Hyunjin fissava quel portone da diverso tempo, da dietro i vetri oscurati della sua automobile laccata nera.
Aveva girato tutta la notte e tutta la mattina senza meta, godendosi il buio e fuggendo dalla luce come una falena. Era passata da parecchio l'ora di pranzo, ma non aveva affatto fame, qualsiasi bisogno fisiologico era stato messo da parte.
Lo sguardo perso nel vuoto e la mente a tremila per i pensieri gli si arrovellavano in testa come fantasmi. Si sentiva come se fosse caduto in un buco nero: solo oscurità a circondarlo, freddo ed illusorio silenzio.
Non riusciva a percepire nessuna emozione nel suo cuore; per la prima volta nella sua vita aveva provato cosa significava sentirsi debole, perso, spezzato e non sarebbe mai più successo. I suoi genitori avevano sempre avuto ragione.
I sentimenti per Felix congelati nel tempo, ormai lontani e superflui.
L'affetto per Minho cancellato, bruciato, polverizzato, annegato.
Stava lì, davanti a quel portone, senza essersi chiesto nemmeno una volta se ne valesse la pena. Certamente ne valeva la pena, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita.
Lo vide varcare quel portone, accompagnato da qualcun'altro, ed uscì dalla macchina, dirigendosi verso di lui.
-Ehi Han- lo chiamò Hyunjin, facendo una comparsa nella sua visuale.
Il castano si accorse della sua presenza e gli sorrise, sventolando la mano come un bambino. Salutò suo fratello, che corse via, e si avvicinò a lui. Era solo la seconda volta che incontrava Hyunjin, ma non si chiese come facesse a sapere che abitava lì.
-Ciao. È un piacere rivederti-
-Anche per me- gli rispose il corvino con un sorriso. -Senti, avevo una cosa da chiederti. Lo so che è tutto molto improvviso e non ci conosciamo così bene, ma penso che tu sia l'unico a potermi aiutare-
Han alzò le sopracciglia, annuendo confuso. La sua bocca si curvò come a fare un labbruccio adorabile.
-Dimmi tutto. Se posso aiutarti, lo farò volentieri-
Hyunjin sospirò, con aria grave. -Sei già andato a trovare Minho?-
-No, perché?- gli chiese Han, già con una nota preoccupata nella voce.
-Prima l'ho incontrato, sono appena tornato da casa sua, e mi è sembrato parecchio giù. Non so se lo sai, ma non sono bravo a gestire la gente che sta male e piange... e poi sono convinto che tu sappia consolarlo molto meglio di me. Mi chiedevo se potessi andare da lui...tipo adesso-
Han si grattò la testa, confuso. -Ah. Mi aveva detto che andava fuori città, pensavo non fosse in casa. Poi lui non vuole che io vada lì-
-Lo so, chissene frega di cosa vuole- si scocciò Hyunjin, sventolando la mano in aria come per scacciare un pensiero. -Ed ha chiaramente mentito sull'andare fuori città. Semplicemente Minho preferisce che tu non lo veda nei suoi momenti peggiori, ma ho seriamente paura che possa farsi del male e non voglio. Non so come aiutarlo, mi servi tu-
Il ragazzo castano gli afferrò un braccio, con gli occhi sgranati dalla paura e Hyunjin, guardandolo, capì quanto fosse facile essere circuiti quando si amava qualcuno e si diede del completo idiota per non averlo capito prima. Si era fatto ingannare come un deficiente, alla stessa maniera di Han.
-In che senso farsi del male?- gli chiese allarmato il castano.
Hyunjin non rispose, ma lo guardò con occhi espressivi, affinché Han capisse che si stava riferendo proprio alle terribili cose che stava pensando.
-Oddio no-
-Ti prego, aiutami. È il mio unico amico, non posso perderlo. Posso accompagnarti lì?-
-Certo, subito!- rispose con forza, cominciando a camminare, neanche lui sapeva in quale direzione. Il moro lo prese per un polso per fermarlo.
-Ti ringrazio- soffiò fuori Hyunjin, mentre lo accompagnava verso la sua auto.
-Io dovrei ringraziare te. Non ne sapevo nulla. Perché non me l'ha detto?- si contrariò Han, entrando in vettura.
Il corvino chiuse la portiera e fece il giro, sedendosi anche lui e mettendo in moto.
-Probabilmente voleva proteggerti oppure si vergognava. Quando glielo chiedo io, non mi dà molte risposte-
-Ho capito, ma sono il suo fidanzato, cazzo. Voglio sapere quando sta male. Tutti sono buoni ad essere felici quando la vita va bene, è nei momenti brutti che si capisce quanto ci si ama-
Hyunjin girò lo sguardo verso di lui, sorridendo debolmente. -Non sai quanto sono d'accordo-
Rimasero in silenzio per un po', Han perso nei suoi pensieri, Hyunjin con una quiete sinistra nel cuore, un piattume totale. Niente musica, niente parole, solo il rombo del motore ed il fruscio dei giacchetti sulla cintura di sicurezza.
-Allora, come va il braccio? Ho visto che i lividi sono andati via, ma i punti che ti ho messo hanno retto?- chiese Hyunjin, interrompendo quel silenzio spettrale.
-Andavano benissimo. La ferita si è un po' infettata, sicuramente perché la lama di quel coltellino non era pulita. Ho preso l'antibiotico e dopo qualche giorno era come nuova. I punti erano perfetti, hanno tirato pochissimo e l'ho tolti proprio l'altro giorno. L'infermiera pensava fossero opera di un medico. Grazie ancora. Non si vede neanche troppo il segno-
-Bene, sono contento- rispose Hyunjin, annuendo. -Così Minho non si potrà lamentare di una piccola cicatrice-
-Infatti-
Han si girò a guardare i sedili posteriori. -Era questa la macchina in cui mi hai caricato quella volta?-
-Sì-
-È stato difficile togliere tutto il sangue?-
-Neanche troppo. Un po' di olio di gomito ed è andato via-
-Scusa ancora-
-Non era mica colpa tua. E poi non ho nessun problema con il sangue, figurati il tuo. Ci sono abituato-
Han ridacchiò, trovando quella risposta un po' inquietante, e ritornò a guardare fuori. Non riconosceva il paesaggio, ma alla fine era anche vero che l'unica volta che era andato a casa di Minho era tutto buio e non è che lui stesse proprio un fiore.
-Puoi riposarti, se vuoi. È inutile agitarsi troppo, ci vuole un pochino ad arrivare- gli consigliò Hyunjin.
Han annuì, facendogli un sorriso tirato. Non voleva addormentarsi, ma il dondolio dell'auto lo cullò e piano piano le palpebre si fecero pesanti, facendolo finire in una sorta di dormiveglia.La portiera si spalancò in un attimo ed una mano lo scosse con poca delicatezza.
-Alzati- disse una voce profonda. Han fece fatica a capire cosa stesse succedendo, essendosi appena svegliato. Batteva le palpebre senza tregua per abituarsi alla luce ed il collo gli doleva per la strana posizione che aveva assunto in macchina. Fece appena in tempo a slacciarsi la cintura, che la mano dj Hyunjin lo afferrò per la giacca e lo trascinò fuori dall'auto. Alzò gli occhi sul corvino, dallo sguardo glaciale, e poi mosse qualche passo più il là, oltrepassandolo per guardarsi attorno, spaesato. Non riconosceva affatto il posto: erano in una piccola radura al limitare di un bosco e, attaccata con due corde ad un enorme e longilineo albero, si distingueva una vecchia altalena di legno.
-Dove siamo?- gli chiese Han, con la voce roca ancora impastata dal sonno. Gli sembrò di vivere uno strano sogno e la sua testa faceva fatica ad articolare i pensieri. Perché mai l'aveva portato lì? Era lì Minho?
Hyunjin non esitò.
Molti lo paragonavano ad un gatto nero, un elegante cacciatore, spietato e altero, ma lui a differenza dell'animale non giocava affatto con le sue prede; aveva poco tempo da perdere. Il gatto si diverte ad intrappolare il passerotto, lo morde e lo guarda, lo prende a zampate ed aspetta una reazione, è curioso che quello cinguetti, finché non si stanca o non gli viene fame e gli spezza il collo.
Hyunjin non aveva tempo per quelle stronzate. Il suo cuore e la sua mente lo pregarono solo di vendicarsi e di far finire tutto.
Alzò la mano con cui reggeva la sua bellissima quanto inutilizzata Kimber Custom Covert II e sparò un colpo, uno solo, alla schiena di Han, puntando dritto sul cuore.
A parte lo schioppo dello sparo che aveva fatto scappare tutti gli uccellini, la radura continuò a vivere nella sua quiete più assoluta, con il fruscio delle foglie mosse dal vento ed il sole che penetrava tra di esse, creando magnifici giochi di luce.
Hyunjin fissò quel corpo steso a terra, con la giacca leggera lacerata ed il sangue che si mescolava al fango. Respirava piano Han, ma ancora per poco.
Non gemette, non pianse, non si mosse. Non che interessasse a Hyunjin. Non gliene fregò niente.
Non gli passò per la mente che Han fosse innocente, alla sfortuna che aveva avuto ad incrociare lui e Minho nella sua vita, a quante cose avrebbe potuto fare ancora che non aveva fatto, se avesse sofferto, se fosse riuscito ad avere un ultimo pensiero prima di morire, se avesse immaginato Minho.
Hyunjin non pensò a niente. Non gliene fregava niente.
Rimase lì in piedi, lasciando cadere la pistola a terra, in mezzo all'erba verdissima.
Non ci fu compassione nel suo atto né rimorso né allegria;
Han era morto e con lui anche una parte di Minho, forse la più vera, la più luminosa.
Marciò verso il corpo e gli sfilò la catenina con l'anello, che ormai non era più dorato. Era rosso per il sangue e marrone per la terra. Hyunjin non lo pulì né toccò l'anello ed in macchina appese la catenina, affinché non si poggiasse su nient'altro.
Guidò fino alla casa di Minho e la agganciò alla lucerna viola fuori dal portone.
Non suonò né bussò perché non era importante. Prima o poi Minho l'avrebbe trovato.
Girò i tacchi e salì di nuovo in macchina, tornando a Seoul.
Changbin lo vide rientrare a casa, ma non si dissero nulla, anzi, Hyunjin neanche lo guardò.
L'unica cosa che il maggiordomo notò erano delle occhiaie da far paura, gli occhi arrossati, sgranati e senza anima, la pelle già candida diventata pallida, un tic che lo costringeva a muovere l'indice della mano destra.
Il maggiordomo lo sentì entrare in bagno, farsi una doccia e poi andare in camera, ripercorrendo la stessa routine di quando c'era Felix.
Ma Felix non c'era.
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Forsaken Ones
FanficHyunjin e Minho: due migliori amici, due famiglie coinvolte nel traffico di esseri umani, due vite apparentemente simili quando invece profondamente diverse. Un'amicizia che tenta di districarsi in un mondo fatto di rischio, falsi giuramenti ed inga...