Capitolo Dodicesimo: Il colpo di coda dell'inverno

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Eravamo ormai arrivati ai primi di marzo, ma il freddo non voleva proprio saperne di scendere. Anzi: proprio per quel weekend il servizio meteorologico aveva emesso un allerta per "nevicate anche di forte intensità su zone alpine, prealpine e parte della pianura padana". C'eravamo dentro in pieno, insomma. Il mattino del venerdì era tutto sereno, ma i cubetti di porfido della pavimentazione stradale di Ivrea erano ghiacciati e le automobili slittavano che era una meraviglia. Mia madre aveva deciso di portarmi a scuola in macchina: anche lei era impaurita, pur non sapendo esattamente cosa fosse successo.

- La casa distrutta! Distrutta! E non hanno portato via nulla. A me 'sta faccenda non piace, ma non mi piace proprio per nulla. Prima i due morti... gli sbandati, intendo... la prostituta e il drogato. Poi quella povera ragazza assassinata, il tuo compagno Giorgio che si suicida e adesso dei teppistelli tossici di merda (non ripetere, Jacopo) che ci devastano l'appartamento. Ma cosa pensavano di trovare, mi chiedo io, cosa? Il tesoro dei pirati? Ma non hanno visto dove viviamo? Le signore che vengono oggi ad aiutarmi a mettere a posto mi prendono cento euro. Oltre a tutti i soprammobili che devo buttare nell'indifferenziato. -

- Secondo me potrebbero, ecco, aver sbagliato. -

- Eh no caro mio, questi secondo me non hanno sbagliato proprio nulla, questa è la verità. Questi volevano distruggerci la casa. Cercavano i soldi per la droga, ma erano talmente fatti che non li hanno trovati! Ma pensa te Jacopo, che sfiga. I ladri tossici imbranati abbiamo imbroccato. Ah, ma fa bene zia Teresa a lasciare cento euro all'ingresso. Almeno arrivano, entrano, prendono i soldi e spariscono senza fare i danni che hanno fatto a noi. -

- Beh, magari cercavano qualcosa...-

- Un modo per farmi impazzire del tutto, ecco cosa cercavano. Dai, scendi che siamo arrivati... Oh mi raccomando non farmi degli scherzi anche tu che qui do' di matto... Bacio. -

- Bacio. Ciao mamma. -

Non potevo raccontare a mamma del quaderno per moltissime ragioni. Una è che non mi avrebbe mai creduto, o meglio si sarebbe messa a ridere della mia ingenuità. Un'altra è che non volevo terrorizzarla ulteriormente. Non proprio in quel momento che aveva smesso di bere. I mesi precedenti erano stati molto, come dire?, complicati. Mia madre aveva iniziato dal vino a tavola, un bicchiere più del solito. Poi un calice prima di cena. Poi, per non farsi vedere da me, aveva iniziato a bere la notte quando io ero già a dormire. Con Paolo le cose sembravano andare meglio. Ero immerso in quei pensieri quando vidi un'ombra allungarsi sui cubetti gelati. Mi girai di scatto.

- Buongiorno Piccoli, come andiamo? -

Non risposi mentre il commissario Galante mi sorrideva da sotto i suoi curatissimi baffetti.

- Finalmente la incontro, confesso che l'aspettavo, sa? Venga sediamoci su questa panchina. -

- Forse non dovrei. -

- Ma no, ma no venga qui, mica la mangio no? Ecco si segga qui vicino a me. -

Mi sedetti e attesi. Il commissario si accese una sigaretta sempre sorridendo e poi mi porse il pacchetto alzando le sopracciglia. Io feci cenno di no con la testa. Rimise il pacchetto in tasca e si chiuse meglio il cappotto, di cashmere credo, quindi si fece una tirata di fumo dalla sigaretta per poi espirare soddisfatto. Aveva i capelli brizzolati pieni di gel, probabilmente piaceva alle donne. Era asciutto, mascella larga, penso palestrato.

- Freddino, vero? -

- Sì un po'. -

- Un po'... - fece eco

Ancora un silenzio contemplativo sempre sorridendo.

- Lo sa cosa non mi piace del mio lavoro? -

- No, commissario. -

- Non mi piace avere a che fare con i bugiardi. -

Silenzio.

- Per esempio, quelli che mi dicono di non aver più visto una persona e poi invece quella persona l'hanno vista. Cose di questo genere. Mi capita di continuo. -

Silenzio.

- Poniamo il caso, tanto per fare un esempio, che nel luogo preciso del ritrovamento del cadavere del suo amico Giorgio Bendini sia stato trovato un cellulare. Rotto. Anzi schiacciato. E che dalla SIM sia saltato fuori che questo cellulare appartiene a lei. Se fosse al mio posto, cosa penserebbe? -

Mi mancava l'aria. Non sapevo cosa dire.

- Io... io... non so... io l'ho perso... -

- Vede: la difficoltà probatoria è che il cellulare è stato trovato solo l'altro giorno. E visto che i miei agenti avevano perquisito l'area il giorno del ritrovamento di Bendini e non l'avevano visto, cosa per cui sono stati pesantemente redarguiti, per farla breve, non è una prova, non prova nulla... Così va il mondo. -

Sorrideva ancora. Un tiro dalla sigaretta. Poi il sorriso sparì e si girò verso di me.

- Ma noi sappiamo come sono andate le cose, vero? -

Avvicinò il suo viso al mio orecchio, io guardavo davanti a me cercando di rimanere impassibile. Sottovoce:

- Io ti inchiodo, piccolo pezzo di merda. Me ne frego se hai quindici anni. Io non so cosa cazzo avete combinato te e i tuoi amici a Bendini, ma ti inchiodo. Perchè a me non mi prendi per il culo, Jacopo Piccoli del cazzo. E' chiaro?

Si alzò, spolverò il cappotto da invisibili granelli di polvere e si incamminò lentamente verso una Giulietta parcheggiata poco lontano, lasciandomi tremante al gelo di una delle mattine più fredde dell'anno.

IL BUIO INTORNO ALLA LUNA di Mau TrifibaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora