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I giorni per Hyunjin scorrevano tutti uguali. Neanche il trasferimento in un'altra casa nel sud della Corea, lontano dalla sua Seoul e da tutto il macello che si portava dietro, aveva potuto porre fine a quelle giornate tormentate.
Il pendolo antico, che adornava il salotto, oscillava e risuonava ogni ora, ma i rintocchi, indipendentemente da quanti fossero, si confondevano e vorticavano nella sua testa e quindi per lui le cinque di mattina potevano essere le dieci della sera o l'ora di pranzo.
Beh, non che il ragazzo mangiasse. Ad ogni pasto Changbin gli metteva qualcosa nel piatto, sperando che quel giorno fosse diverso da quello prima e che il suo padrone mettesse effettivamente qualcosa sotto i denti, ma venivano rimandati indietro tali e quali, quando Hyunjin si alzava dal tavolo.
Il maggiordomo si poteva dire preoccupato: non aveva mai visto il corvino perdere così ogni tipo di scintilla; era passato dall'essere uno stacanovista sempre a mille all'essere l'ombra di se stesso.
Non sapeva cosa fare. A Hyunjin mancava la sua forza di gravità: il lavoro, Felix e Minho lo erano, in quest'ordine, e nessuno dei tre poteva essere portato indietro.
Changbin avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui: Hyunjin aveva aiutato la sua famiglia molto tempo prima ed, anche se non poteva aspirare ad ottenere la sua totale fiducia, lo venerava e gli era fedele come mai avrebbe potuto essere con qualcun'altro... l'unica eccezione era stata Felix.
In qualsiasi caso, non poteva riportare indietro il tempo, per quanto forte potesse essere il desiderio. Sentiva il dovere di occuparsi di uno Hyunjin ormai sgretolato, smarrito, senza punti fissi, solo e lontano da tutto.
Il corvino era rimasto privo dei suoi legami sulla Terra ed ora vagava nella sua mente, come un astronauta che ha perso contatto con la navicella spaziale: fluttuava in un infinito nulla, oscuro e freddo, aspettando solo di terminare l'ossigeno.
Per questo non fermò Minho dall'andare nella sua stanza, quando se lo ritrovò alla porta. Urlare, picchiare, soffocare, sgozzare, piangere erano meglio di quel silenzio.

Hyunjin era seduto sulla poltrona nera, con le mani incrociate, imbambolato. Udì la porta aprirsi e richiudersi alle sue spalle.
-Changbin, non mi va niente. Lasciami solo-
-Ma signore- iniziò il maggiordomo -qualcosa deve pur mangiare. Prometto che non la disturberò per tutto il giorno. La prego, sua madre è molto preoccupata-
Il ragazzo neanche si girò. -Non lo farebbe se smettessi di spifferare tutto-
-Non potrei mai mentirle. Se mi chiede come sta suo figlio, non posso non dirglielo-
Il ragazzo sospirò e si voltò a guardarlo. -Capisco...ma non voglio nulla lo stesso. Qualsiasi cosa sia, mangiala tu. Ed adesso esci, per favore-
Hyunjin lo implorava di lasciarlo solo con tutta quella gentilezza che mai gli aveva rivolto. Non era più importante farsi temere, come gli era stato insegnato, tanto peggio di così non poteva andare. La sua mente si riperse tra le immagini che rievocava, ricordi belli e ricordi brutti: la sua infanzia, i giochi, i suoi genitori, il primo incarico, l'orgoglio che vedeva ogni giorno dipinto sulla faccia di suo padre, Felix e poi tutte le aggressioni che aveva subito, i rapimenti, quelle ragazze legate e vendute, tutto quel sangue, quella violenza, le urla terrorizzate. Quando voleva farsi ancora più male, ragionava sul suo attuale futuro e su come, invece, sarebbe potuto essere se tutto fosse rimasto com'era prima.
Quando la porta si aprì nuovamente, era consapevole che il vecchio sé avrebbe urlato contro al maggiordomo, ma il sé del presente non ne aveva la forza.
-Changbin, ti ho detto di lasciarmi in pace-
Quando si voltò, non udendo alcuna risposta, puntò la pistola a Minho con uno scatto felino e si rallegrò del fatto che almeno i suoi riflessi fossero rimasti gli stessi.
Un sorriso da maniaco si dipinse sul suo viso, mentre si sistemava meglio sulla poltrona; lo aspettava da una marea di tempo.
-Sapevo che saresti venuto- gli disse. Minho gli si avvicinò, anche lui con l'arma da fuoco puntata su Hyunjin, per poi abbassarla. Appariva serio, statuario, severo, triste.
-Perchè?- gli domandò il ragazzo dai capelli viola, quasi sforzandosi a far uscire quella voce dalla gola.
Il corvino non l'aveva mai sentita così carica di dolore come in quel momento, nonostante tutti i brutti periodi che l'amico aveva passato a causa del padre.
Non si fece muovere da quella disperazione, anzi, sbuffò una risata a quella domanda. Che cavolo di domanda era?
-E me lo chiedi pure?-
Il silenzio che calava tra una frase e l'altra era spettrale, disturbato solo dal fruscio degli alberi fuori dalla finestra, e i due ragazzi si fissavano, riuscendo a vedere negli occhi dell'altro la follia che li pervadeva, urlante, vertiginosa.
-Non sono andato al funerale- affermò Minho, con la voce spezzata. -Non volevo...salutarlo-
Hyunjin perse il suo sorriso, non perché gliene fregasse qualcosa, ma perchè non capì per quale ragione il ragazzo dai capelli viola glielo stesse dicendo. Insomma, Minho era sempre stato un sentimentale, ma a quell'ora si sarebbe aspettato di ricevere un bel proiettile ficcato nel cervello, non di stare a parlare, sull'orlo delle lacrime, sul perché non era andato a dare l'ultimo saluto ad Han. Lo immaginava, lo capiva, ma non gliene importava niente.
Hyunjin sbuffò, stavolta di fastidio.
-Insomma, sei venuto qui per chiacchierare?- gli chiese, ruotando gli occhi al cielo.
-Non volevo vederlo vestito di tutto punto, con i capelli sistemati ed il volto rilassato e disteso, perché lui odiava tutto quello: adorava i vestiti larghi e comodi, possedeva una marea di felpone colorate ed aveva sempre i capelli sparati per aria o al massimo tenuti all'indietro da un cerchietto, quando disegnava. Gliene avevo comprato uno con le orecchie triangolari e la punta arrotondata perché così sembrava un quokka. Li conosci? Vengono chiamati "gli animali felici"-
Un sorriso malinconico gli scappò, mentre con il dorso della mano si andò ad asciugare una lacrima indisciplinata che correva sulla guancia. -E ti giuro che lui sorrideva sempre ed il suo sorriso era incredibilmente luminoso. Lui è proprio il mio sole.
Il resto del giorno era notte se lui non era con me... ed adesso sarà notte per sempre-
Le sopracciglia gli si aggrottarono ed alzò di nuovo gli occhi verso Hyunjin, senza dire niente.
Il corvino inclinò la testa.
-Hai finito?- si lamentò Hyunjin. Ne aveva pieni i coglioni.
-Ti vorrei dire che sei senza cuore, ma sai qual è la cosa che mi fa incazzare e soffrire ancora di più? Il fatto che tu ce l'abbia un cuore, oltre ad avere una mente straordinaria-
Ora si metteva pure a fargli i complimenti?
Hyunjin cercava di seguire una logica senza trovarla.
Si stavano perdendo il filo del discorso con tutte quelle parole sparate al vento, ma Minho non sembrava intenzionato a smettere di parlare.
-Per anni ti ho visto fare gli occhi dolci a Felix, amarlo davvero, anche se tu stesso pensavi di non esserne capace. Sei cresciuto in un ambiente di merda, te l'ho sempre detto, è per questo che hai sempre pensato tutte quelle stronzate sullo stare da soli, i sentimenti inespressi e non dipendere da nessuno. Ma anche tu sei un essere umano ed hai un cuore e provi emozioni.
Ci sei sempre stato per me, quando ne avevo bisogno. Anche tu mi portavi la luce, sebbene non forte come quella quella di...Han-
Il ragazzo dai capelli viola fece fatica a dire il suo nome. Strinse le labbra e chiuse gli occhi in raccoglimento, prima di riaprirli e continuare. -Tu eri la mia stella polare quando intorno a me era notte, per indicarmi una direzione e farmi sapere di non essere completamente perso-
-Smettila- gli urlò Hyunjin, con il cuore che batteva forte, e la sua voce rimbombò nella casa vuota. -Cosa cazzo stai facendo?-
Minho apparve rassegnato. Sembrava triste sì, incredibilmente triste, e disperato ed esausto, ma quella lì non era la vendetta che Hyunjin si aspettava. Lui pensava che avrebbe visto un uomo impazzito di dolore gridargli contro o sparargli addosso, magari farlo soffrire un po' prima di ucciderlo. A lui sarebbe andato bene, tanto lo sapeva che era il meglio per entrambi: per lui la fine di un inferno, per Minho la vendetta perfetta.
Ed invece il ragazzo dai capelli viola stava là, davanti a lui, e lo guardava con un barlume di affetto negli occhi. Non sapeva che pensare e non voleva credere al fatto che Minho l'avrebbe risparmiato in nome di quella vecchia amicizia, nonostante lui gli avesse strappato Han.
Come poteva essere così...buono? Come poteva essere così...stupido? Per Hyunjin il tradimento ricevuto era insopportabile, lo faceva impazzire.
-Cosa cazzo vuoi?- ringhiò a Minho.
-Come hai potuto pensare che potessi ingannarti ed abbandonarti in quel modo?-
Hyunjin cominciò a respirare con affanno, dalla rabbia e dalla confusione.
-COSA CAZZO VUOI?-
-Non potrò mai perdonarti per ciò che hai fatto ad Han. Lo hai portato nel nostro parco e lo hai ucciso a sangue freddo davanti alla nostra altalena. Hai colpito alle spalle lui, un innocente, il mio sole, una persona che meritava davvero di vivere. Ed hai condannato me insieme a lui, perché ti sei rubato il mio pezzo più importante.
E non hai fatto solo questo; non hai creduto in me e nella nostra amicizia. Io, che non ho mai voluto rapire nessuno perché non potevo sopportare di sapere che, per colpa mia, quelle persone sarebbero finite a fare le puttane o le bestie da soma o le bestie da macello, che il loro cuore o i reni o i polmoni o il fegato sarebbero finiti su un banco del mercato nero, IO...come avrei mai potuto tradire te ed uccidere la tua felicità? Sei un vero idiota-
E fu lì che Minho cominciò a piangere, singhiozzando con la mano sulla bocca, mentre in Hyunjin si faceva strada un brivido raggelante, che gli fece rizzare tutti i peli sulle braccia. Per un attimo, gli sembrò di uscire dal suo corpo per quanto si sentisse alienato da quella situazione.
-Cosa vuoi dire?- sussurrò il corvino.
-NON L'HO UCCISO, CAZZO. NON AVREI MAI POTUTO FARLO!- Minho scivolò in ginocchio, accartocciato su se stesso, come un foglio di carta gettato nel fuoco. -Felix sta bene, l'ho messo sul primo aereo per il Giappone-
Hyunjin si alzò di scatto dalla poltrona e si avvicinò a lui, alzandogli la testa con forza e bagnandosi con le sue lacrime, che tante volte aveva asciugato.
-Che hai detto?- gli domandò sconvolto, mentre il suo cuore batteva impazzito nel petto.
-Ho fatto credere a tutti di averlo ucciso, ma non l'ho fatto, non l'ho fatto! Volevo salvarlo per te, perché lo so quant'è importante. Come hai potuto farmi questo?-
Lo strazio che Minho si portava dentro era insopportabile. La voce gli tremava, il suo corpo tremava e con le mani si stringeva la felpa sul petto, come per strapparsi via il cuore. Un cuore che Hyunjin aveva già lacerato con l'intento di farlo, per punirlo, e di cui adesso si pentiva con tutto se stesso.
La realizzazione lo colpì come una freccia ed il respiro gli si bloccò in gola: Minho agonizzava dal dolore ed era tutta colpa sua. Era il suo migliore amico e lui l'aveva ferito più di tutti al mondo. Gli vennero le vertigini.
-Mi...dispiace...- farfugliò, senza forze.
Minho lo guardò ed altre lacrime fecero capolino dai suoi occhi, scorrendo sulle sue guance fino a cadere dal mento.
-Non posso perdonarti... e voglio odiarti con tutto me stesso-
-Lo so. Non devi perdonarmi, è solo colpa mia-
Il ragazzo dai capelli viola battè un colpo sul pavimento, spento, con ancora lacrime che stillavano dai suoi occhi, spezzato...per sempre.
Il corvino sapeva che Minho gli voleva bene, in quell'esatto momento lo capì. Gliene aveva sempre voluto, molto più di quello che Hyunjin stesso credeva di meritare.
-Mi hai fatto male- singhiozzò Minho, alzando la mano con anulare e pollice uniti.
"Tregua" gli chiedeva, come quando erano piccoli. Metti in pausa. Basta. Stop. Fine. Pietà.
E per quando Hyunjin volesse, non poteva porre fine al dolore. Lo aveva condannato, ma forse c'era qualcosa che avrebbe potuto confortarlo.
-Mi dispiace, hyung. Non ho avuto fede. Sono il peggior migliore amico della storia-
Afferrò la mano di Minho e la strinse, nonostante il ragazzo non lo stesse guardando.
-Ti voglio bene, davvero- affermò il corvino -Non posso fare altro per te, solo vendicarti-
Il ragazzo dai capelli viola non fece in tempo ad alzare lo sguardo, che Hyunjin si puntò la pistola alla tempia e premette il grilletto.

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