei la sua fidanzata, magari a te da più attenzione", asserì Harrison.

"Deve obbligatoriamente prestarmi attenzione Haz! Altrimenti lo prendo a pizze in faccia!", sbraitò Anna, già pronta ad alzare la voce una volta a casa.

"Mi dispiace calmare questa tua euforia, chiamiamola così, ma, per prima cosa, arrabbiarti non ti fa bene, non ti puoi stressare per queste cose. Seconda cosa, Tom non è a casa adesso", la informò, stringendo le labbra e il volante.



Harrison aveva paura di una sua possibile reazione spropositata, e provò a non guardarla quando si fermò a causa del traffico. Però quel silenzio era asfissiante, e dunque, decise di voltarsi, ritrovandosi due occhi che lo stavano fissando insistentemente in attesa di risposte. Era piuttosto inquietante.


"Che c'è?", gli domandò l'amico.

"Che vuol dire non è a casa?!", replicò alzando un sopracciglio.

Non era arrabbiata, avrebbe solo delicatamente e pacatamente spaccato la testa del suo fidanzato, ma non era arrabbiata. 


"È fuori con Harry. Ti dirà lui quando poi tornerà a casa, in serata", disse facendo spallucce.

"In serata?!", ripetè Anna, alzando il tono di un'ottava.

Harrison sussultò e si passò una mano sul cuore, cercando di riprendersi dal piccolo spavento.

"Si! Ma vedrai che tornerà presto! È fuori per quel dannato progetto, ma c'è Harry con lui", cercò di rassicurarla l'amico; ma Anna non era spaventata per quello, era stizzita e basta.
"Non me ne frega un cazzo! Non mi importa con chi sia o di cosa diamine faccia, io mi fido completamente di lui; mi fa infuriare il fatto che sapeva che dovevo tornare io, la sua fidanzata, eppure è uscito di casa lo stesso, e non per qualche ora, per un intero giorno! Almeno oggi poteva restare a casa, cazzo! Poteva accogliermi e stringermi", dalla più totale furia, Anna passò a piagnucolare, chiudendo le mani in due pugni.



Era dolcissima; gli effetti della gravidanza si facevano già sentire. Harrison, infatti, la trovò adorabile.


"Ohw, tesoro! L'emotività è la cosa più tenera della gravidanza. Comunque sappi che ti ama da impazzire, e che questo progetto è solamente importante per lui, tutto qui. Stasera arriverà a casa e ti dedicherà le sue complete attenzioni, vedrai", le disse il ragazzo, spostando la mano sinistra dal volante alla sua coscia, per donarle una confortevole carezza.



Anna apprezzò tantissimo quel gesto.



"Lui esce, e la sua fidanzata incinta di due gemelli torna a casa senza trovarlo! Bel padre, bel padre", bofonchiò annuendo, come per accentuare ciò che stava con tanto animo borbottando.

Harrison scosse la testa, intanto che sorrideva divertito per la sua bipolarità, (sorrideva anche perché il traffico si era alleggerito in realtà).



"Ma se non è nemmeno a conoscenza del fatto che diventerà padre!", replicò, portando una mano ad aggiustare un ciuffo ribelle che gli era caduto diritto in un occhio.

"E anche questo è vero: glielo dirò al più presto", affermò, posando le mani sul minuscolo, almeno per il momento, pancino. 

"E così sia!", esclamò Harrison.



Anna cominciò a guardare fuori dal finestrino, provando a non pensare al fatto che Tom fosse chissà dove, e non era invece a casa ad attenderla. Cercò di rilassarsi, di respirare piano, ma fu tutto invano; il silenzio era peggio.

"Dunque, torniamo all'argomento iniziale: oltre a combinare guai in casa, Damian e Karina che tipi sono? Non credo che non abbiano almeno un lato buono", rise Anna, picchiettando la sua coscia con una mano.
"Se ce l'hanno, non l'ho visto", confessò Harrison, "sono antipatici, e ti scrutano dalla testa ai piedi. Non mi piacciono Anna, non so che impressione faranno a te una volta che li conoscerai, ma sono tipi strani: secondo me nascondono qualcosa."

Anna lo guardò allibita e lievemente scossa, pensando che forse, il suo migliore amico, stava un po' ingigantendo la cosa poiché non reggeva più di tanto i due ragazzi, così stava cercando di metterli in cattiva luce dinanzi a lei, cosicché potesse squadrarli dall'alto in basso quando li avrebbe finalmente visti in prima persona, inquadrandoli già come possibili "nemici".

"Non starai esagerando, Haz?", gli chiese infatti Anna.

"Nono, giuro! È una mia opinione, poi possono essere anche tipi apposto, ma non me la raccontano giusta per ora", ribadì, fermo sulle sue idee.

"D'accordo; non giungerò a conclusioni affrettate! È vero che si sono presi troppe libertà in una casa che nemmeno gli appartiene, ma non voglio giudicarli da questo. Si meritano un'opportunità", dichiarò abbozzando un sorriso.

Harrison annuì e non disse nulla a riguardo; alla fine aveva ragione, ella avrebbe giudicato i ragazzi una volta conosciuti, e non prima. Non dovevano esserci pregiudizi nei confronti di nessuno.

Il viaggio durò almeno altri tre quarti d'ora, e i due parlarono di questioni realmente futili sino all'arrivo a Kingston.

Quando finalmente Anna poté scendere dall'auto del suo migliore amico, si sgranchì le gambe come prima cosa, e poi si diresse a passo spedito verso l'ingresso di casa sua.

"Si, le valigie te le porto io, tranquilla", scherzò Harrison, facendo sorridere Anna che alzò una mano in segno di riconoscenza.

Appena entrò nella sua amata dimora, la prima cosa che sentì fu il forte profumo alla lavanda, e anche un profumo dolce che apparteneva al suo adorato Tom; quel profumo inconfondibile che si percepisce anche quando quella persona fisicamente non è presente, quell'aroma forte che ti fa pensare a quanto fortunata tu possa essere.

Quelle mura, poi, erano il loro covo d'amore, le protagoniste indiscusse del loro amore, della loro forte unione, e della loro passione, che mai li aveva abbandonati; anzi, raramente i due si addormentavano senza prima aver fatto l'amore.

Essere nella loro casa, senza Tom, per Anna voleva dire solo pura malinconia! L'attesa l'avrebbe sfinita.

"Tom non farà ritorno presto, vero?", domandò ad Harrison.

"Non credo, ma sicuramente arriverà prima di cena, tranquilla!", la rasserenò.
"D'accordo", rispose Anna facendo spallucce.

La cosa che però le dava gioia, era aver trovato la casa davvero pulita come un gioiellino: sua suocera ed Harrison erano stati proprio bravi, e mai aveva avuto dubbi.

"Almeno questa casa profuma ed è in ordine! Sinceramente, è l'unica cosa che per il momento mi conforta", dichiarò, passando una mano su per la testa, gettando di lato una ciocca di capelli.

Harrison le sorrise.

"Te l'avevo detto: tra l'altro il tuo profumatore per ambienti era finito, e Nikki ha girato tre centri commerciali per trovarlo alla lavanda come piace a te", le spiegò, sistemando le valigie accanto al divano, in salotto.

"Ma non doveva! Poteva prendere anche quello a vaniglia, non avrei fatto alcuna polemica", replicò lei, afferrando il cellulare con l'intento di ringraziare la madre del suo fidanzato.
"Lo so, e gliel'ho detto, ma ha insistito. Sai quanto ci tiene a te e a farti contenta! Sei la figlia femmina che non ha mai avuto, farebbe di tutto per te! Pensa quando saprà che sei incinta dei suoi primi nipotini!", esclamò Harrison, portando le mani a sostenersi i fianchi.
"Shh!", ribatté Anna, prendendolo per un braccio, "non urlare!", gli disse.

"Ma siamo da soli, chi vuoi che ci ascolti?", rise l'amico.

"Non si può mai sapere", continuò lei.

"Bene, d'accordo, scusa. Vuoi che ti aiuti con le valigie? Anzi, è meglio che prima tu possa mangiare qualcosa, per favore", le consigliò Harrison, puntando un dito verso la cucina.

"Dopo mangerò un'insalata, tranquillo, ora voglio mettere in ordine i vestiti, e accetto volentieri il tuo aiuto Haz", asserì, dandogli due pacche sulla spalla destra.
"Okay che mangerai dopo, va bene, ma solo un'insalata? Non è troppo poco?!", le chiese il ragazzo, alzando un sopracciglio, interrogativo.

"No, va benissimo tesoro! Piuttosto, andiamo in camera e sistemiamo questa roba, così dopo sarò libera e potrò cucinare al mio fidanzato!", affermò Anna, afferrando il suo beauty-case, lasciando ad Harrison le valigie più pesanti.



Anna adorava cucinare e preparare piatti gustosi al suo attore del cuore; era una delle cose più belle e più "normali" che si concedevano quando non erano impegnati su qualche set o con qualche libro. A volte, di quella normalità, entrambi ne sentivano la mancanza, poiché spesso erano obbligatoriamente immersi nel loro lavoro, ed ogni volta non vedevano l'ora di tornare a stringersi, e a viversi quella bellissima realtà, che li faceva sentire leggeri e spensierati: delle sensazioni incredibili di cui spesso non ne potevano proprio fare a meno.

"Quell'uomo è fortunato! Io ho Charlotte, e per amore di Dio, sono innamorato perso di lei, ma con la cucina non se la cava così bene! Tu, invece, sei straordinaria!", le disse Harrison, e questo la lusingò di parecchio.

Amava udire di persone che adoravano la sua cucina: era italiana, doveva pur significare qualcosa.

"Grazie Haz! Harry dice sempre che vi ho viziati con roba di qualità, perché sono italiana", rise.

Beh, effettivamente, come dargli torto.


"Si, è vero. Ma anche Sam cucina bene, è un cuoco e non è italiano! Anche Nikki se la cava alla grande! Devi dare due lezioni a Charlotte, e se ti annoi, fallo per me! Pensa alla mia salute", le fece l'amico, implorandola.

Anna rise ancora una volta, e scosse ripetutamente la testa.


"Si dai, lo farei volentieri! Ma devi prima proporlo a Charlotte sai?! E a proposito, dov'è? Ancora in viaggio?", gli domandò, una volta giunta nella camera da letto che condivideva con Tom.

Harrison annuì, serrando le labbra.

"Si! È partita con la sua famiglia, è andata ad Amsterdam, tornerà domattina", rispose, "questa settimana senza di te e senza di lei è stata davvero un eterno supplizio! Charlotte ha deciso di partire nel momento meno adatto, lasciandomi con quegli screanzati! Ma finalmente tu sei qui, e domani lei torna. Quindi, ogni cosa brutta, così come ogni cosa bella, ha una fine", sorrise Harrison, pensando che il peggio era finalmente passato.
"Come sei drammatico Haz", gli fece Anna scuotendo la testa, accennando un sorriso.

"Senti", le rispose, "quando li conoscerai anche tu, saprai darmi un giudizio equo e giusto. Sei una persona intelligente, dunque, vedrai."

Anna roteò gli occhi al cielo, e iniziò a sistemare i suoi jeans e le sue shirt, quando, all'improvviso, con suo immenso stupore, sentì suonare il campanello.

"Ma che cazz-?", esordì Harrison.

Anna alzò un sopracciglio, perplessa, e, dopo aver brevemente gettato un'occhiata al suo migliore amico, si diresse cautamente alla porta, per vedere chi fosse dallo schermo del suo citofono.

Tom aveva le chiavi, era casa sua, non poteva essere di certo lui; Nikki e Dominic anche possedevano le chiavi, ma le usavano solo in caso di emergenza, dunque avrebbero potuto essere loro che venivano a salutarla, sapendo del suo ritorno a casa, oppure Paddy! Sam no, era in Scozia, in un ristorante a lavorare, mentre Harry era con Tom. 

Quando Anna notò questo ragazzo con le braccia incrociate e l'aria da ribelle, capì immediatamente di chi si trattasse.


"Mi sa che è appena arrivato il tuo amico", scherzò lei, mordicchiando il labbro inferiore.



Harrison all'inizio sembrò non afferrare, in seguito le riservò uno sguardo omicida, assottigliando gli occhi e scuotendo la testa.


"Sei pessima! Più che altro: che cavolo ci fa lui qui?!", replicò.



Beh, bella domanda! Che ci faceva quel ragazzo qui?



"Se lo lasciamo qui fuori non lo scopriremo mai", asserì Anna, per poi aprire il cancello e subito dopo, la porta.

Damian era un ragazzo alto, 1.85 cm, più o meno, occhi castani e penetranti, con capelli neri e lunghi fino alle spalle. Era magro, ma era ben allenato, si poteva notare dai bicipiti che si intravedevano dalla t-shirt nera a mezze maniche che indossava. Aveva un naso piuttosto pronunciato e delle labbra grandi e sottili; tra di esse aveva una sigaretta, ormai quasi finita. All'apparenza sembrava uno di quei ragazzacci ribelli e senza cuore, che prima ti imbambolavamo con dolci frasi e poi ti lasciavano lì, a soffrire; insomma, il solito cattivo e rubacuori dei film americani. Però, i suoi occhi avevano un qualcosa di dolce, e lei non sapeva spiegarsi il perché, ma aveva la costante voglia di guardarlo e non distogliere mai lo sguardo.

"Ciao", salutò il ragazzo dai capelli corvini, gettando il mozzicone dall'altra parte della strada.

Harrison alzò gli occhi al cielo e scosse prontamente la testa, già stufo della presenza di quell'opossum senza nemmeno un po' di rispetto e civiltà: e non era lì da nemmeno cinque minuti.

"Ciao", ribadì Anna, con un lieve sorriso.

"Tu devi essere la ragazza di Tom, vero?", le domandò.

"Si, sono Anna, piacere", gli fece, allungando una mano in sua direzione.

Il ragazzo l'afferrò e la strinse, ricambiando il sorriso.

"Damian", rispose.

E rimasero a stringersi la mano e a guardarsi per qualche secondo in più del normale; sembravano essere entrambi imbambolati e in un mondo tutto loro.

Harrison fu infastidito sin da subito, e tossicchiò attirando l'attenzione su di sé.

I due si girarono immediatamente e ritirarono contemporaneamente le proprie mani.

"Oh, si, salve! Esisto anche io. E ciao Damian, hai conosciuto la ragazza di Tom, si, la sua fedele fidanzata e compagna di vita", Harrison rimarcò quelle parole come per far comprendere bene il concetto al ragazzo, e anche ad Anna, che sembrava aver preso un colpo in testa alla vista di quel teppistello.

"Si, ciao", Damian alzò una mano in segno di saluto, e poi tornò ad osservare Anna, "e si, ho conosciuto la ragazza di Tom, e non mi aspettavo fosse così incantevole. Tom mi ha parlato di te, Anna, ma, con tutto il rispetto, le sue parole non ti hanno reso giustizia: sei splendida."



Il ragazzo le prese nuovamente la mano e ci stampò su un tenero bacio.

Anna inghiottì a vuoto e, imbarazzata, chinò lo sguardo.

"Non esagerare Damian, non sono mica Beyoncé! Ma ti ringrazio", affermò.



Non sapeva cosa le stava succedendo, ma doveva smetterla, subito.



"Beh, posso entrare o devo rimanere sull'uscio?", chiese ironicamente il ragazzo.

"Per me puoi anche rimanere lì", s'intromise Harrison.

"Haz!", lo richiamò Anna, voltandosi a guardarlo con uno sguardo di disapprovazione.
"Tranquilla", asserì Damian agitando una mano con nonchalance dinanzi al suo viso, "so che non gli sono molto simpatico, e presto magari cambierà idea", concluse con un occhiolino.

"Ma anche no", enunciò l'altro incrociando le braccia, convinto e fermo sull'idea iniziale che si era fatto del ribelle.
"Okay, basta!", esclamò Anna, spostandosi per far accomodare Damian, e invitandolo ad entrare.
"Vuoi qualcosa da bere?", gli domandò.

Damian si leccò le labbra e portò le braccia al petto.



"Un po' d'acqua andrebbe bene, grazie."



Anna annuì e si affrettò a prendere un bicchiere per poterci versare dentro l'acqua.

"Piuttosto, che ci fai qui?", gli chiese Harrison, "Tom non c'è."

"Lo so, mi manda proprio lui qui", gli rispose Damian, sorprendendo sia lui che Anna.

"Ti manda Tom?", ribadì lei.

"Si, devo semplicemente prendere dei documenti", spiegò Damian facendo schioccare la lingua contro il palato. 

"Ah, non è venuto lui, ma ha mandato te", replicò Anna, piuttosto inviperita, stringendo la mano in un pugno mentre con l'altra porgeva cortesemente l'acqua all'ospite.

L'attore aveva preferito mandare Damian, piuttosto che presentarsi egli stesso. Ad Anna aveva fatto male, si, perché un uomo intelligente e soprattutto innamorato sarebbe di corsa andato a casa, anche con una qualsiasi scusa, per poter salutare la sua fidanzata che era appena tornata dopo un'intera settimana in cui era stata via. Sembrava che poco gli importasse che fosse tornata dopo aver passato una settimana a Napoli dalla sua famiglia, e questo la rendeva praticamente instabile.

"Beh, c'è una ragione in verità", dichiarò il ragazzo dopo essersi scolato l'acqua in un solo sorso.
"Tipo?", gli chiese Harrison.
"Ha mandato me perché, sue testuali parole: "Se andassi io non riuscirei più a tornare qui a lavorare con voi. La mia fidanzata è appena tornata da Napoli, e non riuscirei a resisterle. Ho una voglia matta di abbracciarla e baciarla, per poi portarla nella nostra stanza, chiuderla e gettare via la chiave."


Ah: e qui la situazione veniva completamente ribaltata.


"Oddio! Potevi dirlo prima! Stavo già cominciando a pensare che non mi volesse più", Anna si portò una mano al cuore e tirò un sospiro di sollievo.

"Tranquilla", rise Damian, "non rimarresti mai sola, comunque", asserì.

"In che senso?", gli chiese lei, confusa.

E come Anna, anche Harrison lo era; confuso dalla testa ai piedi.



"Niente, niente", farfugliò agitando una mano con noncuranza, lasciando cadere l'intera situazione.

"Bah", fece Harrison con un'alzata di spalle.

"Chi vuol capire, capisca", continuò Damian, accennando ad un sorriso.

Anna pensò fosse meglio lasciar stare la questione, forse proprio perché aveva paura di andare fino in fondo alla cosa, e questo la spaventava, e non di poco.


"Dove sono questi documenti? Posso prenderli io", esordì Anna, guardandosi intorno, come per trovarli.

"Sono nello studio", rispose il ribelle.



Lo studio era il luogo di lavoro che Anna usava più spesso, poiché era il posto giusto dove scrivere e concentrarsi, trovando la perfetta ispirazione. Tom, invece, ci entrava solo quando doveva lavorare al computer, per fare e ricevere comunicazioni, oppure partecipare ad alcune interviste online.


"Oh, okay, vado a prenderli", disse lei, indicando la porta alla sua sinistra.

"Beh, vengo con te, so già dove sono", ammise Damian dopo aver poggiato delicatamente il bicchiere, ormai vuoto, sul bancone della cucina.

Anna alzò le spalle come per dire che non le importava, mentre Harrison stava lì, osservando in silenzio la scena.

Anna si diresse verso lo studio, con dietro Damian, ed era certa che quest'ultimo la stesse squadrando dalla testa ai piedi; la stava guardando con un'intensità tale, da sembrarle essere nuda dinanzi a lui, in quel frangente.



Quando si ritrovò ad aprire la porta, il ragazzo la sorpassò di poco e si fiondò a prendere una decina di fogli già spillati, ordinatamente sistemati sulla scrivania, dove vi era anche il famoso computer con cui ella lavorava. Damian controllò che fossero apposto, e poi alzò lo sguardo, concentrandosi su di lei. 

Anna decise di non ricambiare, e abbassò prontamente il volto, evitando quegli occhi scuri e penetranti.

"Questo è il computer che usi per scrivere quelle storie incantevoli?", gli domandò, indicandolo.
"Si, perché? Tu leggi i miei libri?", replicò la ragazza, aggrottando la fronte.
"Beh", Damian alzò le spalle, "qualcuno l'ho letto, ma la mia fidanzata ne è ossessionata. Aspetta di vedere il film de "Il Diamante di Cristallo."



Anna strinse le labbra e annuì.



"Ne sono contenta! Uscirà il dodici maggio del prossimo anno, speriamo bene!", esclamò portando le braccia al petto.
"Si lo so, andrò a vederlo insieme a Karina. O forse, chissà, saremo invitati alla prima del film", rise.

"Chissà, magari potrà succedere", asserì lei, alzando le braccia a mezz'aria.

"Sarebbe interessante", affermò Damian.

Harrison irruppe nello studio, facendoli sobbalzare.



"Allora, che si dice? Abbiamo finito qui?", domandò.



Se avesse potuto, avrebbe ucciso Damian fulminandolo ripetutamente con gli occhi.



"Si, stavo per andarmene", gli rispose il ribelle.

"Oh bene, perché abbiamo molto da fare, e poi mi ha scritto Nikki, sta per arrivare."



Anna, al solo udire il nome di sua suocera, scattò in un attimo, come se si fosse appena svegliata da un lunghissimo sonno.


"Ah, oddio, devo ancora sistemare i vestiti e rimettere le cose al loro posto, riassettare e cucinare!", disse, più a sé stessa che agli altri.

Si portò una mano alla testa: stava per esplodere.

"Ehi, no!", esclamò Harrison, "non puoi agitarti a causa di quel piccolo problema, ricordi?", e con fare confuso si toccò egli stesso la pancia, lanciandole un chiaro messaggio.

Anna annuì accentuatamente nei suoi confronti, e gli sorrise con fare sbadato.

Damian, invece, era rimasto sbigottito difronte quella scena da film comedy; in poche parole, non ci aveva capito veramente niente.

"Forse è meglio che io vada, Tom mi sta aspettando", esordì il ribelle, alzando i fogli che aveva accuratamente in mano.
"Oh si, certo. Posso chiederti un'ultima cosa?", gli domandò Anna.

"Dimmi pure", le rispose facendole un occhiolino, che ad Harrison piacque molto poco.
"Questi documenti cosa sono?"

Anna portò le mani a sostenere i fianchi, e girava incuriosita lo sguardo tra il ragazzo e quei fogli.

"Documenti per il progetto che hanno avviato il tuo fidanzato e suo fratello", spiegò in modo breve e conciso.
"Harry?", gli chiese, e Damian annuì, "oh okay, credo sia di questo progetto che Tom voglia parlarmi con tanto ardore", ammise.

"Credo di sì! Ora, vogliate scusarmi, ma devo andare", replicò il ribelle, stringendo i documenti al petto e serrando le labbra.
"Mi sembra giusto", s'intromise Harrison, mentre annuiva come per dar credito alle sue parole.
"Tu non vedi l'ora che io me ne vada, eh?", rise Damian, ma non aspettò una risposta da parte dell'altro, camminò semplicemente verso la porta di casa, sorpassandolo.

Harrison, intanto, stava immaginando di strozzarlo per l'ennesima volta nella sua testa, e più lo immaginava, e più era doloroso. Niente, non lo sopportava proprio quel tipo.Anna, a differenza dell'amico, gli corse dietro per aprirgli educatamente la porta.

"Potevo fare da solo, tranquilla", le disse, accennando un sorriso.

"Ma figurati, sei a casa mia, mi piace fare la padrona di casa", rise e contagiò anche lui. 

"Sei davvero bella comunque", dichiarò Damian carezzandole una spalla.

Anna, istintivamente, abbassò il capo, come per coprire quell'assurdo imbarazzo che si veniva maledettamente a creare.

"Beh, grazie. Tom ha scelto bene", puntò sull'ironia lei, forse era meglio.

"Direi di sì."

Damian le sorrise e poi le fece il centesimo occhiolino della giornata.


"A presto", concluse, avviandosi a passo svelto verso il cancello, per poi aprirlo e dirigersi verso la sua auto: una Mercedes classe A, nera.



Anna chiuse la porta alle sue spalle, e tirò un sospiro di sollievo appena si ritrovò da sola: ma da sola non era. Harrison giunse in cucina con uno sguardo glaciale.



"Che c'è?", gli chiese, notando quanto piuttosto adirato fosse.



Harrison scosse la testa, e poggiò il fondoschiena al bancone, portando al petto le braccia.

"Scusami, ma non sapevo che alla vista di un ragazzo dovevo ricordarti che sei felicemente fidanzata e che, addirittura, aspetti due gemelli!", esclamò, inviperito.



Beh, che ad Harrison avesse dato fastidio l'atteggiamento che Damian aveva assunto nei confronti di lei e viceversa, non si poteva negare.



"Ovvio che no! Sei impazzito?", ribatté Anna, afferrando il bicchiere sporco dal bancone con l'intenzione di lavarlo velocemente, per poi andare a riassettare la sua valigia.


"No, non lo sono! Tu lo stavi mangiando con gli occhi! E lui ci ha spudoratamente provato! Aspetta che lo sappia Tom, lo caccerà a suon di pugni e calci", replicò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.

"Senti Haz, io non lo stavo mangiando con gli occhi! È stato assurdo, o meglio, lui ha avuto un atteggiamento assurdo all'inizio, poi è stato gentilissimo, e non mi va di condannarlo per questo! È stato davvero carino, e si, okay, mi imbarazzavano i suoi complimenti, ma tutto qui. Anche se me li fai tu mi imbarazzo", gli esplicò, asciugandosi le mani con un panno da cucina.
"Ma questa è pura follia, Anna! Non è vero che ti imbarazzi, tu ti imbarazzi solo quando è Tom a farteli! Sempre! E ora arriva questo ragazzetto più piccolo di te, con aria spavalda, e tu ti fai girare e rigirare come fossi una trottola nelle sue mani? Hai ventotto anni, sei incinta, hai una vita meravigliosa, riprenditi!"



Era vero che un po' Damian le aveva fatto uno strano effetto, ma dal sentirsi semplicemente lusingata al tradire Tom, ne passava di acqua sotto i ponti! Eccome se ne passava!



"Haz, potrai pensare quello che vuoi, ma credimi e fidati di me: non ci ho provato, non mi piace e non ho alcuna intenzione di mettere due corna sulla testa del tuo migliore amico, okay?", sbottò Anna scuotendo ripetutamente la testa.
"Non intendo dire che lo tradirai, non con certezza almeno."

"Haz!", lo richiamò lei, fulminandolo.

"Si scusa, ma non mi è piaciuto per niente tutto questo teatrino", replicò il ragazzo, sbuffando.
"Che non ti è piaciuto è un conto, ma affermare che io possa tradire Tom con un altro ragazzo, è una cosa davvero grave! Non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di andare con un altro, che ti sia ben chiaro", gli spiegò, intanto che, con tutta fretta, sistemava le sue cose nell'armadio, con l'ansia che Nikki potesse presentarsi di punto in bianco mentre era ancora indaffarata.

Voleva dedicarle il tempo giusto, con attenzione, per questo provava a correre a più non posso per affrettarsi. 











Nel frattempo, però, era calato un silenzio abbastanza imbarazzante, che ad Harrison stava cominciando a dare fastidio.

Dapprima sbuffò, e poi si fermò di colpo per poter guardare Anna, immobile.



Quest'ultima si accorse solo dopo qualche secondo che il suo migliore amico si era bloccato a guardarla, senza però dirle nulla.



"Beh?!", sbottò allora lei, alzando le braccia a mezz'aria mentre teneva un paio di shirt in entrambe le mani.

Harrison fece spallucce e scosse la testa.



"Non voglio litigare con te", asserì.



Anna gli sorrise.



"Ma non abbiamo litigato, scemo! Mi da solo fastidio che insinui cose impossibili. Ma non abbiamo affatto litigato", gli disse, per poi riporre le magliette all'interno dell'armadio e correre tra le braccia protettive del suo migliore amico.

"D'accordo, mi dispiace davvero. Non potrei resistere senza di te, sappilo", ammise lui, stringendola a sé.
"Potrei dire lo stesso, ma ora, se non ti dispiace, manca pochissimo e Nikki sarà qui a momenti, possiamo darci una mossa?", gli fece, sciogliendo la stretta che li teneva legati.
"Oh si, perdonami, ma non mi andava di stare in cattivi rapporti con te", dichiarò.

"Tranquillo, va tutto bene. Siamo tutti e due comunque abbastanza agitati per questa situazione completamente nuova, è del tutto comprensibile sboccare un po'", asserì Anna accennando ad un sorriso.



Harrison annuì e sospirò, riprendendo poi quello che stava facendo. 

Magari si era sbagliato, magari aveva esagerato, ma nessuno doveva intromettersi tra Anna e Tom, perché, come spesso affermava, avevano già sofferto troppo quei due, e non ci volevano proprio altri problemi a tormentarli. Avevano solo bisogno di serenità ed amore.



Nel giro di cinque minuti, terminarono di riassettare, e si spostarono in cucina, ove Anna prese a cucinare un favoloso roast-beef accompagnato da alcune deliziose patate al forno speziate. nProprio mentre era intenta a tagliarle, qualcuno suonò al citofono.

"È Nikki!", esclamò Harrison, correndo ad aprire a quella che egli stesso definiva come un'altra madre.



Anna sorrise istintivamente quando la vide entrare in cucina con un vassoio enorme, coperto da una pellicola trasparente che lasciava intravedere i dolci al di sotto.

"Anna! Come stai? Fatti abbracciare!", le fece la madre del suo ragazzo, poggiando il vassoio sul bancone della cucina.



Anna si pulì le mani con un panno umido, per poi avvicinarsi e stringerla a sé, dandole due baci sulla guancia: uno a destra e un altro a sinistra.

"Io sto bene, piuttosto tu come stai? So che hai contribuito a pulire casa! Non so come ringraziarti Nikki, davvero", le disse serrando le labbra, con gli occhi che d'improvviso le divennero lucidi.

Poteva mai davvero commuoversi perché sua suocera le aveva pulito casa?! Gli ormoni facevano brutti scherzi veramente.

"Tranquilla, l'ho fatto con piacere! Perché diamine stai piangendo?", le domandò Nikki con un piccolo risolino.



Effettivamente, era una situazione abbastanza comica; come poteva non sorridere alla vista di una Anna che si commuoveva solo perché aveva aiutato a pulire e sistemare casa.

"Lo so, però non eri dovuta a farlo! Anche per il profumatore alla lavanda, davvero! Sei fantastica Nikki! E non so perché sto piangendo, probabilmente mi sei semplicemente mancata", rise poi, provando ad eliminare l'imbarazzo: gli ormoni agivano nei momenti meno opportuni creando un disagio elevato.
"Tesoro, anche tu mi sei mancata! Com'è stata questa breve vacanza nella tua città?", le chiese carezzandole una spalla.

"Tutto bene, mi sono molto divertita! Mi erano mancati tutti, e anche la mia città, lo ammetto", ammise, ed in parte era la verità.

Ma non si era così divertita quando fu costretta a far visita al suo ginecologo, per poi scoprire di aspettare due gemelli. Ma questo Nikki Holland non lo sapeva, e per il momento era meglio tacere.



"Mi fa molto piacere! Tom non è in casa, vero?", le domandò, guardandosi intorno.

"Quel progetto ormai lo tiene sempre impegnato", s'intromise Harrison, rispondendo al posto della ragazza che, istintivamente, calò il capo.

"Beh, è una cosa bella però, quindi non dobbiamo stare con quei musi lunghi", rispose, voltandosi poi a guardare Anna, "capito tesoro?", le fece.

Quest'ultima accennò ad un sorriso e annuì.

"Non sono triste per il progetto in sé, ma perché mi manca, e vorrei averlo qui adesso", dichiarò mordicchiandosi il labbro inferiore.

"Lo capisco, e tornerà presto. Intanto ti ho portato due dolci di benvenuto, così puoi distrarti per bene."

Nikki la conosceva perfettamente, sapeva come tirarla su in men che non si dica.

"Potevi risparmiarti anche tutti questi dolci! Sei davvero magnifica", continuò Anna ad elogiarla.
"Smettila, non mi è costato niente, e poi avevo proprio voglia di accoglierti con dolcezza", ridacchiò.

"Sei incredibile!", esclamò Harrison, con un sorriso enorme che gli contornava il viso.

Nikki gli fece un occhiolino e ricambiò il sorriso; aveva visto praticamente crescere Harrison, e insieme a Tuwaine, lo considerava un altro figlio, il quinto per la precisione.

D'improvviso il cellulare di Anna squillò e dovette allontanarsi per rispondere a sua madre, Rosanna, che le chiedeva com'era andata e come aveva reagito Tom alla grande notizia. Ma, non solo Anna dovette dirle che non glielo aveva ancora detto, ma anche che l'attore non era proprio presente in casa. Rosanna le disse che poteva farlo in serata, mentre erano da soli, con tranquillità, e Anna le disse che era proprio così che avrebbe agito; dunque salutò sua madre, con la promessa che si sarebbero sentite il giorno dopo, raccontandole tutti i particolari.

Quando tornò in cucina, Nikki ed Harrison stavano parlando animatamente di qualcosa che Anna non riuscì ad intuire.



"Vedrai che anche come regista andrà alla grande: non si smentisce mai", aveva appena finito di dire sua suocera.

"Di che parlate?", s'intromise allora lei, "chi regista andrà alla grande?", domandò.

"Oh, nulla!", esclamò Harrison, muovendo una mano dinanzi al suo volto con nonchalance.

Anna aggrottò la fronte inizialmente, poi lasciò cadere l'argomento con un'alzata di spalle.

"Tutto bene tua madre? Come sta?", le chiese Nikki con un sorriso gentile.

"Sta bene si, voleva sapere come stavate voi ed io, ovviamente", disse con un risolino, "vi saluta tutti comunque."

"Spero tu abbia ricambiato", continuò la madre dell'attore.

"Certamente!", le rispose, prontamente.

"Bene! Cosa stavi cucinando prima che io arrivassi?", le domandò poi, curiosando un po' tra le pentole sul fuoco.

"Roast-beef con patate! Uno dei piatti preferiti di Tom", affermò con una punta di orgoglio nella sua voce. 

"Ah si, e tu lo prepari divinamente! Vuoi una mano?"

Nikki era sempre così premurosa, e non c'erano dubbi sul fatto che Tom avesse preso quasi in toto da sua madre.

"Mah no, Nikki, faccio da sola tranquilla!", la rassicurò Anna con un bel sorriso sul volto.
"D'accordo! Allora io ti saluto", le disse, "esco a cena con delle mie amiche, e devo andare a prepararmi. Se ti serve qualcosa, non esitare a chiamarmi, okay?", le fece sua suocera puntandole contro un dito.
"Lo prometto Nikki, giuro. Puoi stare serena con me, e puoi andare a divertiti con le tue amiche", le rispose con un occhiolino.

"Ci conto", asserì, prima di stringerla forte, salutare Harrison, ed infine, uscire dall'abitazione.

Anna proseguì con la cottura del roast-beef, mentre Harrison prese a fare zapping nel salotto di casa Holland.

"Perché non vai anche tu, Haz?", esordì lei, alzando di un'ottava la voce per farsi sentire. 

Il suo migliore amico si alzò dal divano e camminò sino ad arrivare in cucina, fermandosi proprio difronte a lei.


"Aspetto che arrivi Tom, così non sarai da sola", dichiarò incrociando le braccia al petto.

"Non c'è bisogno, lo sai, e starà di sicuro per arrivare a momenti, perché tra poco è ora di cena", annuì ella stessa come per dar credito alle sue parole.
"Anna, mancano almeno due ore!", ribatté Harrison.

"Non è vero", replicò , "un'ora e mezza", puntualizzò con aria saccente.

"E cambia molto, eh?", scosse la testa l'amico.

"Che vuol dire! Non muoio mica se passo un'ora e mezza da sola, Haz!", esclamò, portandosi le mani ai fianchi.

"E se in quest'ora e mezza ti senti male? E se i bambini hanno bisogno di qualcosa? Eh?"



Harrison stava letteralmente dando di matto.



"Ma smettila con queste vibrazioni negative! Starò bene, e i bambini sono al sicuro qui, nella mia, tra poco enorme, pancia! Di che potrebbero mai avere bisogno adesso? Su, vai!", lo esortò Anna, indicandogli la porta con una mano.

"Mi stai per caso cacciando?", le domandò alzando un sopracciglio.
"No! Ma puoi andare, non mi va che resti qui a farmi da balia! Posso cavarmela da sola, lo sai!", gli disse, facendogli degli splendidi occhioni dolci che potevano far sciogliere chiunque.



Da quando Anna gli aveva detto che era incinta, Harrison era diventato super protettivo nei suoi confronti. Questo le faceva piacere, assolutamente, ma poteva diventare davvero asfissiante, e si sa, quando si esagera, possono presto scoppiare dei litigi, e questo Anna di certo non lo voleva.

"E va bene", si lasciò convincere Harrison, "però ad una condizione", propose.

"E cioè?", gli domandò lei.

"Che nel caso in cui ti servisse qualcosa tu possa chiamarmi, ed io arrivo in cinque minuti, anzi, pure in due", asserì, allungando un braccio e porgendole la mano, come per stringere un patto.

Anna annuì e andò a stringergliela per sancire l'accordo.

"L'ho promesso a Nikki e lo prometto anche a te, okay?", gli fece.



Harrison, con un sorriso sulle labbra, s'infilò la giacca di pelle nera e andò ad abbracciarla, carezzandole premurosamente anche il grembo.



"Vi voglio un bene incredibile", ammise, serrando le labbra.



Anna gli sorrise e lo strinse nuovamente, prima di lasciarlo andare e accompagnarlo accanto la porta.



"Allora sei sicura? Io vado", le disse l'amico.

"Giuro, puoi andare", gli ribadì per l'ennesima volta.

"A presto", la salutò.

"A presto Haz, ti vogliamo bene anche noi", gli rispose mandandogli un bacio, segno d'enorme affetto.



Quando Anna si chiuse la porta dietro di sé, potè tirare un sospiro di sollievo, e si sentì leggermente più sollevata; non che con Harrison non si sentisse a suo agio, ma aveva semplicemente bisogno di restare da sola, per davvero. Dopo la notizia appresa non aveva avuto modo di restare da sola e rifletterci su, e fu quello l'unico momento in cui si ritrovò a collegare tutti i pezzi del puzzle, e a realizzare che stava per avere dei bambini, stava per diventare madre, era incinta dell'unica persona che mai si sarebbe potuta aspettare: Tom Holland.



Si, era strano affermarlo, perché per quanto egli possa essere effettivamente presente nella sua vita da quasi sette anni, era comunque una follia, un sogno, che si era realizzato per davvero. A volte ancora faticava ad immaginarlo, e si domandava perché proprio a lei tutto quello, ma non c'era risposta, poiché era successo e basta, doveva accadere, era scritto già nel destino, ed era stata fortunata, maledettamente fortunata. Soprattutto nell'aver ritrovato Tom dopo quell'anno infernale che aveva dovuto subire.

Era incinta, di Tom, si, era tutto vero.

Sbuffò, e non per noia.

Pensò che fosse meglio prendersi un minuto, e accomodarsi sul divano; così spense il fuoco, ormai il roast-beef era pronto, apparecchiò la tavola con candele e posate d'argento, e infine si sedette sul comodo sofà beige.



La televisione era già accesa, e stavano trasmettendo un documentario, sui pinguini; e che teneri i pinguini, avevano quello strano modo di camminare, ed erano sempre così carini e composti. Erano una delle specie più dolci di sempre; sarebbe bello poter diventare un pinguino, eliminando tutte quelle pippe mentali che un essere umano si fa quasi sempre durante tutto il giorno.

Perché l'uomo si complica la vita con l'ansia; non è così?



E proprio mentre Anna ragionava su come poter diventare un pinguino, che chiuse gli occhi e il mondo andò in completo blackout.

Quando si destò, fu grazie ad una voce che con grazia e dolcezza la riscosse, riportandola tra i vivi.

"Amore mio, svegliati, sono qui", ripetè la voce, mentre una mano le carezzava il capo con estrema lentezza e premura.



A chi poteva appartenere quella voce? E di chi potevano essere quella tenere carezze?

Anna sbattette le palpebre un paio di volte prima di riaprire definitivamente gli occhi, per poi bearsi della visione paradisiaca che aveva difronte, e rimanerne incantata.

"Tom", sussurrò con voce flebile, ancora impastata dal sonno, accennandogli un sorriso.



L'attore si mordicchiò leggermente il labbro inferiore, e pensò di non aver mai visto donna più bella della sua; e che onore poterla definire a tutti gli effetti la sua di donna.



"Rimarremo a fissarci tutto il tempo, o potrò finalmente darti il bentornato a casa, amore?", le chiese, afferrandole una mano.



Anna la strinse, e lo tirò leggermente verso di sé, prendendogli entrambe le guance con le mani, per poi adagiare le sue labbra sulla bocca di colui che amava infinitamente e totalmente. 

Fu un tenero bacio a stampo, delicato e morbido.


Ma a Tom non bastava, e nemmeno ad Anna, sicuramente: infatti, fu proprio lei a mettergli una mano dietro il capo e a tirarlo maggiormente in avanti, ed insinuare, infine, all'interno la lingua, assaporando e carezzando quella bocca che la richiamava sempre a casa.

Cavolo, quanto gli era mancato! 

Era solo stata una settimana, ma per lei era come se fosse passato un intero mese. Oramai ne era dipendente, da quel corpo, dal quel viso, da quelle labbra, ne era completamente dipendente.



"Ti amo, ti amo così tanto!", esclamò Anna, per poi baciarlo nuovamente e stringerlo a sé, abbracciandolo così forte quasi da togliergli l'aria. 

"Ti amo tantissimo anche io, ma vai piano o mi farai morire soffocato", rise l'attore, baciandole la fronte.

"Scusami amore, sono solo contenta di poterti finalmente riabbracciare", ridacchiò allora Anna, intanto che, aiutata da Tom, si rimetteva finalmente in piedi.

"Sono entusiasta che tu sia enormemente felice di vedermi, perché lo sono anche io, non penso ci siano dubbi a riguardo, no?", le disse, facendo schioccare la lingua contro il palato.

"Oh no, non ho mai avuto dubbi", gli sorrise.



Tom alzò lo sguardo verso il tavolo, dinanzi alla cucina, notando quanto, con tanta accuratezza, fosse apparecchiato. Spostò, poi, gli occhi verso i fornelli, dove vi era una pentola da cui fuoriusciva un odore buonissimo, che gli provocò un forte languorino.

"Hai pensato a tutto, eh?", le fece, indicando il tavolo e la cucina.
"Si, si che penso a tutto. Dopo una settimana senza di me, voglio farti sentire e capire che ci sono", gli rispose, prendendogli una mano e incrociandola con la sua.

"Amore, non ne hai bisogno! Sai quanto ti amo? Mi sei mancata da impazzire! Piuttosto, dimostrami quanto ti sono mancato anche io sotto le lenzuola, mh?", scherzò, mettendo su un sorriso malizioso.

Ma in realtà, non scherzava affatto.



Anna scosse la testa divertita, dandogli un piccolo buffetto sul braccio.



"Ma smettila!", esclamò.

"Che c'è? Non ti è mancato fare l'amore con me?", continuò l'attore, sornione, carezzandole il collo con le dita.

Farla andare in estasi con un solo tocco; era da sempre questo il potere di Tom, ed Anna lo conosceva sin troppo bene, ma questo non significava per lei esserne immune, perché ci cadeva sempre, come una pera cotta.



"Oh ti prego, non mandiamo a puttane la mia cena! L'ho preparata con tanto amore... magari dopo ci sarà tempo per quello", asserì facendo spallucce.

"Magari? Sei impazzita? Per forza, io ho tanta voglia di te, oppure non l'hai capito abbastanza?", fece ancora Tom, afferrandogli i fianchi sinuosi e stringendoli con fare bramoso, com'era solito fare, ogni santa volta.

Anna si mordicchiò il labbro e sbuffò, rassegnata, perché l'aveva sempre vinta lui.

