#SCARLETT
La casa di Tom non era particolarmente grande o troppo accessoriata: era una villetta di due piani che si divideva in una camera da letto, uno studio di fotografia, due bagni e una sala non troppo grande che fungeva anche da cucina. Sulla parte destra, all'esterno, c'era anche un piccolo garage che nascondeva la sua auto. Il giardino sul retro non era ben curato, ma quella sera Tom mi aveva detto che non amava ingaggiare un giardiniere mentre lui non era in Inghilterra.
Entrai nel bagno del piano inferiore, spogliandomi dei vestiti che Tom mi aveva prestato per passare la notte sul suo divano schifosamente scomodo. Ma non potevo lamentarmi, già era tanto se non mi aveva lasciato per strada o in qualche insulso hotel.
Mi sciacquai il viso con dell'acqua fredda e mi aggiustai i capelli come meglio potevo. Sistemai la maglia a maniche corte nera e il pantaloncino da basket, che Tom mi aveva prestato, su un mobile del bagno e finii di allacciare le scarpe prima di uscire dalla stanza per entrare in cucina, dove ci trovai il padrone di casa alle prese con i fornelli.
"Buongiorno." lo salutai.
Il ragazzo si voltò appena nella mia direzione, sbadigliando e scusandosi subito dopo per il suo insolito aspetto. In realtà non ci avevo fatto per niente caso che indossava un pantaloncino e una canotta. L'avevo guardato meglio solo dopo avermi fatto accorgere del suo aspetto mattutino, come i capelli arruffatti e malconci.
Le braccia erano ricoperte di tatuaggi, forse ne aveva molti di più di quelli di Harry. Solo al pensiero del confronto, spostai lo sguardo sul mio cellulare completamente privo di messaggi. Dovevo ricordarmi del maledetto fuso orario e non dare più la colpa al povero riccio, che di sicuro al momento era nel meglio dei sogni.
Tom mi risvegliò dai miei pensieri poggiando sul tavolo parecchia roba; mi spiegò velocemente che lui si cibava così ogni singola mattina quando aveva alzato lo sguardo assonnato e si era reso conto del mio, sbalordito: caffè, latte, succo, fette biscottare, pane, toast, marmellate e tanta altra roba; nemmeno in un hotel servivano così tanto cibo.
Lo ringraziai con un sorriso timido, mentre mi preparai solamente una fetta di pane con marmellata alle ciliegie.
Mi mancava di già Harry, ma sapevo che al momento non dovevo mandargli messaggi o, peggio, chiamarlo. L'avrei fatto solo preoccupare, e davvero quella non era mia intenzione.
"Comunque, dov'è lo studio della tua agenzia?" mi risvegliò ancora una volta dai miei pensieri Tom. Sembrava quasi che sapesse ogni volta quando pensavo ad Harry e lui si sentiva in obbligo ti tirarmi fuori, quasi per non farmi rattristare.
Provai a ricordare il nome della via e poi spostai lo sguardo sull'orologio appeso al muro. Già le dieci?
Ok che quella notte non ero riuscita a prendere sonno; ma davvero avevo dormito così tanto?
"Problemi?" mi chiese poi, quando si accorse che mi ero immobilizzata sul posto.
"No, è che è un po' tardino e non so nemmeno come ci si arriva da qui." spiegai il mio dilemma.
Già mi era stato difficile memorizzare il nome della via per poterci arrivare dalla mia vecchia casa: dritto fino al terzo incrocio, poi giravo a destra, seguivo la sfilza di case rigorosamente rosa e alla fine arrivavo davanti la palazzina grigia con su sopra un tabellone dove c'era inciso il nome del locale, l'agenzia di modelle.
Tom spostò lo sguardo verso il giardino, poi tornò a fissarmi.
"Senti, io avrei della roba da sistemare per quanto riguarda il mio studio..."
"No, tranquillo, non avevo intenzione di chiederti altri favori. Anzi, non so nemmeno come ringraziarti per tutto quello che stai facendo per me." lo interruppi bruscamente, quasi urtando la scatola dei cereali al cioccolato.
Solo in quel secondo mi accorsi che erano gli stessi che Harry amava mangiare la mattina; avevo scoperto che, quando eravamo a casa di Mad, la mattina non usava bere bevande calde, ma solo un succo d'arancia o qualche bicchiere d'acqua, poi affondava la mano nella scatole dei cereali al cioccolato e non smetteva più di mangiarli fin quando non glielo strappavo di mano.
Era incredibile come in così poco tempo quanto avevo imparato di lui: nonostante sentisse caldo, usciva sempre con dei jeans scuri e delle scarpe chiuse; quando era in piscina, prima di tuffarsi, amava sdraiarsi a prendere un po' di sole; quando si doveva fare la doccia o doveva andare a letto, aveva il vizio di sistemarsi la roba un po' prima sul mobile della camera. Lui era strano, ma io il doppio di lui se l'avevo studiato così attentamente.
La risata di Tom mi fece incuriosire.
"No, tranquilla. Ti ho già detto che non devi ringraziarmi per niente, sei una mia amica, almeno credo, e io tratto i miei amici così." mi sorrise amabilmente.
Eravamo amici? Non che ci conoscessimo da una vita, ma quel poco tempo che avevamo passato insieme tra la festa, il servizio nel suo studio e il volo aereo, mi aveva fatto provare una certa simpatia nei suoi confronti. Non eravamo amici, ma nemmeno sconosciuti.
"E comunque... Io volevo sapere la via solo per capire se fosse vicino il mio studio o giù di lì."
Oh. Rimasi in silenzio per qualche secondo.
Ricordai velocemente la via e gliela dissi.
Tom aggrottò la fronte, poi sorrise e alzò un dito al cielo.
"Ho capito dov'è! E non è nemmeno lontano dalla strada che dovrei prendere io."
O quel giorno la fortuna girava dalla mia parte, o Tom aveva mentito riguardo il suo studio e c'era sotto qualcos'altro. Non potevo credere che stavano succedendo tutte quelle cose in una volta.
Guardai nuovamente l'orologio e decisi che era l'ora di muovere le chiappe.
"Vatti a sistemare che qui ripulisco io." almeno questo doveva concedermelo.
Annuì senza ribattere e sparì per le scale. In poco tempo sistemai la cucina, presi la mia borsa e notai scendere dalle scale Tom, stavolta con i capelli tirati su con un po' di gel e i vestiti non più stropicciati.
Chiuse la porta alle nostre spalle e aprì il garage; uscì in retromarcia un'auto nera -di cui non avrei mai riconosciuto la marca- e presi posto al sedile del passeggero, al suo fianco.
I minuti a venire passarono in silenzio, almeno finchè non decise di accendere la radio e spezzare quell'aria imbarazzante che si era creata nell'abitacolo.
"E si continua con la questione Harry Styles e la festa clandestina!" urlò quello della radio, portandomi ad alzare gli occhi al cielo. Credevo che lasciando l'America avessi lasciato lì la questione della festa e del motivo per cui ero dovuta ritornare nella mia terra.
"Sì, ma adesso sappiamo tutta la verità." spostai lo sguardo su Tom che decise di alzare il volume man mano ci immettevamo nella strada principale. Mi erano mancate le strade affollate di Londra.
"Già, infatti poco fa, carissime fan dei One Direction, al famoso programma americano 'Dimmi la verità', condotto da Natasha Grey, Harry e Ashley sono stati protagonisti di un confronto faccia a faccia."
Non sapevo perchè, ma si formò uno strano nodo alla bocca dello stomaco. Cosa aveva fatto quella stronza? Adesso la mia carriera si era davvero rovinata per colpa sua?
Con grande sorpresa, la radio mandò la conversazione che i due -o cinque- avevano avuto in quello studio. Solo quando sentii la risata di Tom capii che stavolta Harry l'aveva avuto vinta.
"Non ci credo! L'hanno davvero fatto!" rise forte il ragazzo al mio fianco, facendomi spostare lo sguardo su di lui. Questo voleva dire che c'era ancora un filo di speranza?
"Questo ragazzo ci tiene davvero a te." lasciammo perdere la restante parte dell'intervista, conoscendo ormai a memoria la vita di ognuno di loro, cambiando la stazione per cercare qualche canzone che mi avrebbe rallegrato almeno fin quando non avessi varcato la porta del mio ufficio, dove avrei trovato Marshall sommerso dalle lamentele per le mie bravate.
Finalmente Harry era riuscito a sistemare le cose, almeno per il suo punto di vista in America. Adesso toccava a me farmi in quattro per riavere il mio lavoro e tornare il prima possibile in America a riprendermi il mio fidanzato e farlo morire asfissiato a causa di tutti i baci che gli avrei dato.
"Lo so." affermai poco dopo la teoria di Tom.
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Una superstar per casa. || H.S.
FanficSTORIA CON DUE POV. "Senti Harry. -Scar si voltò nella mia direzione, forse più nera in volto di me- Nemmeno a me piace questa situazione di tenere i figli di Mad e Liam per qualche giorno; ma vedi di collaborare o ti farò vedere io le stelle nel mi...