Questa è solo la prima partita di campionato e sono già un fascio di nervi. Ho perfino dimenticato di passare dall'albergo a cambiarmi prima della cena, in effetti non avevo molto tempo, ma queste scarpe mi stanno dando il tormento. Fortunatamente è una cena quasi in famiglia, ci sono Alessandro, sua moglie Stella e se non ho capito male un paio di compagni di mio fratello, ho proprio voglia di quattro chiacchiere in compagnia.
Cammino lungo il marciapiede che a breve mi condurrà all'entrata del ristorante quando noto prima di varcare la soglia che il tavolo cui sono destinata è più numeroso di quel che mi aspettavo. Indugio una frazione di secondo sulla porta per contare le sedie, sono sette, ed esclusa la mia, due sono in esubero. Sto per dirigermi al tavolo quando lui, sì lui, non serve dire il nome perché non voglio neppure soffermarmi un attimo su colui che rovina la mia esistenza, è di nuovo tra i piedi.
Noncurante chiede di passare facendomi notare che sto sostando sulla porta impedendo il passaggio, mi volto fulminando il suo sguardo di ghiaccio, mentre cerco di farlo indietreggiare, e non volendo, la mano si sofferma più del dovuto contro il suo petto, quel tanto che basta da farmi percepire il battito del suo cuore. La ritiro velocemente colta da un flash back: io sopra di lui che comprimo i miei palmi sopra la pelle liscia del suo petto. «Scusa» borbotto, alzando nuovamente lo sguardo che pochi secondi prima si era immobilizzato sui pettorali nascosti dalla camicia bianca. «Nulla» risponde gelido e poi mi oltrepassa aggirandomi, permettendo così al compagno di entrare. Il suo gelo mi spiazza ogni volta.
Solo cinque minuti più tardi scopro che i due posti aggiunti al tavolo sono per Hans e Rudy. Come ha potuto mio fratello permettere una cosa del genere? Con tutti i ristoranti della città eterna, proprio con noi deve cenare lo stronzo?
Questo è un complotto.
«Stella, cosa ci fa lui qui?» Indico con un cenno Rudy impassibile dall'altro capo del tavolo ovale.
«Non lo so, credo lo abbia invitato Josip, gli sembrava brutto farlo tornare da solo in albergo, non ha molti amici qui.»
«Non ha molti amici. Punto.» ribatto mentre lei sorride.
«Posso dirti che anche l'altro componente della famiglia Leone al momento in cui ha saputo dell'invito, ovvero poco prima di entrare nel ristorante, voleva andarsene» sogghigna. «L'ho trattenuto con la scusa del dopo cena e un po' di ramanzine sull'essere superiore a queste scenette da bambini. Ma sono certa sia rimasto per il sesso.»
«Ok, afferrato. Non voglio sapere cosa fai con mio fratello sotto le lenzuola.»
«E chi ha parlato di sesso sotto le lenzuola, in albergo abbiamo un terrazzino coperto che è la fine del mondo.» La sua risata rumorosa e lievemente nasale attira lo sguardo dei ragazzi.
Le assesto una gomitata sul braccio per farla smettere mentre Josip inizia a parlare. «Oggi partita fiacca ragazzi» annuisce guardando Alessandro, «se non fosse stato per te, negli spogliatoi avremmo dovuto sentire le urla di tuo padre e Dio ce ne scampi, le nostre orecchie dopo tre anni riportano gravissime lesioni.»
«Sì, ho segnato ragazzi, ma il merito se vinciamo è di tutta la squadra, non solo mio.» Si guarda intorno per intercettare gli occhi dei suoi compagni che annuiscono compiaciuti; tutti, tranne Rudy, curvo sul piatto. Brutta storia l'invidia, penso tra me e me.
«Come ti trovi con il tuo nuovo lavoro da giornalista in prima linea, Lenoir?» Robin mi coglie impreparata e con il boccone ancora da masticare. Deglutisco cercando una risposta che non faccia trasparire il mio disagio. «Bene! Per adesso me la cavo discretamente, non ho trovato ostilità da parte di nessuno durante le mie poche interviste, diciamo che mi godo questo momento.»
«E qualcuno gode mentre lo intervisti.» Sorride con le lacrime agli occhi un compagno di Alessandro e, subito fulminato da quest'ultimo con lo sguardo, si corregge: «E dai su, Ale, senza fare nomi, quando nell'amichevole Napoli-Milan ha intervistato l'attaccante del Napoli» fa un segno all'altezza del seno, «lo scricciolo attendeva impaziente una domanda dopo l'altra, avrebbe sostenuto un interrogatorio di qualche ora se fatto da Lenoir.»
Tutti sorridono, me compresa, anche se con imbarazzo ricordo quella sera di metà agosto e il giocatore incriminato nonché il sorriso ebete che aveva stampato in volto per tutta la durata dell'intervista.
La serata prosegue tra risate e battibecchi, chi si lamenta per un'ammonizione non data, chi per una sessione di allenamenti troppo dura programmata per la successiva settimana e chi solo per il gusto di farlo.
Passate le undici entrano nel locale un gruppetto di ragazze poco più che ventenni e il radar dei giovani inizia ad andare in tilt. Alessandro se ne accorge e imitando uno sbadiglio coglie l'occasione per dileguarsi insieme a Stella, non prima di assicurarsi se sapessi o meno come tornare all'albergo. Ho annuito non avendo la minima idea di come fare ma questa è la loro serata lontano dalle bambine e io non ho proprio voglia di essere la quarta figlia da accudire. Non con una notte di sesso ad attenderli. Scuoto la testa per togliermi dalla mente quel pensiero. Bacio entrambi sulla guancia e mi rimetto seduta al tavolo quando, poco dopo, un ragazzo biondo piuttosto avvenente si appiccica a me chiedendomi una foto, annuisco e senza bisogno di permesso si siede al mio fianco. Ricompongo la camicia, lievemente infastidita dai suoi modi, ma la visibilità mediatica fa questo e altro, pertanto sto al gioco così parliamo a poca distanza da Rudy, unico rimasto ancora al tavolo che sta svogliatamente guardando il cellulare. La conversazione con il giovanotto dopo poco varca i limiti del pubblico decoro e le sue mani prima mi cingono le spalle e poi afferrano la gamba. Mi alzo di scatto e con me anche Rudy, mentre il coglione, ancora seduto, non capisce cosa stia succedendo e di fatto neppure io.
I miei occhi incontrano quelli di Rudy, una frazione di secondo, un battito di ciglia, ma è sufficiente affinché il mio stomaco sprofondi. Il locale sembra vuoto quando pochi istanti prima era gremito di persone, siamo solo io, lui e il niente, anzi no, dimenticavo il coglione seduto a fianco che, bofonchiando qualcosa prima di andarsene, come uno schioccare di dita rompe l'incanto.
Tossisco guardandomi attorno cercando di capire se qualcuno vicino a noi possa aver percepito la magia; fortunatamente credo di no. Afferro la borsetta dalla sedia e ancora lievemente frastornata, chiamo un taxi per farmi accompagnare all'albergo, indugio qualche istante sulla porta, sospiro incredula mentre questa si apre. Una leggera brezza mi avvolge e sono felice di dare sollievo alle guance, che immagino siano rosse come peperoni, e sinceramente anche al mio stomaco. Riesco a malapena a pensare, ricordo solo il suo sguardo, lo stesso di cinque anni fa ed è dannatamente eccitante. Questa volta a separarci è stato un tavolo, altrimenti avrei fatto lo stesso errore, ovvero prendermi le sue labbra e farle mie. Mi dirigo dall'altro lato della strada per aspettare il taxi. Anche Rudy potrebbe uscire adesso e preferirei non rischiare di trovarmi troppo vicino a lui in questo momento. Ho sentito il brivido dei suoi occhi sopra di me. Mi ha trafitta con uno sguardo talmente intenso...
Odio, sono costretta ad ammettere che una parte di me - una parte più grande di quanto desideri - spera lo faccia. Sto ancora respirando troppo velocemente e sono eccitata da morire... e odio questa parola. Sembra così infantile e volgare allo stesso tempo, ma cazzo, voglio scopare. È passato veramente tanto tempo ed è l'unica ragione per cui Rudy mi fa questo effetto. L'unica.
Non perché è l'uomo più sensuale ed enigmatico che io abbia mai incontrato, e decisamente non è perché adoro lo sguardo nei suoi occhi quando diventa aggressivo.
Entro nel taxi quasi gettandomi all'interno e, dopo aver comunicato l'indirizzo sospiro profondamente.
È Rudy, Rudy Hoffman, cosa diavolo sto farneticando.
Tornando in albergo, ho bisogno di un'intera bottiglia di vino per togliermelo dalla testa.
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Difetti di poco conto
ChickLitLenoir Il calcio è uno sport maschilista. È quello che diceva sempre mio padre, sostenendo che per quanto potessi essere brava o spingere il mio corpo oltre i limiti del possibile, mai e poi mai avrei destato interesse. Per tutta risposta, fin da pi...