Capitolo 21

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Il fast food dove eravamo andate insieme cinque anni fa, quando ero incinta di Isabel.

Una sorta di Mc Donald's più sofisticato e con cibo palesemente più sano.

Uno dei miei posti preferiti da quando ci sono stata con Zulema.

Prendiamo due panini con hamburger.

"Io lo vorrei con la carne ben cotta, per favore." chiedo alla giovane cameriera.

"Non ti piaceva al sangue?" mi chiede Zulema che, a quanto pare, ricorda anche i piccoli dettagli di me.

"I gusti cambiano." le rispondo.

Anche se non è vero, l'unica cosa ad essere cambiata è la mia paura della toxoplasmosi.

Annuisce, non troppo convinta.

Mangiamo il nostro panino in silenzio, con il cuore che mi batte fortissimo, mentre ci guardiamo negli occhi.

"C'è per caso qualcosa che devi dirmi?"

Come ha fatto a capirlo? Questa donna mi legge dentro.

"Cosa te lo fa pensare?"

"Ti conosco."

Ha ragione, mi conosce.

Mi conosce meglio di quanto io voglia.

"E va bene."

Inspiro ed espiro, come facevo da ragazza per evitare che gli attacchi di panico di cui soffrivo mi divorassero viva.

Mi preparo a dirle che sono incinta e non so come la prenderà.

Io stessa, ogni volta che ci penso, non so come spiegarmi l'accaduto.

Simón mi ha davvero drogata? Non ne ho le prove e forse è solo una storia che racconto a me stessa per non sentirmi una cretina.

"Ragazze, anche voi qui!"

La voce di Saray mi arriva forte e chiara e non so se essere dispiaciuta per essere stata interrotta o sollevata per lo stesso motivo.
Non so se avrei avuto il coraggio di parlare con Zulema, anche se prima o poi dovrò farlo.

Vedo anche Riccia e le invitiamo a mangiare qualcosa insieme a noi.

Concludiamo la serata con le nostre amiche e mi riporta a casa. Avrei voluto passare la notte con lei, però devo tornare da Isabel.

Appena entro in casa Simón si avvicina a me e dice che ha bisogno di parlarmi.

"Riguarda Isi?"

"No, riguarda te."

"Allora non mi interessa, sono stanca."

"Ti sei fatta troppi nemici, Macarena."

"Il mio unico nemico sei tu."

"Io non sono un tuo nemico, Carlos sì."

"Carlos? Sandoval è morto."

"Non parlo di Sandoval, ma del marito di Casper. Vuole la sua vendetta."

Mi vengono in mente varie cose.

Mi sono dimenticata il vero nome di Casper.

Non è proprio il momento giusto per questo.

Come fa Simón a saperlo?

E soprattutto, Casper aveva una bambina dell'età di Isabel e se uccidessi il marito la piccola rimarrebbe orfana.

"Posso occuparmene io." propone Simón.

Mi passano molte immagini per la testa.

Quella bambina, la figlia di Casper, che ho visto in fotografia.

Isabel che mi abbraccia dicendomi che le sono mancata quando ho dormito per quattro anni e che vuole che io resti sempre con lei.

Mio figlio o mia figlia in arrivo.

La busta che ho in camera con scritto il sesso del bambino o della bambina che non ho ancora avuto il coraggio di aprire perché una parte di me crede che basti non saperlo per non affezionarsi troppo.

Il fatto che ne ho passate troppe, per colpa di persone come Casper.

Il fatto che il mio altruismo mi porterebbe solo alla tomba.

Il fatto che voglio vivere e crescere Isabel e chi arriverà.

"Va bene, occupatene tu."

"Perfetto, allora devi solo stare tranquilla."

"Posso chiederti una cosa?"

"Dimmi."

"Cosa ne sarà della bambina? Casper aveva una figlia e io non posso sopportare..."

"Faremo in modo che stia bene, magari le troveremo una famiglia più sana della sua."

"Tu cosa ne sai delle famiglie sane?"

"Starà bene, te lo prometto."

Decido di andare a dormire con mille pensieri e non convinta della mia decisione.

Però morte tua vita mia, giusto?

Non posso rischiare di farmi ammazzare, non adesso che sono incinta.

Non me ne è mai importato molto della mia vita, o perlomeno sono sempre stata spericolata e incosciente, ma con una figlia e un bambino in grembo non posso più permettermi di avere questo atteggiamento.

"Va bene."

"Potresti almeno ringraziarmi, mostrare un po' di riconoscenza nei miei confronti." mi dice Simón.

Il suo tono è velatamente minaccioso, ormai conosco quest'uomo come le mie tasche e so quando è il caso di fare attenzione.

Si avvicina a me e mi stringe una mano intorno al collo, senza farmi mancare il respiro, ma facendomi comunque male.

"Lasciami." gli dico, cercando di mantenere il sangue freddo.

"Tu mi fai diventare pazzo."

"Ti ho detto di lasciarmi."

Gli tiro un calcio nei gioielli di famiglia, facendolo piegare dal dolore. Intanto di figli ne ha già fatti due, non gli serviranno più.

E non deve permettersi di farmi del male, me ne ha già fatto abbastanza.

Mi rendo conto in un attimo che la persona più pericolosa in assoluto per me e per i miei figli è lui, anche se nell'ultimo periodo stavo iniziando a pensare il contrario.

E decido che posso farcela, che posso tenere i miei bambini al sicuro da sola.

"Se devi comportarti così lascia stare, di quella questione me ne occupo io." gli dico, prima di chiudermi in camera mia.

Tempo fa avrei pianto per una cosa del genere, ma sto diventando terribilmente fredda e razionale quando serve.

Probabilmente è colpa, o merito, di Zulema.

Lei mi ha cambiato la vita in meglio, mi ha insegnato ad essere stronza senza essere davvero stronza.

Cioè, mi ha insegnato a sopravvivere in questo mondo schifoso e a capire ciò che mi merito. Grazie a lei adesso so che non bisogna piangersi addosso, ma tirare fuori le unghie e combattere.

Domani ho una visita in ospedale, potrei approfittarne per passare a prenderla visto che anche lei sarà lì per le sue cure.

Ho bisogno di stare con la mia Zulema.

Revenge ~ Volume 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora