Capitolo 6: Alexander

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Appena incrocia con lo sguardo gli occhi di Nora mentre crollava a terra sfinita dal dolore, tutta la mia razionalità se ne andò a 'fanculo per lasciare spazio ad un'ira inspiegabile. La vista mi si annebbiò e la figura di Nora senza più conoscenza mutò nella figura di mia madre e questo fece risvegliare i miei ricordi più dolorosi.

Scesi le scale con cautela, terrorizzato dalle urla di mio padre che dopo un forte tonfo avevano lasciato spazio alle grida di disperazione di mia madre. Lei ogni volta che succedeva quell'inferno mi pregava di lasciarla sola, non voleva che io la vedessi in quello stato ma io non ce la facevo, sentirla soffrire in solitudine mi faceva troppo male e così mi accovaccia su uno scalino in modo che lei non potesse vedermi. Era a terra, gli occhi pieni di dolore erano aperti ma il suo sguardo era perso. Totalmente perso. i denti perfetti erano immersi nella carne del labbro inferiore, in modo da tenere a freno i gemiti e le grida, cosa che le stava riuscendo male. La guancia non poggiata al parquet era arrossata e tra il rossore si riusciva a distinguere la forma di una mano, proprio quella di mio padre. Le lacrime mi pizzicarono gli occhi, le grida di mia madre mi risuonavano nella testa creando dentro di me un varco, sempre più grande. Vederla così era una tortura, la tortura più letale. Mia madre era le persona che stimavo di più al mondo, non sapevo come facesse ormai da anni a sopportare tutta quella merda e tenersi sempre tutto per sé.

Mio padre tornava a casa sempre ubriaco fradicio e si sfogava sul corpo di mia madre, la picchiava, le sbraitava contro dandole colpe inesistenti, senza mai curarsi di nulla.

Ogni volta che mia madre udiva il rombo dell'auto di mio padre mi pregava di andare in camera mia, chiudere la porta a chiave e alzare il volume delle cuffiette al massimo. Mi diceva che papà la amava, che quello era il loro amore, che se sentivo gemiti non si sarebbe trattato di urla di dolore ma di ansiti sessuali o come diceva lei "cose da grandi".

Ricordare tutto ciò mi fece infuriare ancor di più, sferrai un pugno di quelli che di dolore ne provocavano e neanche poco, proprio sotto il naso del coglione che aveva mosso le sue schifo di dita dentro la mia piccola Koala. Come previsto cadde a terra nel giro di pochissimi secondi e così mi concentrai sugli altri due; al moro aspettò una ginocchiata nello stomaco, mentre per quello moro –provocatore del tutto- riservai gran parte della mia furia: senza neanche sapere come, mi ritrovai a cavalconi su di lui, i miei pugni continuavano a scontrarsi sul suo viso e pure sul suo petto, il mio corpo stava agendo ma la mia mente no, ero totalmente perso.

La scenetta finì quando avvertii delle mani che non riconobbi sulle mie spalle, che mi separarono dal corpo del moro, ormai privo di coscienza. Mentre iniziavo a riprendere il controllo della vista, diedi una sbirciata alle mani che ora mi dolevano; erano ancora serrate a pugno, le nocche sbiancate e sul dorso erano presenti alcuni tagli, dai quali colava del sangue. Vidi un uomo di fronte a me con un cellulare all'orecchio: <<pronto, abbiamo bisogno di un'ambulanza, forse due...o tre>>

Mi bastò udire queste parole per capire che neppure gli altri due erano conciati meglio del moro e in quel momento mi venne in mente Nora.

<<Nora! Dove è Nora? Come sta? Fatemela vedere!>> sbraitai contro non-so-nemmeno-io-chi mentre mi alzai con una mossa bruca. L'uomo mi indicò un punto nel parcheggio dove molta folla si era radunata a cerchio e presunsi che...porca puttana, no.... Al centro del centro si trovava Nora!

Borbottando cose impossibili da comprendere pure per me mi diressi verso la folla di persone. Spintonai bruscamente chi mi era d'intralcio e ad un certo punto mi trovai nel mezzo del centro; Nora era lì –o perlomeno il suo corpo-, sdraiata a terra, gli occhi oceano erano chiusi, la bocca semiaperta e una mano era poggiata sul fianco, lì dove non so quale tra i tre coglioni l'aveva colpita.

<<CHE CAZZO AVETE DA GUARDARE? VIA! ORA! ANDATE VIA!>> sbraitai contro tutti coloro che si erano recati lì. Alla vista di Nora la mia anima si lasciò cullare dalla depressione.

Oh non un'altra volta, pensai.

Frastornato mi diressi correndo verso un angolo esterno del locale, immerso ormai nel buio della notte. Mi sedetti poggiando la schiena contro il muro e mi strinsi con le braccia le gambe al petto. Abbassai la testa sulle ginocchia, chiusi gli occhi e rieccomi l', a soffrire in silenzio, immerso nella mia depressione fino al collo..

Persi il conto del tempo, ma dei passetti famigliari mi fecero ritornare alla dura realtà, alzai il volto e vidi mia sorella Anna dirigersi di fretta verso la mia figura vuota. In volto aveva un espressione più che preoccupata.

<<Alex! Dove eri finito? Cosa è successo?>> mentre pronunciava le sue domande il mascara prese a scivolarle sulle guance per poi andare a macchiare il maglioncino bianco che indossava. Appena incatenò i suoi occhi nei mei il suo sguardo si perse nei ricordi.

<<No Alexander! non ricaderci, ti prego!>> mi si fiondò addosso, sedendosi sule mie ginocchia prese il mio viso tra le mani piccole e delicate.

Non riuscii a risponderle, avevo perso la capacità di parlare e la mia mente era lontana, in uno spazio vuoto.

<<Su andiamo, Nora è in ospedale, dobbiamo raggiungerla subito!>> mi disse sofferente mia sorella ad un palmo dal mio viso. Quella frase mi diede una svegliata, vedendo come era messa Anna decisi di prenderla in braccio e di portarla verso la macchina. La poggiai sul sedile del passeggero, salii e accesi il motore, accellerando più del consentito verso l'ospedale.

Parcheggiai e mi diressi con fretta verso le porte scorrevoli, mi diressi verso un medico che scorsi ad un tavolino intento a sorseggiare del caffè: <<per favore, mi dica dove si trova Nora Gasler, la supplico dottore!>> lo pregai congiungendo le mani per rafforzare il concetto.

<<se vuole la porterò da lei, ma l'avverto, è in coma>> mi rispose l'uomo dopo avermi guardato confuso per svariati minuti. Si alzò dalla sedia su cui era seduto e con un cenno del capo si diresse verso un corridoio, invitandomi a seguirlo << ha picchiato la nuca cadendo e ha da subito perso i sensi>> mi informò il dottore mentre mi indicava una porta socchiusa. Entrai con cautela e la vidi, Nora era sdraiata sul letto, inerte, aveva delle flebo attaccate al braccio e una canula al naso. La pelle era più bianca del solito e l'espressione tranquilla. Era nuda, completamente nuda e al livello dell'inguine aveva un'irritazione probabilmente provocata dalle mani di quel bastardo che l'aveva toccata. Presi una sedia e la posizionai vicino al letto di Nora, poggiai i gomiti sulla sbarra del letto e chinai la testa, sofferente, perso nelle mie riflessioni. Cazzo, magari se non le avrei proposto di incamminarsi verso l'auto sola non sarebbe accaduto nulla, pensai.

<< ti prego Koala, apri gli occhi, se tu dovessi andartene ti seguirei, ho bisogno di te! Per favore svegliati!>> la supplicai svariate volte tra un borbottio e l'altro. Non seppi neppure quanto tempo passai così, poggiato al letto di Nora mentre affogavo nella mia depressione, di nuovo.

Il mattino seguente un dottore mi aveva raggiunto per avvisarmi che sarebbe stato meglio se me ne sarei tornato a casa. Gli diedi ascolto perché tanto cosa avrei potuto fare lì? Sicuramente non ero in grado di compiere miracoli.

I giorni passarono e dopo orami una settimana dall'incidente venni informato che i genitori di Nora avevano ricevuto una chiamata dall'ospedale: Nora stava dando segnali di risveglio. Non persi tempo e mi diressi impaziente verso la struttura in cui era ricoverata la mia Koala.

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