Capitolo 4

198 18 5
                                    

Isabel

Stavo andando incontro alle regole, tutta l'educazione e l'essere brava ragazza erano rimaste nella mia stanza chiuse in un vecchio libro per bambine. Il cruscotto era pulitissimo, non come quello dell'auto della mamma. La cintura di sicurezza mi stringeva metà seno ed era fastidiosa. C'era uno di quegli alberelli profumati che sventolava davanti ai miei occhi. Niall stava andando parecchio veloce, all'inizio ebbi un po' di paura ma mi fidavo di lui. Mi sentivo sicura con accanto la sua presenza.
"Dove stiamo andando?" Chiesi puntando i miei occhi sulle sue braccia e successivamente sul suo viso. Dopo aver fatto uscire dalle mie labbra quel "si", Niall mi aveva portato nella sua auto; non mi aveva detto dove stavamo andando, mi aveva solo detto un "sali". Sembrava un ordine, ma ormai avevo capito come interpretare il suo tono. Eravamo passati davanti il negozio di mia madre, e mi ero chinata per non farmi vedere. Speravo vivamente che la signora Brown, che era la pettegola del paese, non mi avesse vista, altrimenti la mia reputazione e quella di mia madre poteva essere trasformata in polvere da spazzare via. La signora Brown non era solo una donna impicciona che spettegolava, riusciva a trasformare i pettegolezzi in grandi disgrazie. Quindi il fatto di avermi visto in una macchina con un ragazzo più grande di me, poteva rendermi una poco di buono.
"Voglio portarti in un posto." Mi rispose dopo secondi che parvero ore. Ascoltai i miei pensieri per troppo tempo.
Ero curiosa, ansiosa e terribilmente emozionata.

***

Fermò l'auto davanti un edificio. C'erano tante, anzi troppe finestre, avevano delle sbarre di ferro al posto delle semplici persiane. Era di un bianco sporco, forse vecchio e mai ripitturato. Non mi piaceva come posto. Scendemmo dalla macchina, mi guardava e cercava di leggermi dentro come la volta prima; ma io ero così dannatamente carica di emozioni che non credo riuscì a percepire qualcosa.
Perché mi aveva portato in un posto del genere? Non riuscivo a capire il senso, ero totalmente concentrata sulla sua figura che non mi resi conto che si stesse avvicinando a me. Mise una mano dietro la mia schiena, come ad accompagnarmi. "Rimani vicino a me" mi sussurrò nell'orecchio. Palpitazioni. Ero un battito continuo, stavo per esplodere. La sua presenza così vicina al mio corpo mi faceva impazzire.

***

Entrammo nell'edificio, uomini con un camice bianco camminavano per i corridoi altrettanto bianchi, era tutto così accecante li dentro? Odiavo il bianco, odiavo le sensazioni che emanava, mi faceva girare la testa. "Come posso aiutarla?"chiese una piccola donna più a Niall che a me. "Salve, sto cercando Marion, Marion Angel" Marion Angel, chi era? Non conoscevo nessuno con quel nome, e se fosse stata... "Sono suo figlio." Niall aveva anticipato i miei pensieri. Mi aveva portata a conoscere sua madre, ora era tutto più chiaro, le parole scritte nella lettera, la calligrafia un po' storta, questo posto e le sue parole sussurrate, "rimani vicino a me".
Ci incamminammo in quei lunghi tunnel che sembravano infiniti e tutti uguali. Ai lati c'erano porte di legno con grandi numeri incisi sopra, era tutto abbastanza fastidioso e opprimeva ogni mio pensiero e ogni mio respiro. Non riuscivo a capire che sensazione mi dava quel posto, non era paura, era un'ansia un po' particolare; se solo quel posto fosse stato un po' più colorato...
"Non potete stare più di venti minuti" ci lasciò davanti la stanza numero 76. Ero ancora vicina a Niall, ormai il mio vestito azzurro era stato impregnato del suo odore. Lo guardai per incoraggiarlo ad entrare, aveva timore. Chissà da quanto tempo non vedeva sua madre. Tolsi la sua mano poggiata sul mio fianco e la strinsi nella mia, lui osservava con i suoi occhi ghiaccio ogni mio movimento. Lo vidi alzare un angolo della bocca in un mezzo sorriso. Uno di quelli semplici che si fanno in questi posti, non puoi ridere o sorridere, in queste circostanze si fa un mezzo sorriso. Dovevo ammettere però, che non avevo mai visto un mezzo sorriso così bello in vita mia.

***

Capelli lunghi biondi, come Betty. Era minuta e sciupata in viso. Cosa aveva passato quella donna? Le nostre mani intrecciate, il suo sguardo perso verso di lei. La luce fioca della finestra faceva intravedere il suo profilo, stessi lineamenti, stesso naso morbido. Si osservavano, lei aveva capito che aveva suo figlio davanti? Certo che lo aveva riconosciuto, erano praticamente uguali, come poteva non aver capito che quello era il suo bambino?
"Niall" la voce rotta di Marion, una voce che non veniva usata ed ascoltata da molto tempo. Lasciai la sua mano, sentì un vuoto subito dopo. Sentivo di non essere più protetta al cento per cento. Lei piangeva, era debole; perché era in questo posto se era in grado di riconoscere suo figlio dopo anni e piangere di gioia? "Mamma, lei è Isabel" mi indicò, prese la mia mano di nuovo e mi avvicinò alla donna. Quel contatto, le nostre mani, brividi su tutto il mio corpo ed il cuore che cercava di esplodere. "Isabel, la figlia di August? Sei diventata così grande e bella" mi sorrideva, uno sorriso pieno di nostalgia, di malinconia. Un sorriso che era stanco di lottare per se stesso, ma avrebbe iniziato una guerra per far sì che fosse presente quello di suo figlio, sempre.
Ero decisamente confusa, perché non ricordavo queste persone? "Salve signora" Era così fragile.
Ci sedemmo sul bordo del letto, mentre Marion era rimasta sulla sua sedia. Ci osservava sempre con quel sorriso che lasciava intravedere i denti un po' ingialliti per colpa delle medicine. Nella mia mente cercavo di creare una risposta al perché lei era in questo edificio. C'entrava qualcosa la morte del padre? Ero in totale confusione. "Mi dispiace non essere mai venuto a trovarti." Marion prese le nostre mani intrecciate. "Zia Betty non ha mai voluto accompagnarmi, diceva che era un brutto posto." Betty non aveva tutti i torti, quel posto era squallido, freddo anche di giugno. Era brutto, Marion non meritava di stare li.
Ero presente nel momento in cui Niall era tornato un bambino di otto anni a cui veniva portata via la madre. Era un bambino adorabile ma ti trasmetteva anche tristezza.
Marion aveva la faccia con la risposta scritta sul viso, 'non ti preoccupare, mi basta che ora sei qui con me'. Non faceva caso a ciò che Niall diceva per giustificarsi, per lei era importante solo che lui in quel momento fosse davanti ai suoi occhi. Non importa se erano passati anni o giorni, lei era felice, Niall era lì.
Rimanemmo così, loro due a parlare ed io ad osservarli.
Passarono i venti minuti e l'infermiera venne a chiamarci per l'uscita. Io e Niall avevamo ancora le mani unite.

***

Capitano quei momenti in cui ti dimentichi di qualcosa, delle volte è qualcosa di totalmente inutile, alcune volte invece, sono cose così importanti che quando te ne ricordi vorresti fare di tutto per tornare indietro e ricordarti di quella cosa ormai dimenticata. Quella mattina, io mi ero totalmente dimenticata di mia madre. Ero uscita dal negozio in tarda mattinata e mi ritrovavo in auto con Niall a parlottare di cose stupide ma interessanti; fino a quando i miei occhi non andarono sull'orologio di Niall che aveva al polso. Erano passate tre ore e mezzo, mi aspettava una grande ramanzina. Niall mi faceva dimenticare tutto, di ogni persona intorno a noi, delle regole, delle raccomandazioni della mamma. Niall mi faceva perdere il controllo, quando stavo con lui, pensavo solo a lui.
Mi mancavano già i momenti delle nostre dita intrecciate, la sua un po' più grande e più scura.
Chiesi a Niall di riportarmi subito in paese, mi disse di stare tranquilla e che avrei certamente inventato qualcosa da dire a mia madre.

Non avevo avuto tempo per chiedere spiegazioni a Niall di Marion, ero troppo agitata di tornare subito da mia madre; si sarebbe davvero arrabbiata questa volta. "Grazie Niall, mi ha fatto molto piacere conoscere tua madre." Scesi di corsa dall'abitacolo e camminai il più svelta possibile. Ero terrorizzata, non volevo deludere la mamma.
"Isabel" mi richiamò, amavo quel suono.
"Ci vediamo domani alla casa abbandonata" non era una domanda, era un affermazione. Voleva vedermi ancora e non potevo essere più felice. Annuii con la testa e mi voltai, nascondendo un sorriso sotto i baffi, continuando la mia piccola corsa e cercando di inventare alcune scuse da dire a mia madre.

***

Aver incontrato Loren durante la metà della mattinata, per mia madre era una giustificazione abbastanza credibile. Non era arrabbiata, era solo preoccupata.
"Betty Angel, mi ha detto che qualche giorno fa sei andata a cercare suo nipote, è vero?" Mi chiese mia madre mentre tornavamo a casa. Quella Betty, era una vera pettegola. "Si, ci siamo conosciuti a scuola e in biblioteca." Mentii. Da quando avevo preso tra le mani quella lettera, ero diventata una vera bugiarda. Prima non mentivo nemmeno su ciò che mangiavo a scuola durante il pranzo; da qualche giorno mentivo praticamente su tutto a mia madre. "Non voglio che resti in contatto con quelle persone" disse secca, la voce severa. "Perché?" Eravamo a casa, quasi urlai entrando dalla porta d'ingresso. Perché? "Isabel, devi stare lontana da lui." Mi guardo negli occhi, i suoi verdi e i miei castani come quelli di papà. Avevo sempre desiderato i suoi occhi verdi. "Devi stare lontana da lui." Ripeteva prendendomi per le spalle. Cosa aveva fatto? 'Lui' intendeva Niall, non Betty. 'Lui' il ragazzo che mi aveva tenuto per mano fino a qualche ora prima. 'Lui' che aveva la voce dolce e attraente; 'Lui' che piangeva davanti alla donna che lo aveva abbandonato. 'Lui' il ragazzo che mi aveva dato appuntamento l'indomani per vederci; 'Lui' che era nei miei pensieri da giorni, 'Lui' quello un po' misterioso. 'Lui' il ragazzo che odorava di tramonto.
Mia madre mi aveva ordinato di stare lontano da lui, l'avrei fatto?
"Va bene mamma, domani posso restare a casa a leggere?"

Isabel Trust /Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora