Capitolo Undicesimo: One tree hill

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- Ricomincia da capo... -

- Entra questo tizio, spegne la luce ed inizia a chiedermi "Dov'è?" -

Stavamo salendo le scale che portavano alla nostra aula e ci guardavamo intorno come se fossimo due ossessi.

Era lì!

Nella scuola, nella palestra, nel bagno dove stavo pisciando. Era lì e poteva arrivare dappertutto. Poteva essere dovunque e poteva essere chiunque.

- Cosa voleva? -

- Poteva volere solo una cosa. Il quaderno! -

- Fermati un attimo! -

Ci fermammo prima di entrare in aula. Ancora quel tono da cospiratori e lo sguardo a cercare intorno a noi qualcuno che avesse un'aria sospetta.

- Non funziona, Jacopo. -

Avevo il fiatone. Anche lei. Eravamo due ragazzini spaventati a morte.

-Perché? -

- Perché finora abbiamo sempre pensato che chi ha preso il quaderno fosse la stessa persona che ha portato via Gloria. Ha preso il quaderno perché si è sentito minacciato. Così pensavamo... -

- ... e se adesso qualcuno chiede "Dov'è"? Oh cazzo... -

- Chi ti ha fatto la domanda pensa che ce l'hai tu. E non sa che qualcuno l'ha preso all'insaputa dell'altro. Vuol dire che sono almeno in due a conoscere il contenuto del quaderno. E uno dei due potrebbe essere un assassino. -

Era l'intervallo. Entrammo nell'aula vuota e ci sedemmo sul primo banco vicino alla cattedra. Era tutto vero, ciò che diceva. Nell'agitazione non ci avevo pensato. Arianna si alzò in piedi quasi subito.

- Hai paura? - le chiesi

- Sì. Se ti azzardi ad abbracciarmi ti spezzo un ginocchio. -

- Ma figurati. - Era proprio quello che volevo fare invece.

- Cosa facciamo? - chiese lei.

- Dobbiamo avvertire Andre e Beppe. Potrebbero fare strani incontri anche loro.

Erano in sosta davanti al distributore di merendine. Li prendemmo da parte e li mettemmo a conoscenza degli avvenimenti.

- Nel cesso del pianterreno? Proprio nel cesso? -

- Eh sì Andre... -

- Jac, sai cosa significa, vero? -

- Sì Beppe. Io e Ari ci abbiamo ragionato un po' sopra. -

- Ma nel cesso al pianterreno? Proprio in quello? Io vado lì a far la pipì tutti i giorni. -

- Andre, poteva essere in ogni luogo qui a scuola. L'occasione ha fatto in modo che mi trovassi lì. -

- Aspe, aspe, aspe. Ciò vuol dire che ti osservava... -

Ottima intuizione. In gruppo si ragiona meglio. Ognuno tira fuori le proprie idee. Brainstorming, o qualcosa del genere.

- Vero, Beppe. Ari, chi c'era in palestra? -

- Jacopo, eravamo tutti lì, mancavi solo tu. -

- Ma hai visto qualcun altro? -

- No, però in palestra ti possono vedere tutti dalle vetrate, dai. Poi fanno il giro dall'ingresso alle aule e arrivano in bagno in un secondo. -

- Cioè, il cesso al pianterreno. Proprio lì. Il posto più sicuro di tutta la scuola. Ma vi rendete conto? - esclamò Andre sotto shock.

Silenzio. Cercammo di ragionare sul da farsi. Sicuramente non avevamo il controllo della situazione. Per contro sembrava che gli "assassini", chiamiamoli così, non avessero ben chiara la successione degli avvenimenti. Vedemmo avvicinarsi Steven e Gruccia, due del gruppo dei Crucchi. I Crucchi si chiamavano così perchè erano un po' filo nazi. Rasati quasi a zero, il poco rimasto biondo ossigenato. Tranne il Parini che era il boss, ovviamente. Lui poteva permettersi di rimanere moro con i capelli lunghi. Steven e Gruccia erano invece la quintessenza dell'allineamento alla "fede". Perfetti nella loro acconciatura: rasati totalmente da parte, ciuffo in mezzo.

- Ma guarda chi c'è qui. Lo riconosci Gruccia? -

- Massì è quel codardo che l'altro giorno ha dato un cazzotto in faccia a Parini. Da vigliacco, a tradimento. -

- Ragazzi, non vogliamo guai. - intervenne Beppe.

- Zitto, merda. E questa chi è? -

- Piantatela. - dissi. Arianna mi fece segno di no.

- Steven, non la riconosci? E' la ragazza di Parini. Guarda come si fila questi bambocci. Il gatto non c'è... -

- Non sono la ragazza di nessuno. -

Fecero entrambi una faccia stupita. Grotteschi nella loro totale ridicolaggine.

- Ma non mi dire. Eh, troietta, allora hai deciso di passare dalla parte del nemico? -

- Sì, hai deciso che i veri uomini non ti piacciono? Ti metti con i ratti, quelli che si nascondono dietro ai professori e al preside. -

Arianna rimase impassibile. Feci per parlare ma mi fece di nuovo segno di no.

- Andiamo via. Tra poco si ricomincia. - disse alla fine.

Ce ne andammo tutti quanti. I due rimasero lì a sorridere come due faine.

- Andate ragazzi. Andate. Per il momento va bene così. Poi vedremo. -

Dovetti dirlo. Non riuscivo a capire come Arianna possa avere anche solo avvicinato uno come Parini.

- Ti eri messa proprio con un bel tipo... - sibilai a Ari.

- Fatti gli affari tuoi. - ricevetti in risposta. Ben mi stava.

Il resto della mattinata procedette senza alcuna novità. Al ritorno da scuola nessuno aveva molta voglia di parlare. Ognuno era perso nei propri pensieri e non riuscimmo a formulare alcuna ipotesi. Arianna sembrava furiosa, oltretutto. Forse avrei fatto meglio a tacere. Scendemmo dal bus e io mi recai in quella che sarebbe stata la mia prigione per tutto il weekend. Davanti all'ingresso tirai fuori le chiavi. Mia madre era al lavoro e mi aveva sicuramente lasciato qualcosa per pranzo in frigo. Avevo una fame da lupi. Infilai la chiave nella toppa. La porta si aprì senza che io girassi la chiave. Rimasi un buon minuto e mezzo fermo davanti all'ingresso aperto, poi mi decisi ad entrare. Andai avanti lungo il corridoio in ingresso. L'impianto stereo era acceso a tutto volume, acceso probabilmente per coprire i rumori. I vicini avrebbero pensato che fossi a casa visto che mi avevano visto nei giorni precedenti. Bono Vox urlava a squarciagola che qualcuno correva come un fiume verso il mare. Arrivai in soggiorno. Sembrava che qualcuno l'avesse scosso come una busta di popcorn appena scoppiati per mescolare il sale. Non c'era più un solo soprammobile al suo posto. Mi avvicinai al telefono e feci un numero.

- Pronto mamma? Devi venire a casa... -

Finita la telefonata scappai fuori casa e attesi in strada davanti all'ingresso.

IL BUIO INTORNO ALLA LUNA di Mau TrifibaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora