Capitolo 14: Anna

17 3 0
                                    


Avevo i nervi a fior di pelle quando feci partire l'ennesima chiamata diretta a mio fratello, ma dopo un paio di squilli partì la segreteria come tutte le altre chiamate. Roy e Kleo dormivano ancora mentre io ero seduta a terra con le lacrime a rigarmi il viso nel vano tentativo di rintracciare Alex che era magicamente sparito. Al limite della pazienza presi un post-it dalla mia borsa e scrissi un biglietto per i miei due amici riferendo loro che sarei scesa alla reception a chiedere se qualcuno avesse visto uscire mio fratello, lo appoggiai sul mio cuscino ed uscii dalla stanza. I secondi che l'ascensore ci mise per arrivare al nostro piano mi parvero infiniti e quando finalmente arrivò entrai in fretta e furia. La mia paura era quella che Alex avesse avuto una ricaduta come era spesso successo. Mio fratello aveva visto mia madre togliersi la vita con i suoi occhi, la aveva vista sofferente ogni volta che veniva picchiata da mio padre e questo in lui causava una sofferenza immensa. Ricordo che quando ero solo una ragazzina mio fratello appena udiva il rombo dell'auto di Ethan si fiondava in camera mia e mi ordinava di ascoltare della musica al massimo del volume e di chiudere la porta a chiave, io sapevo cosa succedeva ogni volta che nostro padre tornava a casa ubriaco ma non avevo il coraggio né di vedere né di sentire la disperazione di mia madre. Così Alex sin da adolescente si era sentito riversare addosso la responsabilità di tutta la famiglia, tanto che negli ultimi tre se non quattro anni mia madre era arrivata al livello di non volersi scollare dal letto e non chiudere occhio per tutta la notte, quando si chiudeva a chiave in camera e subiva le urla di mio padre che minacciava di farle cose orribili. E quando mia madre l'aveva fatta finita...Alex si era riversato addosso la colpa di averglielo permesso, era arrabbiato con l'universo intero perché nostra madre era la persona che mio fratello amava di più al mondo, ed essere abbandonati dalla persona a te più cara è una cosa devastante. Alex per punirsi aveva iniziato a cadere in un pozzo infinito di autolesionismo, torturandosi il corpo proprio con la lametta che avevo scoperto fosse quella che aveva usato mia mamma per arrivare alla sua libertà eterna.

Immersa in questi pensieri per me fatali mi diressi frettolosamente al bancone della reception: <<buongiorno, mi serve sapere urgentemente se avete visto Alexander Arment, capelli neri e carnagione chiarissima. La prego mi dica che l'ha visto...>>

<<è uscito circa un'ora fa, sembra molto nervoso e impaurito.>> mi rispose la signora da dietro il computer. La ringraziai un po' sbrigativa e mi lanciai fuori dall'hotel, per fortuna mi bastò fare qualche passo per intravedere mio fratello in un angolo buio.

Gli corsi incontro piangendo come una disperata ma lui non mi guardò nemmeno, aveva lo sguardo spento, vuoto, puntato in un punto impreciso davanti a sé, immerso in chissà quale ricordo.

<<Alex ti prego, parlami, mi hai fatto preoccupare un sacco, Alex rispondi!>> gli urlai a pochi centimetri dal viso. Quando finalmente puntò le sue gemme verdi nei miei occhi rividi il bambino che nell'angolo di camera sua piangeva con le gambe strette al torace.

<<io...io la ho rivista...>> biascicò dopo un'infinità di minuti, ed ecco che le mie paure si avverarono, come sempre d'altronde. Istintivamente gli afferrai il braccio sinistro ed alzai la manica del maglione...cazzo, l'aveva rifatto...

<<no...no Alex! Lo hai rifatto, perché prima non me ne hai parlato?! Tu...tu non hai mai smesso...vero?>> dissi tra un singhiozzo e l'altro. Faceva male, faceva fottutamente male vedere mio fratello in queste condizioni, e faceva male il fatto che volesse tenere il suo dolore tutto per sé. Dopo la morte di mia mamma, la madre di Roy mi aveva persino dato molti soldi pregandomi di usarli per far iniziare a mio fratello una terapia, ma neppure la terapia lo aveva aiutato.

<<Alexander, ti prego, vieni, andiamo a casa, ti porto da Nora, ti farà bene.>> gli proposi, lui mi afferrò la mano e si fece trascinare di nuovo all'interno della nostra camera in hotel. Una volta dentro sveglia Roy e Kleo e li implorai di sbrigarsi a preparare che saremmo partiti il prima possibile, io nel mentre portai mio fratello in bagno per medicargli le ferite.

Un'ora dopo eravamo fuori dall'hotel ad aspettare che arrivasse un meccanico che avevo appena implorato di portarmi l'auto, non avendo voglia di prendere un taxi. Dopo circa mezz'ora la mia macchina arrivò e dovetti dire che avevano fatto veramente un buon lavoro. Pagai e non mi interessò nemmeno che il costo era assurdamente alto, mio padre si meritava almeno di essere derubato di un po' dei suoi infiniti soldi. Feci salire tutti in auto compreso il frigo-bar e misi in moto. Guidi in fretta fino a casa di Nora, feci scendere Alex e lo accompagnai fino alla porta per spiegare alla mia amica il motivo della nostra visita, lei preoccupata accettò subito e abbracciò affettuosamente mio fratello, poi entrarono entrambi in casa.

<<Roy, Alex è ricaduto stamattina e a quanto pare non ha mai smesso...>> sussurrai all'amico di Alex, l'unico oltre a me e sua madre che sapesse cosa Alex aveva vissuto e viveva tutt'ora.

<<cazzo! Lo sapevo che era impossibile migliorare come lui aveva detto di aver fatto! Avrei dovuto controllarlo, porca puttana!>> mi rispose lui e nei suoi occhi ci lessi un puro dispiacere misto a comprensione.

Durante l'intero viaggio per casa di Kleo dove poi scaricai la mia amica con un saluto pigro, nessuno spicciò parola.

Una volta dopo aver parcheggiato nel viale di villa Arment implorai Roy che a sua volta mi implorò di ospitarlo, di frmì compagnia.

Ad aprirci fu la signorina Smith che mi fece spere a mio dispiacere che Ethan era in casa. sin da quando ero stata costretta ad andare ad abitare con lui non avevamo mai avuta una conversazione che non fosse a monosillabi.

<<Anna, mi spieghi che fine hai fatto?>> mi chiese non appena mi cìvide varcare la porta. L'unica cosa che stavo apprezzando di mio padre era che da quando mia madre si era tolta la vita aveva smesso di bere.

<<da nessuna parte che ti riguardi Ethan>> mi congedai trascinando con me Roy su per le scale. Una volta in camera mia chiusi a chiave la porta e mi gettai sul letto, liberando le lacrime che mi ero trattenuta durante il tragitto in macchina. Quello era un pianto di disperazione, dispiacere, rabbia e delusione al tempo stesso.

Roy mi si sedette al bordo del letto e mi accarezzò una spalla per rassicurarmi.

<<perché scarica addosso tutte le colpe che non ha?! N-non se lo merita! Nessuno dovrebbe soffrire cose come quelle che ha sofferto lui!...>> andai avanti per un bel po' ad esprimere i miei pensieri che da una vita mi tenevo dentro sotto il tocco comprensivo di Roy.

<<senti, la storia la conosco già ma se tu volessi raccontarmela nuovamente ti farebbe bene>> mi propose Roy. Mi era sempre piaciuto perché si comportava come un fratello, permettendomi di sfogarmi facendo uscire le cose mai dette e dispensando consigli maledettamente saggi.

Iniziai a parlare, parlare e parlare di tutta la merda che girava nella mia vecchia casa a New York, di come mio padre minacciava me, Alex e mia madre di non dire nulla a nessuno di ciò che faceva e di come imponeva a mia madre di restare segregata in casa per paura che le persone notando i suoi mille lividi potessero destare sospetti. E in quel momento, con Roy a rassicurarmi mentre io ero in lacrime mi ricordai di quando ero chiusa in camera mia mentre al piano inferiore si scatenava l'inferno, di quando chiamavo disperatamente Roy per implorarlo di venire in mio aiuto e di quando pochi minuti dopo bussava alla mia finestra e mi faceva sfogare tutti i pensieri letali che mi torturavano nel sapere cosa stesse succedendo tra i miei genitori.

Ma subito dopo mi venne in mete dei pomeriggi che mi infilavo di nascosto in camera di mio fratello mentre lui non c'era, mi ricordai quando nascondevo tutti gli oggetti possibili con cui mio fratello avrebbe potuto farsi del male e di come riempivo di cotone e bende il suo bagno privato, piangendo mentre svuotavo il suo cestino dai fazzoletti cosparsi di sangue che utilizzava per medicarsi.

Il tempo volò e quando finalmente mi riuscii a tranquillizzare Roy mi salutò e sparì uscendo dalla finestra, proprio come ai vecchi e terribili tempi. Un'altra cosa che mi induceva ad adorare Roy era il fatto che subito dopo che era venuto a sapere che mi sarei dovuta trasferire a Los Angeles aveva implorato sua madre di trasferirsi pure loro nello stesso quartiere di villa Arment, per paura che mio padre non avendo più a disposizione il corpo di mia madre avesse potuto sfogarmi su di me.

Immersa nei miei pensieri mi incantai di fronte alla finestra osservando il tramonto.

Forget The PastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora