Jacopo vive a Ivrea e non se la sta passando troppo bene: ha quindici anni, due soli amici, una madre sull'orlo dell'alcolismo e un amore non corrisposto per Arianna. Non è un bel periodo, insomma. A peggiorare le cose, la cronaca locale registra l'...
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Detestavo le mattine di febbraio, erano le peggiori di tutte.
Una volta su due il bus arrivava in ritardo, quando arrivava. Io dovevo correre per arrivare a scuola in orario e puntualmente scivolavo sui gradini di fronte all'ingresso.
Le scarpe che indossavo abitualmente non erano "fighe". Erano scarpe economiche, acquistate al mercato da mia madre: il carrarmato era inesistente e le suole lisce come il lago di Viverone quando ancora ghiacciava. Se non sbaglio fu proprio in uno dei primi giorni di febbraio che Arianna mi vide capitombolare a terra davanti all'ingresso, proprio mentre stava entrando a scuola con le sue amiche. Ilarità generale, il mio sorriso imbarazzato, una battuta dei miei compagni e io che morivo dentro.
Quella mattina, in particolare, si stava rivelando peggiore delle altre. Mi ero svegliato in ritardo e, sceso in cucina, trovai mia madre a dormire sul divano. Una bottiglia vuota era sul tavolo in cucina a svelare una nottata tutt'altro che quieta. Benissimo, pensai, oggi mamma non va a lavoro e verrà licenziata.
- Mamma, alzati -
- Eh?-
- Ho detto alzati, mamma, sei in ritardo! -
Iniziai a scrollarla. Dopo un po' cominciò a muoversi e si girò verso di me. Era ancora bellissima, nonostante tutto. In verità le sue "notti brave" erano ancora episodiche, ma il rischio che diventassero la norma cresceva di giorno in giorno.
- Che c'è? .... - Accennò con il sorriso più dolce del mondo. Poi...
Corse sopra in camera a cambiarsi continuando a imprecare mentre io sotto mi preparavo il caffèlatte.
- Caffè? -
- Ma no, Jacopo, caffè... no no no la mamma è in ritardo e deve correre...Altro che caffè... -
Scese con il suo tailleur delle grandi occasioni.
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- Riunione? -
- No, ma voglio che la gente guardi l'abito e non la mia faccia -
Poi mi guardò. Lo sguardo che si infrangeva sul mio.
- Scusami caro. E' stata una nottataccia e ho alzato un po' il gomito. Scusami. Ti voglio bene. Scappo ciao -
Lei scappò proprio così, cinguettando. Tailleur perfetto, sorriso perfetto, viso sfatto. Mi ci stavo abituando. Da quando papà se ne era andato, mamma non era proprio del tutto stabile.
Dopo colazione uscii anch'io. Freddo. Freddo e ghiaccio. Freddo porco e ghiaccio cane. Mentre camminavo sul marciapiede per raggiungere la fermata del bus, sentii la corsa tipica di Andrea dietro di me.
- Jac, Jaaaac porcaputtana aspettami -
- Non sto correndo, Andre -
- Jac, Jac, Jac, cazzo, hai sentito? -
- No, sono appena uscito, un casino, lascia stare, sentito nulla. Cosa? -
Mi fermai mentre il fiato mi moriva in gola. La fermata era a pochi passi e Il bus stava arrivando ma io non potei far altro che fermarmi e fissare Andrea negli occhi.
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- Dove? -
- Su a Masino, Jac. Morta, secca, ammazzata. -
Pensai alle foto di Gloria Sensi sul giornale e a quello sguardo così dolce.
- No, cazzo. No... -
Corremmo a prendere il bus. Andrea sempre un po' più lento per via della pancia. Sul bus non si parlava d'altro. Ci avvicinammo a Beppe e ci salutammo come al solito, da veri duri, tosti come il marmo.
- Hey - Hey - Hey -
Silenzio. Poi Beppe.
- Che merda di mondo. -
- Lascia stare ci sono rimasto. -
- Jac, mio padre dice che l'hanno tagliata a metà. Per lungo. -
Beppe guardò Andrea con uno sguardo minaccioso.
- Ma che cazzo dici... In verticale? Ma come si può fare. Squartata! Come gli altri due... -
- Fatela finita, per favore. Finitela! E' morta. L'hanno ammazzata. Basta. -
Calò il silenzio. Io guardai Arianna.
- Che schifo, Ari. Io... è uno schifo.-
Lei mi guardò poi si asciugò le lacrime.
- Sì, proprio uno schifo. -
E poi andò in fondo al bus con le sue amiche. Avrei dovuto consolarla, comprenderla, abbracciarla e dirle un sacco di cose carine. Invece mi era uscito solo uno schifo. Perché era proprio ciò che pensavo in quel momento. Fa tutto schifo.