"Si, si che l'ho capito, ma prima ceniamo! Ci tengo tanto", affermò, dandogli un piccolo e innocente bacio a stampo.

Tom annuì, e unì la sua fronte contro quella di lei.

"Si, hai ragione", le sussurrò, "non vedo l'ora di assaggiare quel meraviglioso roast-beef; perché è questo che hai preparato, o mi sbaglio?", le chiese, con un sorrisetto divertito.

"Esatto! L'hai capito dall'odore, eh?", ribatté, inebriandosi dell'odore del suo uomo. 

"Si. Ed in effetti, ho comunque una certa fame... ora mangio il roast-beef, e dopo mangerò te. Mi sembra una cosa equa, no?", le fece, passando la mano dal fianco al sedere, palpandolo palesemente.

"Già! E smettila con queste mani, stasera hai gli ormoni impazziti", protestò Anna con tono compiaciuto: di certo non le dispiaceva che Tom avesse voglia di lei, ma non era il momento più adatto.
"Come se ti dispiacesse!", replicò l'attore incrociando le braccia al petto.

"No, non mi dispiace, e lo sai. Ora vado a riscaldare il roast-beef, tu vai ad accomodarti che la tua bella fidanzata si occuperà di te", sorrise lei, maliziosa.

"Oh, questo sì che è interessante", mormorò Tom, ricambiando il sorriso e prendendo posto a tavola, annusando il dolce profumo delle candele profumate.



Anna si affrettò ad accendere il fuoco per riscaldare il roast-beef, e il microonde per riscaldare le patate.



Intanto il suo sguardo incrociava spesso quello del suo amato, e una forte ansia cresceva a dismisura; prima o poi avrebbe dovuto affrontare quell'argomento così tanto spigoloso, e sapeva che quel passo sarebbe avvenuto a breve.



Cercava comunque di tranquillizzarsi, che Tom sarebbe stato felice di apprendere una notizia di quel calibro, perché conoscendolo non poteva essere altrimenti, ma una piccola parte di sé, ed era anche quella che aveva la meglio, pensava che non era il momento e che gli avrebbe rovinato la carriera, che ormai stava solamente decollando.



Non doveva farsi troppe pare mentali, no. Aveva sempre il potere di farsi venire l'ansia a pallettoni. E questo, ormai, non poteva permetterselo; doveva stare attenta a non crollare troppo giù, o i bambini ne avrebbero sofferto. Si sa, se sei agitata i bambini nel grembo lo avvertono, e non è molto salutare.

Quando il roast-beef era ormai pronto e caldo abbastanza, spense il fuoco, e aprì il microonde per prendere le patate, calde anch'esse.

Si alzò sulle punte per prendere due piatti dalla credenza, e ci mise il roast-beef con accanto le patate e una foglia di rosmarino su queste ultime. Afferrò entrambi i piatti e si diresse con faccia soddisfatta al tavolo, ove Tom, con un grande sorriso, stava attendendo.


"Ecco a te", gli disse, porgendogli il piatto con un sorriso.



L'attore lo afferrò e lo posizionò dinanzi a sé, e attese che Anna si accomodasse accanto a lui prima di mangiare.



"Dai su, mangia! Voglio sapere cosa ne pensi", asserì Anna, mordicchiandosi un labbro, esaltata.
"Subito!", esclamò Tom, per poi tagliare la carne e metterla in bocca, chiudendo gli occhi per gustarsi quella meraviglia.



Anna era brava in cucina, ci sapeva davvero fare, e nonostante lo sapesse, voleva sempre che dalla bocca di Tom uscissero complimenti sinceri, perché le riempivano il cuore di gioia e amava quando lui la rimpinzava di attenzioni.

"È squisito! Ma lo sai bene anche tu, non è vero?", le fece l'attore, "tu ne sei consapevole, ma vuoi sentirtelo dire, ed io lo faccio, lo farò sempre", continuò, "ti dirò sempre quanto tu sia bella e brava, ma non solo perché vuoi che io te lo dica, ma perché lo penso seriamente di te. Quanto sono fortunato ad averti? Tanto, lo so."



Anna aveva le gote rosse, e si alzò di poco dalla sedia su cui era seduta per sfiorargli le labbra, donandogli un caloroso e tenero bacio a stampo.

"Ti amo, tantissimo. E mi sei mancato tanto! Mi è mancato tutto quanto in verità. La nostra quotidianità, le nostre chiacchierate, i baci, i pranzi, e le cene, i momenti a letto, si, anche quelli. La nostra intimità nelle nostre quattro mura, che nessuno può portarci via. Ti amo Thomas Stanley Holland, con tutto il mio cuore."



L'attore, con un sorriso gigante e con il cuore che gli batteva a mille, si alzò, per poi afferrarle le guance e baciarla; ma baciarla per davvero. 

Introdusse lentamente e con leggiadria la lingua nella sua bocca, e con grande passionalità diede inizio ad una danza tra lingue, che non avevano più la forza di staccarsi, e che volevano e pretendevano di divorarsi e mangiarsi ancora, ancora e ancora.


"Non voglio lasciarti più", le sussurrò Tom all'orecchio.

"Non mi lascerai più, ma voglio che mangi perché altrimenti si fredda", ribatté Anna con un risolino.

Tom annuì con un sorriso e gli stampò un altro bacio sulle labbra.

"Mi crei dipendenza, non so come fai", asserì, tornando poi a mangiare il roast-beef.

Anna si limitò a scuotere la testa divertita e felice per tutto l'amore che sapeva di meritare.

Entrambi continuarono a mangiare, scambiandosi occhiate e sguardi persi e pieni d'amore, ma Anna sapeva che da lì a poco, avrebbe rivelato tutto, e sperava che niente tra di loro cambiasse. 

Il silenzio che riempì la casa, in quattro e quattr'otto, divenne troppo opprimente, ed Anna aveva lo stomaco pieno, ma non per il cibo, ma per quell'ansia che non la lasciava andare nemmeno un attimo, da giorni ormai. Rimase alcune patatine, e spostò il piatto un po' più indietro, avvicinandolo al bicchiere.

Era arrivato il momento: ora o mai più.

Anna alzò il capo e tenne gli occhi fissi su di lui, sull'uomo che amava, e quando quest'ultimo se ne accorse, mise in bocca le ultime due patatine rimaste, e prese a guardarla anch'egli: occhi negli occhi, cioccolato contro smeraldo.

Silenzio, ancora silenzio, per altri trenta secondi, poi, il silenzio cessò.



"Devo dirti una cosa", affermarono entrambi.



Avevano detto la stessa identica cosa, ma di sicuro le questioni erano alquanto diverse.

Entrambi risero.

"Vai prima tu", ancora una volta, avevano parlato contemporaneamente.
"Oddio, ti prego, mi fai paura", le disse l'attore divertito.

"Anche tu", ribatté Anna scuotendo la testa.

"No, davvero, dimmi prima tu, cosa c'è?", le chiese Tom, esortandola a parlare.

"No, ti prego, dimmi tu, sono sicura che sarà una cosa magnifica", gli rispose, incrociando le braccia.

"Penso che anche la tua lo sia, amore", replicò l'attore inglese, "ma poiché non sono più nella pelle, ti parlerò per primo", dichiarò.



Anna annuì, e un po' si rasserenò, ma solo un po'.



"Allora", cominciò Tom, "tu sai che sto lavorando ad un progetto, no? Ma non sai che cos'è! Ma ora posso finalmente dirtelo!", esclamò entusiasta; si vedeva dagli occhi color cioccolato quanto emozionato fosse, quanto gli brillavano.

"Dimmi, su! Cos'è?", protestò lei, incuriosita sino all'estremo.

"Tu lo sai che uno dei miei più grandi sogni è quello di fare il regista, no?", le chiese, ed Anna annuì convinta, "ebbene, hai davanti a te il nuovo regista di un film che stiamo sviluppando io ed Harry! Sarà tutto perfetto, abbiamo preso già la protagonista, l'attrice giusta: è Karina, e la conoscerai presto! So che hai conosciuto il suo fidanzato, Damian, è un fotografo, si occuperà lui della fotografia appunto. Non vedo l'ora di fartelo vedere! Sono così felice, alle stelle!", spiegò, ed il cuore quasi stava per uscirgli dal petto. "Anna capisci? Io regista! Mi è sempre piaciuto, e mi ha sempre affascinato questo mondo, tu lo sai! Non ci credo ancora! Sono un attore, adesso un regista, ho la vita che mi piace, ho una donna che mi ama e mi rende felice, cosa posso desiderare di più? Niente! E ti prometto amore mio, che quando questo progetto sarà terminato, mi dedicherò a te completamente, e formeremo una famiglia. Mi darai dei figli, diventeremo genitori, e ci sposeremo, si, si ci sposeremo! Ma adesso, tu e il mio film siete la priorità, nient'altro."



Un crac improvviso, un crac inaspettato: il cuore di Anna si sgretolò in mille pezzi al suono di quelle parole. Le lacrime stavano lottando furiose per scendere e cadere come cascate, come un fiume in piena.



Aspettare dei bambini, ora, non era la priorità. Lei e il suo film si, nient'altro.


Ma i bambini c'erano, c'erano eccome, e non potevano scomparire con un semplice schiocco delle dita. I bambini, i loro figli, erano già in grembo, ma questo, Tom non lo sapeva ancora.



E come avrebbe potuto dirglielo dopo quelle parole? Come avrebbe potuto rivelargli la verità? Lo sapeva che non era il momento, lo sapeva! Eppure, che poteva farci adesso? Cosa potevano farci adesso?



"Ehi, amore", la richiamò l'attore, "sei qui con me? Ti ha scioccato questa notizia? Non sei contenta per me?", le chiese, prendendole il mento tra le dita, facendole alzare il viso affinché lo guardasse. 



Anna ingoiò un boccone amaro, e mise su una delle sue maschere, cosicché non potesse dirgli niente, nemmeno con gli occhi.



"Si amore mio! Si che sono felice! Stai realizzando uno dei tuoi più grandi sogni insieme a tuo fratello! Secondo te io non sono felice? Eccome se lo sono! Io sono fiera di te, fiera davvero! Non potevo desiderare di meglio all'infuori di te", gli sorrise, chinandosi in avanti per dargli un bacio a stampo.



Era realmente felice per lui, e fiera! Ma non riusciva ad esserlo completamente, e la ragione era ben ovvia.



Tom non si accorse di nulla, pensò che fosse un po' scossa a causa della bellissima notizia appresa, e non se ne preoccupò molto.



"Ti amo, grazie davvero per il tuo sostengo, sapevo di poterlo avere. E tu? Cosa dovevi dirmi?", le domandò, con un gran sorriso in volto.

Anna scosse immediatamente il capo, e mosse dinanzi a lui una mano con nonchalance.
"Nono, niente! Era una sciocchezza, davvero! Anzi, scusami amore, puoi sparecchiare tu? Sono stanca e provata dal viaggio, ho bisogno del letto", affermò mentendo spudoratamente, perché rimanere ancora davanti a lui, dopo quelle parole, sarebbe stato troppo per lei, e aveva bisogno di un attimo, da sola.

Tom la scrutò preoccupato e le poggiò una mano sulla guancia, dopo essersi messo in piedi.

"Certo amore, ma sei sicura che va tutto bene?", le chiese, carezzandole il viso, teneramente.

"Si, te l'ho detto, sono solo stanca. Ho bisogno del letto, domani sarò in forma, tranquillo", lo rassicurò lei, baciandogli le labbra e facendogli un sorriso.



Tom annuì e si chinò per baciarle la fronte, sinonimo di affetto e protezione.



"Spero tu riesca ad aspettarmi sveglia", le disse, con un risolino.

"Ci provo", ribatté, "comunque sono davvero felice per te, tanto. Ti amo", continuò, per poi, dopo un ultimo bacio, incamminarsi verso la camera da letto.

"Ti amo anch'io", le rispose l'attore, alzando di poco la voce per farsi sentire.



Quando Anna fu da sola, poté finalmente liberare le lacrime, e farle scendere in silenzio, senza preoccuparsi degli sguardi preoccupati del suo fidanzato su di sé.



Quanto avrebbe retto? Poco, ne era certa. Tom era il padre, aveva il diritto di saperlo! Ma se si sarebbe arrabbiato? E se avesse perso le staffe? Le ci sarebbe rimasta di merda.



Doveva saperlo, si, ma ci avrebbe prima ragionato su e ne avrebbe parlato con i suoi amici, per poi decidere il modo più giusto con cui dirglielo. Ora voleva solo indossare il suo comodo pigiama e andare a letto, poiché comunque era davvero stanca e provata dal viaggio, ma soprattutto, perché aveva troppi pensieri in testa, e voleva spegnerli.

Fece tutto in fretta e furia, e lasciò i vestiti alla rinfusa su di una sedia. In seguito si stese sul letto, e dopo essersi messa al caldo sotto le coperte, chiuse gli occhi, e dopo nemmeno cinque minuti era già tra le braccia di Morfeo. 

Difatti, quando Tom ebbe finito le faccende domestiche, si diresse in camera da letto con la speranza che la sua Anna lo stesse aspettando sveglia, ma purtroppo, quest'ultima dormiva già beata. Rimase un po' deluso, perché la desiderava, tanto, ne aveva una voglia matta. Le faceva sempre un certo effetto, anche a distanza di anni, ma non potè non sorridere osservandola dolcemente addormentata; era e sempre sarebbe stata la sua piccolina. Per il sesso c'era tempo, l'importante adesso, era sdraiarsi e accoccolarsi accanto alla sua donna, e non vedeva l'ora, perché gli era mancato da morire dormire attaccato a lei mentre veniva inebriato dal suo dolce profumo: per Tom, quella era la vera felicità.

Ma questa fu la calma prima dell'inizio dell'assurda tempesta che stava accidentalmente per abbattersi senza alcun ritegno su di loro.





Angolo autrice: Holaaaa raga, come ogni giovedì eccoci qui!
Che ne pensate di questo secondo capitolo? Il rapporto tra Anna e Harrison è praticamente la mia vita, io li amo!
Tra l'altro è stato presentato Damian, cosa ne pensate di lui? Credete che si intrometterà tra la nostra coppia preferita? Eheh!

Anna non ha trovato il coraggio di confessare la verità a Tom a causa della sua euforia per il suo primo ruolo da regista, secondo voi quanto ci metterà a svelare tutto?
Per ora posso solo dire che lo scopriremo vivendo insomma!

Questo è praticamente il capitolo più lungo dell'intero libro!

Spero che possiate farvi sentire nei commenti, se non so cosa pensate non posso avere opinioni sulla storia, e non riesco a comprendere se vi stia piacendo o meno. Quindi mi raccomando... vi aspetto nei commenti, non siate timidi!
Ci becchiamo il prossimo giovedì col nuovo capitolo!

Un abbraccio,
Anna.

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