10. Rudy

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Durante la cena è stato un tormento, mi sentivo fuori luogo, non dovevo essere lì, percepivo l'astio di Lenoir e suo fratello, non gradivano la mia presenza ma Josip ha così insistito che ho accettato solo per non sembrare il solito orso

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Durante la cena è stato un tormento, mi sentivo fuori luogo, non dovevo essere lì, percepivo l'astio di Lenoir e suo fratello, non gradivano la mia presenza ma Josip ha così insistito che ho accettato solo per non sembrare il solito orso. Per oltre tre ore l'ho guardata sottecchi scherzare con i ragazzi osservando il suo strano modo di incrociare all'inverso il medio e l'indice della mano sinistra ogni qual volta qualcuno le ponesse una domanda scomoda o imbarazzante. Ricordo benissimo quel movimento della mano quando, cinque anni fa, con la destra sorreggeva il ghiaccio sopra l'occhio.

Scuoto la testa e apro la porta della camera d'albergo, inserisco la tessera nell'apposita fessura. Si accendono le luci e con loro anche il televisore sintonizzato su un canale sportivo. Mi tolgo la camicia sciogliendo il collo e mentre attraverso la stanza sul video appare Lenoir che con un sorriso lancia la linea allo studio sparendo dalla mia vista.

Sospiro gettandomi a testa in già sul letto, spossato.

Non mi è mai importato niente se piacessi o meno a qualcuno, se il mio nome fosse associato all'aggettivo delinquente, farabutto o simile; tornavo in campo e facevo quello per cui sono nato: giocare a calcio. Me ne sbattevo. Ma quando lei mi ha fatto quella domanda in sala stampa un senso di rabbia repressa è tornato prepotentemente a galla e ho sentito bruciare l'anima. Per quale stramaledetto motivo sento il bisogno della sua approvazione, come mai quando mi guarda con i suoi occhi accusatori provo la necessità di sparire dalla sua vista? Sì, è vero, ho letteralmente tolto dai piedi di suo fratello l'occasione della carriera, la possibilità di coronare il sogno da campione mondiale, ma non ho rovinato la vita di Lenoir. Me ne sono andato, ok, ma sono certo avesse già un'esistenza fantastica oltre me. Quelle come lei hanno sempre una vita da urlo, madri premurose, padri che si preoccupano per loro e fratelli protettivi che le salvaguardano da ogni male. Io l'ho solo tolta dalle grinfie di tre brutti ceffi e fatto sesso con lei. Sono stato una parentesi della sua vita e probabilmente non ricorda neppure la notte trascorsa assieme e tutto questo astio è veramente dovuto a quello che ho fatto al fratello. Per ottenere i risultati voluti alcune volte è necessario fare delle scelte scomode, ma fondamentali. Mi sono ripetuto questa frase infinite volte, ma oggi la sento dannatamente sbagliata. Mi rigiro di scatto e colto da un raptus di rabbia incontrollato lancio una delle bottigliette d'acqua di cortesia nel cestino. Probabilmente sto impazzendo o sto reprimendo da troppo tempo i miei istinti. Devo scopare, fanculo, perché ho allontanato quella brunetta al club, si strusciava come una gatta, bastava un cenno e adesso sarei in discreta compagnia. Prendo il telefono, potrei avere una donna qui tra dieci minuti se volessi, ma la parte inconscia del cervello dice di lasciar stare e provare a dormire, quindi lo appoggio sul letto e inserisco la sveglia per le 9:00 del mattino. Domani partiamo tardi.

Sistemo il cuscino dietro di me cercando invano di trovare una posizione abbastanza comoda, ma l'unica cosa che vedo quando chiudo gli occhi sono quelli di lei al ristorante. Se quello stronzo l'avesse toccata nuovamente, anche con un dito soltanto, l'avrei distrutto e poi chissà cosa sarebbe accaduto. Già pensano sia un pazzo furioso, figuriamoci se avessi steso quel coglione, non ho proprio bisogno di tornare sulle prime pagine dei giornali per il mio gancio destro e non per il mio piede sinistro.

Prima di premere con eccessiva violenza sull'interruttore della luce mi fermo a riflettere: fanculo quel che pensa di me, ho pagato per i miei errori e mi rifiuto che il suo perbenismo spicciolo intralci i miei piani.

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Per due settimane tutto funziona alla perfezione. O meglio, durante le partite abbiamo fatto praticamente pena, ho giocato sì e no quindici minuti in due partite, il feeling in campo e fuori con Alessandro è impossibile e per finire, a causa di questo, siamo stati entrambi convocati nell'ufficio del mister dopo gli allenamenti. In tutto questo lasso di tempo lei non l'ho più vista, o meglio, non fisicamente essendo stata assegnata dalla redazione ad altre partite. Piuttosto che lei, preferisco affrontare i componenti maschili della famiglia Leone.

Cammino lungo il corridoio che mi porterà all'ufficio del mister, quando sento dietro di me dei passi, mi volto, è Alessandro, siamo diretti entrambi nel medesimo ufficio. Non mi guarda, lo ignoro e proseguo. Arrivato davanti alla porta, busso ed entro lasciando aperto per l'altro convocato che, appena entrato come me si siede in attesa della ramanzina.

Il mister ci guarda entrambi annuendo senza proferire parola, è noto per questi attimi di latente terrore prima della tempesta. Forse questi giochetti attaccano con i novellini o suo figlio, non certo con me.

Dopo cinque minuti interminabili finalmente riacquista la voce. «Siete due cazzoni.» Annuisce stropicciandosi la faccia. «Qualche giocatore gioca a pallone solo con i piedi, altri aggiungono il cervello e un vero calciatore lo diventi solo se a queste due caratteristiche unisci anche il cuore.» Si sofferma per rendere ancora più greve ciò che sta per dire. «Nessuno gioca con il cazzo come voi.»

Io e Alessandro ci guardiamo di sottecchi mentre il mister prosegue imperterrito e questa volta sembra ce l'abbia con me.

«Rudy, non m'importa una sega come ti trattavano i precedenti allenatori, non m'interessa se credevano nel tuo invincibile potenziale per sbloccare una partita» afferma, poi alza la voce. «Qui funziona diversamente, sei importante ma non fondamentale.»

Sento in sottofondo Alessandro sogghignare. Il mister si volta verso di lui. «E tu, da quando è arrivato Rudy ti stai trasformando nella sua brutta copia.»

Adesso sono io quello che gongola.

Alzando in modo smisurato il tono, aggiunge: «Non ci siamo capiti, avete più di trent'anni, non siete nei pulcini, volete comportarvi da adulti? Non mi frega un cazzo se fuori da qui vi state sulle palle! Alessandro, non mi interessa cosa ti abbia detto la sera della semifinale, mi frega ancora meno sapere il motivo per cui a cinque minuti dalla fine tu» mi indica con l'indice da lontano ma è come se mi pungesse, «con la Champions praticamente in mano hai dato un pugno all'arbitro per un rigore in quel momento insignificante!» Si indica ormai viola in volto. «Io porterò questa squadra almeno al terzo posto in classifica e ai quarti di Champions con o senza di voi.» Si tranquillizza un secondo prima di concludere. «Con voi che collaborate sarebbe più semplice, lo ammetto. Rudy, ti ho voluto in questa squadra perché ritengo che insieme ad Alessandro potreste essere un duo esplosivo, dovete solo trovare un vostro compromesso, fare metà strada ciascuno.» Ruotando la sedia dandoci le spalle conclude: «Questo è quello che penso. Le vostre azioni mi diranno cosa fare di voi. Adesso potete andare.»

Increduli e anche frastornati usciamo dall'ufficio rimanendo fermi dietro la porta chiusa.

«Tregua?» mi sussurra Alessandro senza guardarmi.

Annuisco.

«Solo per la squadra» puntualizza.

«Certo.»

Entrambi percorriamo nuovamente il corridoio verso gli spogliatoi, entriamo all'interno, prendiamo le nostre cose ed usciamo.

Un saluto cordiale prima di entrare nelle rispettive auto, oltrepassiamo il cancello uno dopo l'altro mentre ronza nella mia testa una frase che non avrei mai creduto di sentire: Rudy, ti ho voluto in questa squadra... Voluto, non obbligato.

Difetti  di  poco  contoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora