20.

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"So che non c'è amore
restan solo poche ore
tu rimani fino a quando ce n'è."

Zulema's pov

Il tonfo assordante di una porta che viene sbattuta mi fa svegliare di scatto.
Spalanco gli occhi sobbalzando per il rumore e, come un riflesso incondizionato, infilo la mano sotto al cuscino sentendo il ferro freddo della pistola sotto i miei polpastrelli.
Si insomma, ognuno ha i suoi istinti, le sue fisse.
La mia è dormire sempre, a casa di chiunque, con una pistola a portata di mano.
Ma mentre me ne sto lì, ancora sdraiata, a cercare di cogliere un qualsiasi movimento o i passi di un intruso, un giornale tutto spiegazzato viene lanciato accanto a me sul letto facendomi sedere di scatto estraendo la pistola da sotto al cuscino.
"Ma che cazzo..." impreco confusa abbassando l'arma, mentre un mal di testa allucinante, post sbornia di ieri sera, mi fa serrare le palpebre per via del movimento troppo affrettato.
E a peggiorare la situazione una voce, incazzata come non mai, mi parla sopra facendomi ammutolire. "È su tutti i giornali Zulema. Tutti. Non si parla di altro cazzo! E non dirmi che non sei stata tu perché è successo proprio dietro al locale nel quale stavi ieri sera."
A fatica metto a fuoco la ragazza davanti a me che ha le braccia conserte e il respiro accellerato. Per non parlare dello sguardo assassino che mi sta rivolgendo.
Sospiro, da una parte sollevata che si tratti di lei. Immagino già cosa ci sia scritto sul giornale, perciò lo faccio rotolare giù dal letto con nonchalance."Grazie per la fiducia ad accusarmi subito..." mormoro trattenendo uno sbadiglio. "Saray, possiamo parlarne in un altro momento?" domando seria portandomi le ginocchia al petto.
Scuote la testa incredula ed in una frazione di secondo mi si avvicina togliendomi di mano la pistola che mi ero scordata di mettere via. "È questa. È proprio questa che dovresti usare di meno. Ma dico, ragioni prima di agire?" sbotta sedendosi stizzita al bordo del letto. "Il giorno prima della rapina, giusto per smuovere ulteriormente le acque, vero? Come se fosse ciò di cui abbiamo bisogno...."
Poso il mento sulla spalla e distolgo lo sguardo con una smorfia.
Se c'è una cosa che odio della gitana è la sua testardaggine.
Ma non posso lamentarmi.
Ieri sera ero uscita per evadere momentaneamente dalla prigione che mi sta facendo vivere Hanbal, ma mai mi sarei aspettata quello che è successo.
Ovvero di vedere proprio la bionda.
Riappare sempre nei momenti meno opportuni, giusto per ricordarmi che esiste, che non è solo frutto della mia mente e che può ancora incasinarmi la testa.
E soprattutto che, per quanto io lo neghi, non sopporto che qualcuno la tocchi.
Che qualcun'altro la tocchi.
"In realtà si. Se ci pensi questa notizia distoglierà l'attenzione da ciò che stiamo per fare." spiego scrollando le spalle, ma lei non fa altro che guardarmi ancora più incazzata come se stessi delirando.
E forse è così.
Sbuffo e gattono fino al bordo del letto raggiungendola per poterla guardare in faccia. "So quello che faccio."
"Sicura? Perché a me non sembra, Zule. Per niente. Non ha senso..." prosegue scuotendo la testa. "Perché l'hai fatto? E soprattutto..." incontra i miei occhi cercando di scavare a fondo per trovare la verità. "...chi era?"
Abbasso lo sguardo figurandomi nella mente tutta la scena che ricordo in modo fin troppo lucido.
Era notte inoltrata quando sono uscita fuori per fumarmi una sigaretta, in un angolo appartato vicino all'uscita del locale, e proprio in quell'istante ho visto ciò che non avrei mai voluto vedere: Macarena che veniva toccata da quel suo collega coglione.
Ma non è tanto il fatto che la stava toccando, quanto il come.
Perché è stata la visuale di lei che lo respingeva, che aveva paura e di lui che si nutriva di quella paura con orgoglio, a farmi perdere la testa.
A farmi scattare e poi fermare di nuovo perché Macarena non aveva bisogno del mio aiuto. Non ne aveva mai avuto bisogno perché non lo pretendeva.
Non si è accorta della mia presenza, eppure l'ho vista liberarsi di lui, correre via sul marciapiede e chiamare un taxi il più velocemente possibile.
E in quel momento un moto d'orgoglio mi ha scaldato il petto perché, nonostante il mio prenderla in giro, ho sempre saputo che non aveva bisogno di essere salvata come in una cazzo di favola. Perché non l'ha mai vissuta. Conosce il dolore e sa scrollarselo di dosso.
Ma beh...Io resto sempre io.
E nonostante non abbia alcun diritto, ne dovere, nei suoi confronti ciò non mi ha impedito di frenare la rabbia nei confronti di quel uomo.
E risolto quel piccolo disguido, alla mia maniera, mi sono presentata sotto casa di Saray a notte inoltrata per chiederle se potevo restare a dormire qui.
Rivedere Hanbal e vivere un'altra notte di inferno era l'ultima cosa che ci mancava.
Perciò non posso biasimarla se adesso, venendo a conoscenza di questa notizia, stia dando di matto.
"Qualcuno che meritava di essere messo al suo posto." È tutto ciò che dico per rispondere alla sua domanda.
"Non capisco. Cosa ha fatto di così grave da arrivare a sparargli in mezzo alle gambe?!" sbotta, non tanto per il gesto che ho compiuto essendo abituata a cose del genere, ma per il rischio di essere scoperte.
Di essere scoperte proprio il giorno in cui riprendiamo con le rapine che avevamo momentaneamente interrotto per via del matrimonio.
Un sorriso soddisfatto per la mia azione di ieri sera quasi sfugge al mio controllo, ma lo reprimo. Non è il momento.
Indispettita mi alzo dal letto con solo la biancheria intima addosso ed entro nel bagno della stanza per gli ospiti, quella in cui dormo io quando sono in questa casa, e chiaramente lei mi segue dentro.
"È un pervertito del cazzo che tocca le donne contro la loro volontà, ecco tutto." minimizzo scrollando le spalle.
Improvvisamente assume un aria preoccupata. "Zulema...Ti ha fatto qualcosa?"
Le lancio un occhiata di gelo. "Ma no cazzo. Non a me..." borbotto non volendo rivelarle di chi si tratta.
"E allora chi? Tu che cazzo c'entri? Non sei il tipo di persona che risolve le ingiustizie degli altri, a quanto ricordo." mi accusa sarcastica.
Apro rapidamente il box doccia iniziando a far scorrere l'acqua calda e, stufa del terzo grado che mi sta facendo, la verità mi sfugge incontrollata dalle labbra mentre lei continua a parlare. "Macarena, cazzo!" affermo sovrastando la sua voce.
Si zittisce all'istante e si immobilizza. "Cosa...Come sarebbe a dire Macarena?"
"Un suo collega del cazzo. Erano usciti insieme e l'ho visto molestarla fuori dal locale." racconto quel ricordo con il sangue che mi fluisce nuovamente pieno di rabbia nelle vene. "E il resto l'hai intuito."
Ancora sorpresa posa una mano sul marmo lucido del lavandino e prende un respiro profondo. "Mh, e quindi credi che vada bene?"
Mi volto con le sopracciglia aggrottate. "Cosa vuoi dire?"
"Voglio dire che non avresti mai rischiato così tanto per aiutare chiunque altro. Semplicemente non l'hai mai fatto, se non per me. E adesso per questa biondina..."
"No." esordisco frenandola subito. "Non iniziare. L'ho fatto perché ero lì, perché non sopportavo quel uomo già da prima e ho agito d'impulso. Non l'ho fatto per lei."
Scuote la testa. "E perché ti stava sul cazzo già da prima, sentiamo? Perché lavora con lei magari, perché la vede tutti i giorni e tu no?"
Prendo un respiro profondo soppesando le sue parole.
La verità è che forse si, forse in parte è anche per questo, ma non posso ammettermelo.
Sarebbe come ammettere che Macarena è un punto debole per me.
E non lo è.
"Senti, te l'ho già spiegato. Se vuoi credimi altrimenti non mi cambia un cazzo." sentenzio glaciale aspettando che esca dal bagno. "Pensa solo al fatto che c'è in giro un pezzo di merda in meno e che non potrà più infastidire nessuna. Rallegrati." fingo di sorridere. "E piuttosto..." aggiungo facendola fermare sulla soglia. "Hai preparato tutto quello che ti ho chiesto?"
Si volta appena ed annuisce.
"Bene..." mormoro mentre lei chiude la porta dietro di sé.
Sto per entrare in doccia quando l'occhio mi cade sul giornale che Saray ha lasciato sul lavandino e decido di leggere l'articolo.
Mi sono guadagnata la prima pagina.

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