«Cosa cazzo stai facendo, Lenoir? Lo studio per la registrazione è pronto e stanno aspettando solo te.» Andrea mi appare davanti allo schermo del computer facendomi sobbalzare.
«Il signorino è arrivato con più di un'ora di ritardo e non può aspettare neppure dieci minuti?» gli rispondo.
«Eri tu che ti stavi lamentando del suo ritardo pertanto appena gli ho messo il microfono sono corso a chiamarti.» Sbuffa emettendo un gemito troppo acuto.
Prendo le domande dalla mia scrivania per rileggerle durante il tragitto verso lo studio, ma non ci presto la giusta attenzione. Da quando stamani mattina ho baciato Rudy sulla guancia, non faccio che pensare a cosa mi sia passato per la mente. Mi sono addormentata sul divano mentre guardavamo la partita, confessato che non vado a letto con un uomo da tempo, troppo tempo e mancava solo un bacio da liceale idiota per completare l'opera di commiserazione. Ma si trattava solo di un bacio innocente, di quelli che si danno tra amici, senza alcun interesse sessuale, un uomo e una donna che hanno trascorso la serata insieme, mangiando una pizza, bevendo del vino e dormendo insieme sul divano. Ma chi voglio prendere in giro con la storiella dell'amicizia, con Rudy Hoffman ho fatto il sesso migliore della mia vita e dopo cinque anni la sua vicinanza mi eccita ancora in maniera eclatante perché è bello più di quanto dovrebbe essere legalmente permesso. Porca miseria, Rudy non è bello, è stupendo e il fatto che ne sia consapevole lo rende ancora più irresistibile. Nonostante avesse dormito seduto sul mio divano, peraltro scomodissimo, stamani sembrava appena uscito da un servizio fotografico per Men's Helth. I suoi capelli neri erano arruffati in modo raffinato e nel momento in cui le mie labbra hanno sfiorato la sua barba incolta e sofisticata, lo stomaco si è letteralmente contratto in uno spasmo di piacevole dolore. Mi sento così confusa. Ieri sera avrei voluto con tutta me stessa sentire il motivo per cui quella notte avesse scelto di andarsene, ma non ci sono riuscita. Troppa paura. Paura di sentirmi dire che per lui ero, e sono, una come le altre. Una scopata e via. Immagino cosa penserebbe Stella di questa decisione. Mi direbbe che ho le palle solo per calciare i rigori... e non avrebbe torto. Ma chi voglio prendere per il culo con la storia della sola amicizia.
Scuoto la testa cercando di concentrarmi per l'intervista, sono a pochi passi dalla porta, inspiro a pieni polmoni ed entro.
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Definiti gli ultimi dettagli per la prossima trasferta con il capo stronzo e mangiato un sandwich avanzato delle bambine mi dirigo verso la camera per cambiarmi. Tiro fuori i pantaloni neri in pelle da abbinare a una camicia senza maniche non troppo scollata. Metto qualche braccialetto ad anello in oro giallo che prontamente sfilo dal polso, appunto i capelli in uno chignon morbido, indosso le ballerine in tinta con i pantaloni, prendo la giacca e specchiandomi prima di uscire decido di sostituire le scarpe con un paio di stivaletti con il tacco. Mi passo un po' di rossetto e corro fuori nel momento in cui il taxi arriva sotto casa. Dico la destinazione e attendo più impaziente del dovuto l'arrivo al locale.
Apro la porta ed è piuttosto buio, le pareti vengono illuminate da vecchie bici coperte da lanterne natalizie, i tavolini sono tutti occupati come del resto gli sgabelli attorno al bancone. Le persone all'interno sono intente ad ascoltare una band che suona musica alternativa, quando senza alcun ritegno, Pierluigi gridando il mio nome si avvicina abbracciandomi mentre sento arrivare addosso l'odore dell'alcol.
«Cosa ci fai tu qua?» Mi afferra la mano strattonandomi in direzione di una seconda sala lievemente più illuminata della prima dove vedo Rudy. Il mio cuore smette di battere. È vestito con jeans e camicia bianca, capelli con un filo di gel spostati sulla sinistra e la barba sempre incolta e più corta di stamattina. Ma non è la sua vista a farmi ribollire il sangue, anche se è da togliere il fiato, ma la bellissima bionda in piedi tra le sue gambe che guarda ammiccante l'ultimo bottone della sua camicia.
Sorrido a Pierluigi mentre cerco di trattenere le lacrime.
«Ragazzi, guardate chi è arrivata» lui si volta, mi vede e il suo volto sbianca. Allontana subito la ragazza e io faccio a tutti un cenno con la mano per salutare.
Pierluigi mi tira al tavolino a cui, oltre ad essere seduto lui, sono appollaiati volti a me noti della squadra e non. «Lei è Lenoir, per quell'unico sfigato che ancora non la conosce. È la figlia del mister e anche se siete ubriachi non potete provarci.» Strizza l'occhio destro verso Rudy. «Altrimenti quel tedesco grosso grosso qui dietro vi stende con un cazzotto.»
«Pier, la conosciamo, sei già troppo ubriaco per continuare a parlare» dice Mattia alle mie spalle.
«Ti va di fermarti con noi?» chiede bevendo un sorso di birra, indicandomi un posto libero in mezzo alla compagnia.
Annuisco come in un'altra dimensione e anche se ho deciso di sedermi e proseguire la serata con i ragazzi tutto ciò che esce dalle loro bocche per me è incomprensibile, l'unica cosa che riesco a sentire sono gli occhi di Rudy addosso. Resto al tavolo e sorrido nel modo più falso possibile. Durante le due ore successive ignoro completamente Rudy ed ogni suo movimento. Un gruppo di ragazzi mi chiede delle foto e, quando le faccio, sono volutamente più espansiva del solito. Mi siedo vicino, cingo le loro spalle e al contrario del mio solito, permetto di avvolgermi i fianchi durante ogni scatto. Per un breve attimo volgo lo sguardo dietro e incontro quello di Rudy oltre la spalla della bambola bionda. Abbasso gli occhi, sospiro e sorrido per l'ultimo flash.
Un numero crescente di persone arriva dentro il locale dopo mezzanotte, colgo così l'occasione per dileguarmi nell'altra sala senza essere vista, chiamo un taxi con l'applicazione del cellulare e, non appena lo vedo in sosta di fronte all'ingresso esco senza guardarmi indietro. Solo all'interno dell'abitacolo buio e maleodorante, lascio scivolare una lacrima che lenta solca il mio viso, per poi cadere come un macigno sopra la borsa. Perché provo così tanto fastidio al pensiero che possa portarsi a letto quella sventola bionda? Io, ho chiesto di essere solo amici, io, ho posto delle barriere tra noi che in questo momento sento decisamente opprimenti. Vorrei sbattere la testa contro il muro per la mia stupidità. Desidero con tutta me stessa andarmene e affogare in un mare di lacrime. Merito questo.
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Difetti di poco conto
ChickLitLenoir Il calcio è uno sport maschilista. È quello che diceva sempre mio padre, sostenendo che per quanto potessi essere brava o spingere il mio corpo oltre i limiti del possibile, mai e poi mai avrei destato interesse. Per tutta risposta, fin da pi...