Dolore

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Simone è steso sul letto. La sua stanza è immersa nel buio nonostante sia pomeriggio. È lui che ha chiuso le tapparelle, che ha impedito alla luce di entrare.

In questo momento tutto ciò che ha bisogno è il buio più assoluto, perché non vuole che niente lo distragga dai suoi pensieri.

Sa che è sbagliato, ma in questo momento non gli interessa.

Simone oggi si sente brutto, si sente inutile, anzi peggio. Si sente un peso morto per le persone intorno a lui, che non fanno che affannarsi per cercare di farlo stare bene.

Lui lo sa che non deve fare questi pensieri, che deve fermarli prima che lo avvolgano completamente e lo trascinino a fondo.

Sa che sta facendo terapia e il modo migliore per affrontare questa giornata è chiamare il suo psicologo, ma allo stesso tempo vuole crogiolarsi nel suo dolore.

Non sa da cosa è stata scatenata questa crisi: dal momento in cui si è svegliato questa mattina ha capito che sarebbe stata una giornata difficile.

A scuola non è successo nulla, eppure Simone è rimasto insofferente e di cattivo umore per tutta la mattina, sotto gli sguardi preoccupati di Manuel e di suo padre.

Sa che basterebbe parlarne con loro, confidarsi e lasciare che lo consolino, che mandino via le nuvole che oscurano la sua mente.

Ma non vuole.

Lascia che i pensieri negativi si espandano, come petrolio sulla superficie del mare, che insozzino ogni cosa.

E subito lacrime amare iniziano a scendere dai suoi occhi.

Lascia che il dolore si diffonda, dal cuore in tutto il petto, fino alle braccia, alle gambe, alla punta delle dita.

E comincia a pensare a quanto si senta fuori posto in questo mondo, a quanto si senta sbagliato. Senza di lui starebbero tutti meglio, perché non fa altro che farli soffrire. E maledice la sorte che ha portato via Jacopo invece di lui. Jacopo sarebbe stato un figlio migliore, un nipote migliore. Sarebbe stato anche un amico migliore per Manuel, non l'avrebbe costretto a soffrire, non l'avrebbe sconvolto e insozzato con il suo essere.

Simone sa che non può farci niente, perché Jacopo non c'è più da tanto tempo, perché Jacopo era la sua parte migliore ma se n'è andato prima di dimostrarlo.

Sa anche che, per quanto possa riprovarci, non può scambiare la sua vita con quella del gemello. Morire non riporterà Jacopo in vita, per cui si sente costretto a vivere, in una patetica imitazione di quello che il gemello sarebbe potuto essere. Ci ha provato una volta e ha fallito, causando solo dolore negli altri, che si ostinano a cercare di farlo vivere.

E nonostante abbia accettato la sua omosessualità, Simone non può fare a meno di pensare che anche in questo è fallace. Anche per questo lui sa di essere il gemello venuto male, quello fallace, quello sbagliato.

Nemmeno lo sfiora il pensiero che Jacopo sarebbe potuto essere come lui, o che non ci sia niente di sbagliato nella sua essenza.

Ci sono giorni in cui Simone lo sa, in cui può ignorare le battutine, in cui si sente orgoglioso della sua mano stretta in quella di Manuel nei corridoi della scuola.

Oggi invece pensa di essere un abominio, qualcuno che andrebbe cancellato dall'esistenza. Non è razionale e non vuole nemmeno esserlo. Gli piace la sensazione, il dolore che diventa quasi piacevole, il desiderio di scomparire come una facile soluzione.

È stanco delle occhiate di preoccupazione che gli lanciano gli altri, di non corrispondere alle loro aspettative. Sente la fatica che lo invade e desidera la soluzione più veloce, per questo alimenta l'oscurità che non solo avvolge la stanza ma anche il suo cuore, i suoi pensieri.

Ancora non capisce cosa abbia scatenato questa crisi, ma non gli importa. Si morde le labbra a sangue, steso sul fianco e rannicchiato, mentre i singhiozzi si fanno più forti

Ed è così preso da se stesso che nemmeno si è accorto di Manuel finché questo non l'ha abbracciato da dietro.

Simone vorrebbe resistere, restare attaccato al dolore che lo attanaglia, autodistruggersi, ma non può.

Non quando il calore delle braccia dell'altro lo richiama come la fiamma per una falena. Non quando sente sul collo le lacrime di Manuel. Finché è Simone stesso a soffrire, va bene, ma è stanco di vedere l'altro stare male per lui.

«Me lo devi di' quando te senti così, Simo» sussurra Manuel a voce bassa. «Me lo devi di' sempre. Non puoi lascia' che i pensieri te annientano in sto modo»

Simone non parla, ma annuisce.

«O so che è solo 'na giornata storta, o so' che può succede', ma te devi impara' a chiedere aiuto, o io impazzisco»

«Va bene» fa Simone. Ora che Manuel lo stringe così forte, tutte le sue paure, tutte le sue ansie sembrano rimpicciolirsi.

«Me lo devi promette', Simo» fa Manuel, mentre strofina il naso tra i capelli di Simone. «Me devi promette' che da me vieni subito, quando stai così».

«Te lo prometto» Simone cede, perché Manuel è la sua luce, e non può negargli nulla.

Non diventa mai magicamente facile, ma Simone vuole davvero impegnarsi, vuole smettere di anelare a quell'oscurità maligna che continua a chiamarlo a sé.

Tanto intenso era il desiderio di crogiolarsi nel suo dolore prima, tanto forte è ora la voglia di lasciarselo alle spalle, di anelare invece alla pace che solo le persone che ama possono trasmettergli.

E Simone lo sa, che lui deve essere il primo ad amarsi per poter arrivare davvero a quella pace. Non sarà facile, non sarà subito, ma intanto può appoggiarsi ai suoi genitori, a sua nonna... ma soprattutto a Manuel.

Si gira nell'abbraccio e posa delicatamente le sue labbra su quelle del suo ragazzo. È un bacio senza malizia, un bacio di conforto, che vale come una promessa di guarigione.

E Simone forse non ricorda, che quel giorno è l'anniversario della morte del suo gemello, che il dolore della perdita si è fatto strada dentro di lui inconsapevole.

Domani sarà un giorno migliore, un passo alla volta.

Ti ho sempre cercato ma non lo sapevoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora