Capitolo 26

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٠ tu sei un minuto di quiete in un mondo che fa troppo rumore ٠

Il sole era alto nel cielo, risplendente, e il lago davanti a noi rifletteva i raggi dorati come uno specchio increspato solo da un leggero vento. L'aria era calda, ma non opprimente, e ogni respiro sembrava carico di freschezza, di primavera, di libertà. Non potevo chiedere una giornata migliore per staccare da tutto: dal lavoro, dalle responsabilità, dai piani che ci stavano prosciugando ogni energia.

Adrian era seduto sull'erba accanto a me, un braccio appoggiato dietro la mia schiena e lo sguardo rivolto verso l'acqua. Aveva quell'aria tranquilla che tirava fuori solo in momenti come questo, quando eravamo soli e lontani dal caos della città. Eppure, sapevo che sotto la superficie di quella calma apparente c'era sempre un fuoco che ardeva, un'energia che difficilmente riusciva a trattenere.

-A cosa stai pensando?- chiesi, mordicchiando un pezzo di pane che avevamo portato per il nostro picnic. Gli occhi di Adrian si spostarono su di me, e per un istante, il sole dietro di lui lo fece sembrare quasi irreale, come se fosse parte del paesaggio.

-Che dovremmo farlo più spesso, Agapiménos- rispose con un sorriso, gettando un'occhiata al cesto ancora mezzo pieno di cibo -e che sei terribilmente competitiva quando si tratta di decidere cosa mettere nel panino perfetto-

Risi, scuotendo la testa.

-E tu sei terribilmente testardo quando si tratta di tutto il resto-

Lui alzò un sopracciglio, sfidandomi con quello sguardo che conoscevo fin troppo bene.

-Ah sì?-

Sapevo dove voleva arrivare. Quella scintilla, quel sottile gioco tra noi che non si spegneva mai. Potevamo passare da una conversazione banale a un confronto feroce in pochi secondi. E quel fuoco... lo amavo tanto quanto mi esasperava.

-Sì, Adrian. Sei il più testardo tra noi due, e lo sai- replicai, incrociando le braccia e fissandolo negli occhi. Lui scosse la testa, un mezzo sorriso che si faceva largo sul suo volto.
-Non dire sciocchezze, Lylia. Sai benissimo che sei tu quella che non molla mai, quella che mi fa infuriare come nessuno ha mai fatto, peste-

Sbuffai, fingendo di essere irritata.

-Ah, quindi ora è colpa mia se litighiamo anche quando siamo d'accordo?-

Lui si avvicinò, accorciando la distanza tra di noi, e abbassò la voce con un tono malizioso.

-Dico solo che non riesci mai ad ammettere quando ho ragione-

Mi si accese un lampo negli occhi.

-Páno apó to nekró mou sóma- dissi con un tono che sapevo avrebbe infiammato la situazione.

Adrian si alzò di scatto, allungando una mano per afferrarmi.

-Vieni qui, Makris!-

Non mi aspettavo quella reazione così veloce, e subito scattai in piedi cercando di sfuggirgli, ma il mio cuore batteva più per l'eccitazione di quel gioco che per la fuga.

-Neanche provarci, Poseidónas!» gridai, ridendo e correndo verso il lago.

Sentivo i suoi passi dietro di me, sempre più vicini. Nonostante l'apparente rilassatezza, Adrian era rapido e agile, e sapevo che presto mi avrebbe raggiunta. Ma continuai a correre, zigzagando tra gli alberi e ridendo come una bambina. I miei piedi affondavano leggermente nell'erba morbida, e il sole ci avvolgeva in un abbraccio luminoso.

Proprio quando pensavo di averlo distanziato, sentii le sue mani afferrarmi per la vita. Un urlo di sorpresa uscì dalle mie labbra mentre venivo tirata indietro. Ci ritrovammo a rotolare insieme sull'erba, le risate che ci scuotevano entrambi, finché non ci fermammo a pochi passi dall'acqua.

When the sun meets the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora