22. Rudy

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Sapevo che chiederle di uscire con i ragazzi era una pessima idea

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Sapevo che chiederle di uscire con i ragazzi era una pessima idea. Ho trascorso la giornata pensando ogni istante a Lenoir, ho preso in mano il telefono per annullare la cena più volte, ma non l'ho fatto. Sapevo che vedendola di nuovo non sarei stato in grado di trattenermi per nessun motivo al mondo. Sento il desiderio di seppellire le mie mani tra i suoi capelli e baciarla, cazzo. La voglio da morire ma i suoi atteggiamenti mi spiazzano, come la sua richiesta di essere solo amici e il bacio sulla guancia di stamani.

Così mi sono presentato sotto casa di Pierluigi per andare a cena e poi alle Biciclette subito dopo. I ragazzi sono un gruppo di casinisti cronici e il proprietario aveva riservato per noi un tavolo piuttosto appartato ma carino. Per non più di dieci minuti ho bevuto il mio bicchiere di vino in pace quando una bionda si è avvicinata come una gatta in calore, ho sospirato mentre tutti attorno a me commentavano invidiosi la  presunta conquista.

«Ehilà, bell'uomo.» Si sporge e mi tocca una spalla, il suo profumo estremamente dolce mi disgusta e le tette sporgono dalla scollatura in modo troppo innaturale. Le sorrido mentre si avvicina prepotentemente alle mie ginocchia. «Che bella sorpresa trovare un vero uomo in un locale pieno di bambocci.» Mi sfiora con l'indice la guancia in cui stamattina Lenoir ha stampato il suo bacio e istintivamente ritraggo il volto.

«Non credo di essere l'unico uomo del bar.» Voglio solo mettere le mani avanti prima che lei pensi ad altro, e per tutta la mezz'ora successiva ho fatto in modo che se ne andasse, ma non sono riuscito nel mio intento.

Do' un'occhiata in giro, temendo che Lenoir arrivi da un momento all'altro fraintendendo la situazione quando Pier dal nulla grida il suo nome. Istintivamente metto le mani sui fianchi alla ragazza, di cui non ricordo il nome, affinché si tolga dalle mie gambe, ma quando vedo Lenoir il mio cuore si ferma. È così bella che l'intera stanza si oscura in confronto a lei. Ed eccomi qui, dopo averla desiderata tutto il giorno, con una ragazza tra le mani. Lei non mi guarda negli occhi mentre la osservo, in tutta sincerità non lo ha mai fatto per l'intera serata e le parole di Pier sul fatto che istighi i ragazzi a non toccarla hanno fatto precipitare la situazione. Allontano la bionda con fermezza dopo il suo arrivo, cercando in qualche modo di catturare l'attenzione di Lenoir e capire se c'è davvero qualcosa tra noi, ma per tutta risposta scatta una sorta di servizio fotografico con un gruppo di ragazzi che le stavano sbavando addosso e mettono le mani dove non dovrebbero. Sono furente. Provo a parlarle ma lei sembra evitarmi, e nelle successive ore il locale si riempie di gente e la perdo di vista.

«Dov'è Lenoir?» chiedo a Pierluigi completamente ubriaco.

«Se n'è andata» risponde frettolosamente per tornare a parlare con una ragazza.

«Che vuol dire se n'è andata?» La mia voce è uscita fuori più brusca di quanto volessi.

«Come cosa vuol dire! È uscita dalla porta e credo sia andata a casa.»

Esco dal locale di corsa, guardando a destra e a sinistra per cercarla ma di lei non c'è nessuna traccia.

Proprio in quel momento, la ragazza bionda esce dalla porta d'ingresso. «Pensavo te ne stessi andando senza di me.»

Non ho voglia di frasi inutili. «Ascolta» cerco di ricordare il nome.

«Silvia.»

«Ascolta, Silvia, non succederà» le dico scuotendo la testa, «non mi interessi e non esiste un modo più dolce per potertelo far capire.»

«È Lenoir Leone, vero?» domanda, e io chiudo la bocca e la riapro più volte per negare che il mio rifiuto abbia a che fare con lei, ma non esce nulla, quindi continua: «Hai tenuto gli occhi attaccati a lei per tutto il tempo.»

«È la sorella di un mio amico» rispondo senza alcun senso logico.

«Sembra molto più di quello, bell'uomo.» E si volta per tornare dentro mentre io resto lì, convincendomi che sia giusto andare da lei il giorno seguente. Sto per varcare di nuovo la soglia quando un vuoto allo stomaco mi blocca.

Che cazzo sto facendo. Vado da lei.

Mi ritrovo a salire di corsa i gradini di casa sua. È tutto buio e non provengono rumori dall'interno. Suono il campanello una volta e aspetto con le mani sul muro. Suono ancora e questa volta qualcosa si muove all'interno, le luci si accendono, la porta si apre e il mio cuore si ferma. Ha i capelli raccolti come al mattino e indossa un paio di pantaloni neri così corti da sparire sotto la canottiera dello stesso colore.

«Rudy, cosa ci fai qui» dice accigliata.

«Devo parlarti.» Infilo le mani nelle tasche, poi le tiro fuori per afferrarla e tirarla a me. «Quella ragazza voleva abbordarmi...» farfuglio, quando, guardandola negli occhi vedo il suo sguardo del tutto inespressivo, come se quello che sto dicendo non la sfiorasse neppure. «Credimi, quando sono entrato quella si è incollata addosso.» So che sto parlando a vuoto, se mai avessi avuto un'altra possibilità, ormai sono stato cancellato dalla lista, avrà deciso, come il resto del mondo, che non valgo la pena dello sforzo. Lascio la presa come per andarmene ma decido di dirle lo stesso ciò che penso.

«Ho provato a starti alla larga, Lenoir, per un sacco di motivi... ci ho provato con tutto me stesso ma l'attrazione che provo per te è incontenibile. So di non essere alla tua altezza, sei troppo oltre le mie aspettative e cazzo, sei la figlia del mio allenatore e la sorella dell'uomo a cui sei anni fa ho detto: ti scoperei la sorella. Lo avevo già fatto e lui ha dato di matto anche solo dell'ipotesi.»

Sbarra gli occhi e spalanca la bocca, forse suo fratello non le aveva detto il contenuto della mia frase.

«Ma non ti conoscevo, Lenoir, perché se avessi saputo che la donna con cui ero andato a letto due giorni prima era la sorella di Alessandro Leone, be', non avrei né detto né fatto quelle cazzate.» Inspiro profondamente. «Ed eccomi qui a convincerti che i venti minuti di gioco trascorsi ieri pomeriggio sono stati i più entusiasmanti mai passati sul campo, che stanotte è stato unico, non abbiamo fatto niente oltre che dormire, uno a fianco dell'altra sul tuo divano, per altro scomodissimo» riprendo fiato, «ma il motivo per cui sono qui è per dirti che sono stato un emerito idiota ad andarmene quella notte di cinque anni fa, perché è stata una delle più belle di tutta la mia vita.»

Mi guarda con un'espressione scioccata.

«E dal momento in cui in sala stampa ho incrociato di nuovo il tuo sguardo ho capito l'enorme cazzata che avevo fatto.»

Non proferisce parola.

«E a distanza di cinque anni, ho disperatamente voglia di te, Lenoir. E non volevo pensassi che sarei potuto andar via dal locale con quella.» Scuoto la testa pensando solo adesso a che errore sia stato venire qui. «Questo è tutto quello che ho da dire.»

Mi giro verso le scale quando lei grida il mio nome e afferra la mia mano. Per qualche secondo aspetto a voltarmi per riuscire a prendere fiato, quando lo faccio incontro i suoi occhi verdi, belli da farmi male, e mi rendo conto che qualunque inferno io abbia passato da tutta la vita, cazzo, era solo per arrivare qui.

Difetti  di  poco  contoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora