Capitolo 8.

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#SCARLETT

"Che stai facendo?"
Oh, perfetto. Harry arrivava nel momento giusto.
Misi il tappo al pennarello indelebile nero e lo appoggiai sul tavolo, sistemando poi il tabellone proprio davanti al riccio, che intanto aveva preso posto sul divano, stropicciandosi un occhio con il dorso della mano.
Aveva i ricci ancora arruffati dalla dormita, gli occhi lucidi e le labbra secche, segno che ancora non aveva fatto colazione. Constatando che l'orologio segnava solo le otto del mattino, dovevo immaginare che Nick non aveva fatto dormire di nuovo il povero Harry.
Già, povero lui: Nick, a differenza della sorella, la notte preferiva stare sveglio. Voleva raccontate le favole, voleva giocare, colorare. Insomma, voleva fare tutto, tranne che dormire. Ed Harry era costretto a tenerlo sott'occhio vigile, perchè erano molte le volte che si cacciava in qualche pasticcio, rischiando di far crollare la casa letteralmente.
Avevamo pensato anche di scambiarceli per almeno una notte, ma dopo che il piccolo Nick aveva cominciato a palparmi da tutte le parti, ognuno era ritornato dal tutore scelto all'inizio.
Non che Maya fosse più tranquilla, eh: di solito, nella notte mentre dormiva, parlava, si addormentava molto tardi e la mattina, per mia fortuna, era sempre l'ultima ad alzarsi.
In quanto il mangiare, nessuno dei due era viziato: mangiavano tutto, sia cibi buoni, che quelli bruciati. Harry la sera prima aveva perso contro la sottoscritta ad un'eccitante partita a briscola, dove i due bambini ci incitavano l'un l'altro. E aveva perso.
Ovviamente volevo riposarmi un po' da tutti i pranzi e tutte le cene che fin ora avevo preparato. Se sapevo prima di rischiare un intossicazione, non avrei mai dato ad Harry un simile impegno. La cucina non faceva per lui, per niente!
Ma almeno aiutava molto a tenere ordinata la casa: lo ricordavo diversamente. Camera sua era sempre una fogna, e non intendevo solo per la puzza che si sentiva quando varcavi la porta. Una volta mi ero portata i compiti da fare a casa sua, come ero solita fare, e mi era cascata una matita sotto il letto. Alla fine avevo dovuto lottare contro un piatto di maccheroni al formaggio per riaverla indietro. O era una lasagna andata a male?
Beh, comunque, adesso Harry era più ordinato: lavava i piatti che usavamo e li asciugava pure; portava puntualmente i vestiti nella cesta dei panni sporchi e il suo bagno era sempre ordinato. Il giorno prima ero entrata per lavare Nick, dopo una bella rotolata nella sabbia del loro piccolo parchetto installato vicino la piscina, di lato all'altalena e allo scivolo, e mi ero ricreduta sull'essermi trovata in casa con una scimmia come me.
E profumava anche tanto, per intenderci.
"Scar? Un gatto ti ha mangiato la lingua? C'è un gatto in giro per casa? Io adoro i gatti..."
Risi appena alle parole di Harry, riprendendomi dopo aver rivisto i miei ultimi tre giorni in una specie di flashback mentale.
Sfogliai il grande cartellone che mi ero gentilmente fatta procurare da Oliver e con professionalità cominciai a spiegare i numeri e i segni che avevo colorato sopra.
"Questo è il calendario delle manzioni." dissi in tono eccittato, battendo una mano sul cartello e facendolo di conseguenza cascare a terra.
Con sottofondo le risate di Harry, impiacciata com'ero, sollevai il cartellone e, a modo mio, provai a sistemarlo come meglio potevo.
"Harry, non ridere." lo richiamai come una maestrina.
Lui si mise dritto con la schiena sul divano, e sbadigliando ancora una volta, mi prestò completamente attenzione.
"Facendola breve, qui ci sono i giorni in cui tu devi lavare Nick o Maya, quando devi passare l'aspirapolvere, quando devi portare fuori l'immondizia..."
"Non esiste il maggiordomo per questo?" mi interruppe d'improvviso lui, piegando i gomiti sulle ginocchia e guardandomi con la fronte aggrottata.
"Gli ho dato qualche giorno libero." dissi tranquillamente, seguendo i quadretti che avevo disegnato con un righello e beandomi del mio buon lavoro.
"Cosa?" sbraitò Harry, attirando la mia attenzione.
Cosa, cosa?
"Perchè mai l'avresti fatto? Quell'uomo era indispensabile per noi!" continuò poi, facendomi alzare lo sguardo al cielo e sbuffare.
"Oh, andiamo, non ti ricordi nemmeno il suo nome e lo chiami come prima ti viene in mente." lo rimproverai, restando sulle mie.
"Owen, Orwal, Oliver... Fa lo stesso! Resta il fatto che adesso non abbiamo più un maggiordomo per colpa tua." si alzò, indicandomi minaccioso.
Eravamo vicinissimi, riuscivo perfino a sentire il suo dopobarba dall'odore forte a quella distanza. Che poi, dopobarba? Sul serio? L'uomo che non ha nessun pelo, usa un dopobarba? Perchè mai dovrebbe farlo? E come se una bambina senza le tette usasse un reggiseno. Sarebbe inutile!
"Mica aiutava tanto." insistetti a modo mio, ritrovandomi a deglutire quando lui aguzzò ancor di più la vista.
"Ah no, a me chi lavava i vestiti?" chiese retorico.
Alzai le spalle "La lavatrice?" provai.
Il suo labbro si curvò in un mezzo sorriso; ma alla fine non me la diede vinta.
Notai le sue narici diladarsi un pochino e alla fine chiuse gli occhi. Lo guardai attentamente: forse qualche peletto sul mento l'aveva davvero.
"Sei sempre la solita."
La voce roca del ragazzo mi riportò alla realtà, costringendomi a fare un passo all'indietro, urtando contro la mia opera d'arte e facendomi cadere rovinosamente su di essa.
Rise di nuovo.
"Dammi una mano invece di prendermi in giro." lo ammonii, allungando una mano e aspettando che mi aiutasse. Mi misi in piedi e lo guardai confusa.
"Allora... Che si fa?"
Il danno ormai era fatto, Oliver era tornato dalla sua famiglia in Florida e...
"Lavatrice a gettoni!" urlò fiducioso, voltandomi poi le spalle e sparendo dalla mia vista.
Ma lo sapeva che comunque gli abiti doveva infarli lui nella lavatrice?

Una superstar per casa. || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora