🌷- Capitolo 27.

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"Vorrei che la smettessimo di sentirci per un pó di tempo."

Questa fu la frase che Aurora si sentì spiattellare in faccia dal nulla quella sera, quella che le fece perdere più di un battito e le spezzò il fiato mentre la realizzazione piano piano la colpiva nella lunga fase di elaborazione che ne seguì inevitabilmente.
Non aveva capito male, non c'era stata nessuna interferenza, la linea tra i due telefoni non s'era interrotta come aveva per un attimo sperato, impedendole di sentire correttamente. Alessio aveva proprio espresso la volontà di non volerla più sentire per un lasso di tempo indefinito ed apparentemente per uscirsene con una richiesta del genere doveva essere completamente impazzito, questo era lo stesso identico pensiero passato per la mente di Aurora che- nel frattempo che quella frase le martellava il cervello, conficcandosi sempre di più al suo interno come un chiodo che viene inserito all'interno di un muro per poterci appendere uno stupido quadro- cercava con tutte le sue forze di non collassare inerme al suolo proprio davanti a lui.
Era uscito fuori di testa, completamente e senza alcun motivo valido, non c'era altra spiegazione plausibile. Ma non era esattamente così.

Facendo un salto temporale indietro nel tempo, tutto era iniziato quella mattina, a partire da una semplice osservazione che Alessio le aveva scritto per messaggio, un'osservazione che allo stesso tempo tempo era per lui motivo di grandi interrogativi esistenziali.

Cos'era cambiato nel loro rapporto?

Cosa l'aveva portata ad allontanarsi così tanto?
Non aveva delle risposte precise, ma da parte sua Alessio non aveva mai riflettuto così tanto su quanto la presenza effettiva di Aurora fosse veramente indispensabile per lui quanto in quei giorni lì, durante i quali stava ricevendo un trattamento del silenzio che sinceramente non comprendeva e soprattutto non meritava, o almeno lui credeva di non meritarsi, perché evidentemente Aurora era di un parere esattamente contrario.
Era frustrante per lui pensare al fatto che la ragazza che abitava i suoi pensieri tornasse a casa dopo le lezioni ed invece di contattarlo anche solo per quei soliti pochi minuti giornalieri che tendeva a dedicargli- a volte di esclusiva messagistica- preferisse leggere solamente i suoi messaggi e decidesse consapevolmente e bellamente di non rispondere ed ignorarli per un motivo a lui sconosciuto, lasciandogli un gelido e stupido visualizzato.
Non capiva cosa le avesse detto o fatto di male, o meglio- come le aveva scritto quel Martedì sera nei messaggi sopra indicati- non aveva proprio capito cosa fosse cambiato tra di loro ad essere sinceri.

Questo pensiero l'aveva portato più volte a scervellarsi ed a ripercorrere passo dopo passo gli ultimi attimi passati al telefono, a rileggere le loro ultime conversazioni, ma da li non ne aveva ricavato assolutamente nulla che potesse suggerirgli il perché di tutto quel che stava capitando.
E così ogni giorno aveva finito per ripetersi sempre uguale a quello precedente, con lui che si svegliava per la prima volta pensando ad Aurora e non alla danza, portandola con se ovunque ed in qualsiasi attività si cimentasse, danzando in sala con la sua voce nelle cuffiette e finendo per terminarla esattamente nello stesso identico modo: con lui che tornava a casa sperando di aver ricevuto finalmente una risposta, un accenno di saluto, una spiegazione. Gli sarebbe bastato in realtà anche due righe scritte o un emoji sorridente per poter dormire sereno la notte, e invece le sue paranoie finiva per portarle a letto e dormirci a malapena.
Dopo ben nove giorni passati in quel modo qualsiasi essere umano normale al posto suo avrebbe sicuramente cominciato anche un pó a perdere la pazienza di cui madre natura l'aveva così tanto generosamente donato, insieme alle speranze, ma Alessio no. Alessio continuava a sperare ed a credere fermamente che un giorno tutto quel supplizio sarebbe finito, lasciando spazio a tante grasse risate che si sarebbero fatti insieme al riguardo, lui per essere stato stupido per aver pensato che qualcosa non andasse e lei avrebbe riso di lui per essere uno scemo paranoico con quella sua risata cristallina e vivace che gli piaceva tanto e che- chiudendo gli occhi- riusciva quasi a sentire risuonare intorno a lui.
E se si ritrovava a vivere di quelle paranoie era perché Alessio vestiva i panni di un semplice ragazzo insicuro ed innamorato perso di una sua carissima amica.
Quel "Ti adoro" che le aveva scritto in uno dei suoi ultimi messaggi, la sera prima d'altronde, lo sapeva bene che era finto come i soldi del Monopoli!
O meglio, certo che l'adorava, e come avrebbe potuto essere il contrario? Ed era stato così da quando aveva visto per la prima volta nella notte buia che li circondava le stelle specchiarsi nei suoi occhi, per poi vederli illuminarsi con l'arrivo dell'alba. E da li non aveva mai smesso di pensarci.
Cavolo, detto così sembrava passata una vita da quel giorno, mentre in realtà erano solo quasi due mesi!
Però aveva smesso di volerle semplicemente bene da un pezzo.
L'adorava ancora, ma in modo nettamente diverso, ed al posto di tutti quei ti adoro con i quali le aveva intasato il telefono e strappato un sorriso nel bene e nel male li avrebbe dovuti sostituire con quei ti amo che teneva invece nascosti dentro di sé e solo per sé da non sapeva più quanto ormai.
Forse da sempre, ne era quasi convinto, anche se c'è da ammettere che fosse strano a livello di tempistiche.
Si può amare veramente così tanto e con così tanta convinzione una persona che si ha visto dal vivo una volta sola in tutta la propria vita? Io penso di si, soprattutto se si crede nel colpo di fulmine, e quello che c'era stato tra di loro poteva decisamente considerarsi tale.
E poi, per citare una frase che aveva letto da qualche parte un giorno, per lasciare un indelebile segno e non un fastidioso graffio, dipende da come hai toccato quel cuore, da come hai accarezzato quell'anima e dal valore che hai dato a quella mente.

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Straordinario ||Alessio Cavaliere||Where stories live. Discover now