Capitolo 3

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Oggi non sono riuscita a vedere Zulema perché aveva da fare.

Mi infastidisce, ovviamente, ma è normale che anche lei abbia i suoi impegni.

Quando esco dal colloquio con le maestre di Isabel mi sento particolarmente fiera di mia figlia. È vero che ha un carattere molto forte e che spesso fatica a gestire le emozioni, ma è anche una bambina che aiuta gli altri e che sa chiedere scusa quando sbaglia, mi hanno detto le sue maestre che ha un'intelligenza emotiva molto sviluppata.

Forse Simón non è stato un pessimo padre, anche se non si può cancellare il fatto che è pur sempre un papà che ha sparato a sua figlia quando lei non era ancora neanche nata.

Quando cerco di mettere in moto l'auto non si accende.

Ovviamente. Succede sempre qualcosa quando sono di fretta.

Decido di prendere l'autobus, in fondo sarà bello guardare fuori dal finestrino e non avere la responsabilità di dover guidare.

L'ospedale non è proprio vicino, ma mi godo il viaggio.

Osservo le case che, in questa zona di periferia, hanno una forma un po' strana. Sono rettangolari, ma sembrano schiacciate verso il basso e le finestre perfettamente quadrate e quasi tutte rotte conferiscono alla zona un aspetto ancora più tetro.

Però a me questo posto è sempre piaciuto, ci andavo di nascosto con mio fratello e i suoi amici e passavamo i pomeriggi qui.

Mi piaceva stare con i maschi e soprattutto con i ragazzi più grandi, mi faceva sentire più adulta. Mi sembrava di poter trasgredire per qualche ora alle regole dei miei genitori che spesso mi stavano troppo strette.

Sorrido mentre penso ai miei e a Román, mio fratello. Mi mancano da morire, ma è come se in qualche modo fossero ancora accanto a me anche se non so in che forma.

Poi l'autobus si ferma improvvisamente e il conducente dice che è rotto e che ci vorrà molto tempo prima che ne arrivi un altro.

Fantastico, dovrò andare a piedi.

Mentre passeggio in questo quartiere, rendendomi conto che forse è davvero pericoloso anche se da ragazzina non me ne accorgevo, sento due voci che parlano tra di loro in arabo. Riconosco subito quella di Zulema e mi chiedo cosa diavolo ci faccia qui.

Sta parlando con un ragazzo che avrà più o meno la mia età, abbastanza alto, con i capelli neri e la carnagione un po' scura, un ragazzo molto bello.

Ovviamente parlano solo in arabo, così io non capisco ciò che si dicono, ma decido di spiarli per vedere chi è quel tizio.

Sì, so benissimo che non si dovrebbe fare e che la fiducia è alla base di qualsiasi storia, anche di quelle non ufficiali. Ma è più forte di me, devo sapere cosa sta succedendo.

Poi realizzo che avrei preferito non saperlo, avrei preferito rimanere nella mia ignoranza con l'illusione che Zulema provasse davvero qualcosa per me.

Si stanno baciando.

Zulema, la mia Zulema, sta baciando un altro.

Ma chi voglio prendere in giro? Lei non è mai stata mia. Si è solo divertita con me, tutto qui.

Scappo via più in fretta che posso e vado all'ospedale a fare quel controllo.

Mi trovano un po' di tachicardia, ma mi dicono che probabilmente sono solo agitata.

È ovvio, sono molto agitata.

Vorrei spaccare tutto, compresa la faccia di quel ragazzo, ma alla fine non è colpa sua e nemmeno di Zulema che è sempre stata molto chiara con me. La colpa è solo mia, sono io la cretina che si è illusa.

Poi però penso che non posso essere sempre la ragazza che si piange addosso, in fondo ho dimostrato a me stessa di essere forte in tantissime occasioni.

Torno a casa, scegliendo di godermi le cose belle della mia vita.

Gioco con mia figlia e ordino due pizze per cena, che mangiamo mentre mi racconta la sua giornata. Poi giochiamo con le Barbie e con le macchinine, dato che gli interessi di Isabel sono molto vari.

Per fortuna Simón non c'è, rientra quando ho appena messo la bambina a dormire.

Ed è proprio in quel momento che crollo, mentre lui varca la soglia di casa. Cazzo.

Non voglio che mi veda così, ma non posso farci niente. L'amore mi ha distrutto un'altra volta e non posso credere di essere stata così stupida da pensare che potesse andare diversamente. Era tutto chiaro fin dall'inizio.

"Cosa succede?" mi chiede lui.

Non gli rispondo, però insiste.

"Hai litigato con il ragazzo che frequenti?"

Non voglio puntualizzare dicendogli che mi vedevo con una donna. Non importa e di certo non devo raccontare gli affari miei a lui.

Annuisco, con una lacrima che mi scende lungo il viso.

"Abbiamo chiuso..." sussurro poi.

"Posso abbracciarti?"

"No, non puoi."

"Va bene, ma forse tra noi..."

"No Simón, non ci sarà mai più niente tra noi."

"Ti ricordi com'eravamo felici insieme prima..."

"Prima? Hai ragione, ma poi ho fatto il test di gravidanza ed è cambiato tutto. Prima che quella linea diventasse blu ero una donna, la tua donna, ero un killer che uccideva per te. Prima che quella linea diventasse blu avrei potuto saltare da una moto sopra un treno in corsa per te... Ma dal momento che quella linea è diventata blu, non avrei mai più potuto fare quelle cose. Mai più. Ho scelto nostra figlia e tu hai scelto di ammazzarci, perché era quello che volevi fare. Ora puoi anche giocare a fare il padre amorevole con Isabel dato che lei è una bambina, ma con me non funziona. Lasciami in pace, devi lasciarmi in pace."

E vado in camera mia. Ho l'istinto di sbattere la porta, ma abbiamo già fatto troppo rumore con quei discorsi e la bambina sta dormendo.

Mi lascio avvolgere da un sonno profondo, mentre sogno Zulema che abbraccia quel ragazzo come vorrei che abbracciasse me.

Ma ora non lo farà, non lo farà mai più.

Revenge ~ Volume 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora