EPILOGO . Lenoir

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5 anni dopo

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5 anni dopo

«Voglio restare a giocare con Buio,» dice Oliver, una delle mie pesti. Gli sorrido abbassandomi per prenderlo in braccio e riuscire a dare un po' di respiro al suo giocattolo preferito. «Amore, dobbiamo andare dai nonni,» gli rispondo, ma lui si china e mette il broncio. Sì, come qualcuno che conosco. Riesco ad afferrarlo di nuovo per metterlo sul seggiolino, intanto che aspetto all'auto l'arrivo di suo padre. «Rudy,» grido, «andiamo, sei pronto?»
Alzo lo sguardo verso il portone d'ingresso e vedo mio marito uscire con Tommaso tra le braccia, le manine attaccate alla sua barba mentre gli occhioni azzurri, dello stesso colore del padre e del fratello, lo guardano in estasi. I gemelli hanno solo due anni ma lo tengono entrambi in pugno e il fatto che Rudy, sia a torso nudo e la camicia che ha poggiata sulla spalla abbia un colore diverso da quella che aveva indosso prima che io uscissi, denota che Tommaso ne possa aver combinata una delle sue.
«Andiamo, piccoli,» dice lui aprendo la portiera e mettendo il secondo mostriciattolo a fianco del fratello, poi si china per soffiar loro sul collo, ridono entrambi a crepapelle. Chiude lo sportello della macchina, avvolgendomi le braccia attorno alla vita e baciandomi lentamente, scende giù fino al collo e alla spalla, gemendo quando lo allontano.
«No,» dico categorica, ma con il sorriso sulle labbra. «Ecco cosa ottieni quando porti i gemelli nel nostro letto.» Apro la portiera per salire in auto, «e non mi compri neppure mostrando i tuoi pettorali,» lo guardo mettere il broncio e subito dopo la camicia, prima di entrare anche lui in auto.
«Stavano piangendo,» risponde accendendo il motore. Inizia a guidare e guarda nello specchietto retrovisore, sorridendo ai suoi figli, che sono tali e quali a lui. Anche se li ho portati dentro di me e allattati al seno, lui è il loro campione ed entrambi lo adorano.
«Si prendono gioco di te. Quelli non erano pianti ma frignate,» gli dico.
«Ti giuro, stavano piangendo,» afferma, meno convinto di quanto dia a vedere.
Guardo fuori dal finestrino. Ci stiamo lasciando Milano alle spalle per andare nella casa in campagna dei miei genitori, l'ultima cena domenicale prima dell'inizio del campionato. Poco prima di sposarci, Rudy, ha ricevuto un'offerta dal PSG che non ha accettato, rimanendo di fatto all'Atalanta per altri cinque anni e diventando il dinosauro del calcio italiano. Ma questo velociraptor lo avrei seguito in capo al mondo e, avendo la possibilità di osservarlo in campo, anche molti novellini sono costretti a corrergli dietro. Il medesimo anno della sua conferma alla Dea ho ricevuto io stessa l'offerta lavorativa della vita o almeno così credevo fino al momento in cui sono stata chiamata dal mio capo solo dieci mesi dopo per sapere se fossi interessata o meno ad avere un programma sportivo tutto mio, prima e dopo ogni partita di campionato. Ovvia la risposta. Sono soddisfatta per essere andata oltre i cliché. Sento, finalmente, il rispetto di un mondo prevalentemente maschile: non conta io sia donna o uomo. Sono una giornalista che mette in campo la sua professionalità. Non ho sfondato nel mondo del calcio, ma con il giornalismo sportivo ho vinto il mio mondiale.

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Arriviamo nella colonica poco dopo le 19:00, dovendoci fermare più volte di quanto vorremmo con i bambini. Esco dall'auto e allungo le gambe, guardando le mie nipotine venirmi incontro urlando all'unisono "zia" così forte da far sobbalzare un elefante. Apro la portiera dell'auto mentre Rudy fa lo stesso ed entrambi prendiamo un bambino a testa. Le bacio «Dov'è vostra sorella?»

«È a telefono con il suo fidanzato, ma non dirlo a papà,» gridano prima di buttarsi nuovamente in piscina.

Rudy si avvicina perplesso. «Ho capito bene?»

Annuisco sorridendo.

«Anna farà morire di crepacuore tuo fratello, lo sai vero?» afferma serio buttandosi Oliver sopra le spalle come se fosse un pupazzo.

«E se non dovesse riuscirci lei, ci pensano loro,» dico mentre Anna, nonostante i suoi dieci anni, sta uscendo dalla scala, indossando un costume rosso fuoco, occhiali da sole, e il cellulare rigorosamente poggiato all'orecchio. Subito mi correggo. «Hai ragione amore è sufficiente Anna a stenderlo!» Alzo gli occhi al cielo mentre avvicinandomi alla casa, tutta la nostra famiglia ci viene incontro.

«Nonno,» urla Tommaso dalle mie braccia cercando di gettarsi a terra, non appena mio padre appare da dentro casa e il fratello lo imita vedendo la nonna.

«Siete diventati così grandi,» afferma mia madre seppellendo prima uno e poi l'altro di baci. Continuano in nostra direzione e ci baciano entrambi. «Ehi, figliolo, come va?» Ci sono voluti pochi mesi prima che mia madre si innamorasse di Rudy, e non appena Alessandro ha capito che lei lo aveva accettato, è stato più facile convincerlo ad ammorbidirsi.

«Quando siete tornati?» chiede mia madre intendendo dalla nostra casa in Svizzera.

«Due giorni fa,» ammetto con un velo di malinconia. È sempre un piacere andare in quella casa, adesso la viviamo in modo diverso rispetto ai primi anni, ma porta con sé così tanti ricordi, e ogni volta che chiudo la porta, un pezzo di me rimane all'interno di quelle mura in vetro e legno.

Alessandro e Stella escono da casa bisticciando come al loro solito e scommetterei che l'argomento inizia con la lettera "a". Quando ci vedono, sorridono, venendoci incontro. Alessandro prende a turno i bambini e li fa saltare in aria mentre Stella dice risoluta: «Più crescono e più assomigliano a te Rudy.» Alessandro abbassa lo sguardo sui miei figli cercando di catturare la loro attenzione.

«Assomiglierete anche a vostro padre ma ricordate di imparare a giocare a pallone dalla mamma, dallo zio o dal nonno, ok?»

«Da tutti ma non dallo zio Alessandro,» ribatte Rudy colpendo la sua spalla, «ignorate quello che ha detto, la vecchiaia l'ha colpito, si è già messo la giacca blu,» e si incammina verso il patio, con a seguito tutta la squadra.

Alessandro lo manda a quel paese mentre si mettono d'accordo per andare a correre durante la settimana successiva. Sì, di fatto mio fratello a causa di un brutto infortunio al tendine di Achille ha dovuto abbandonare la passata stagione, ma solo dopo aver alzato la Coppa Italia e aver giocato la finale di Coppa dei Campioni. Adesso indossa la giacca da dirigente, ma, quando possibile si allena con Rudy, i suoi piedi richiedono il pallone come l'aria i polmoni.

«Ma come cazzo fai ad avere questo fisico alla soglia dei quaranta.» Si lamenta Alessandro.

«Tua sorella mi mantiene giovane.» Gli fa l'occhiolino e Alessandro lo caccia lontano da sé.

«Hai intenzione di farmi vomitare?»

La serata diventa praticamente una festa visto il numero di persone all'interno della nostra famiglia e al rientro a casa, fortunatamente, i bambini dormono come due piccoli ghiri.

Appena entrati li metto nel lettino e il padre rimbocca loro le coperte dandogli il bacio della buonanotte.

«Sei stanca, principessa?» Mi passa un braccio attorno al collo e come sei anni fa, le farfalle continuano a svolazzarmi nello stomaco a ogni suo contatto. Mi volto verso di lui e penso sia la cosa migliore che mi sia capitata e in ogni caso avrei potuto desiderare. Il mio principe.

«Cos'hai in mente, amore?» chiedo, le mani intanto cercano sotto la sua maglietta.

Lui geme quando mi prende in braccio e le mie gambe lo avvolgono.

«Stavo pensando a una bella doccia.» Mi bacia il collo e mi afferra saldamente il sedere. «Ho voglia di sentirti su di me.» Chiude la porta e, appena entrati in camera accende i monitor. È il padre migliore del mondo. «Allora cosa ne pensi?»

«Mi sembra una bellissima idea, come te.» Mi sporgo verso di lui e lo bacio.

Alcune volte le teorie possono essere mal interpretate, a sette anni può capitare: pensavo di diventare una stella del calcio, invece no, l'ho incontrata. E nonostante qualche difetto di poco conto eravamo fatti l'uno per l'altra.

Difetti  di  poco  contoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora