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I poliziotti l'avevano portato in centrale e gli stavano facendo mille domande, ma la testa di Minho era da un'altra parte e l'unica cosa che voleva fare era andare a casa a piangere.
Oltretutto, non riusciva a togliersi dalla mente una scena, che forse lo avrebbe tormentato per il resto della vita, di giorno e nei sogni.

Già è straziante amare immensamente una persona e perderla, ma essere lì quando il suo corpo viene portato via... è atroce.
Perché per Minho il cadavere di Han era sacro e non voleva che venisse toccato. Chi erano quelli, perché glielo volevano strappare via una seconda volta?
Due agenti avevano dovuto afferrarlo per consentire alla polizia mortuaria di prelevare il corpo e Minho si era divincolato finché non l'aveva visti girarlo.
Il suo ragazzo era bianco, con un'enorme macchia violacea sulla guancia, le palpebre vuote, le labbra sporche di terra, la maglietta completamente intrisa di sangue ed un buco proprio all'altezza del cuore.
Aveva abbassato lo sguardo, cadendo in ginocchio, e aveva strizzato violentemente le palpebre, non potendo sopportare quella vista.
Le mosche avevano continuato a svolazzare intorno a loro rumorosamente e Minho si era sentito nauseato, senza voler pensare se fosse per la situazione o per l'odore stesso del cadavere.
Uno dei due agenti gli aveva dato una pacca sulla schiena, per compassione: Minho era stato trovato sdraiato accanto ad Han, intento ad accarezzargli i capelli con un'adorante delicatezza ed una scena del genere neanche un poliziotto se la sarebbe tolta dalla testa con facilità.

Quando arrivò in centrale anche la famiglia di Han, Minho era appena uscito dalla stanza dell'interrogatorio e notò Si Woo lanciargli uno sguardo sofferente e preoccupato.
Il ragazzo era a pezzi per aver perso suo fratello, ma la paura di perdere anche quello acquisito lo pietrificava. Poteva immaginare senza nessuna fatica l'inferno che stesse vivendo Minho. Si avvicinò al ragazzo dai capelli viola e lo abbracciò, ma lui si separò quasi subito.
-Minho- disse con voce spezzata, afferrandogli un polso -aspettaci e poi vieni a casa con noi-
Il ragazzo lanciò un'occhiata ai genitori di Han, abbracciati e disperati, e si allontanò da Si Woo come se avesse preso una scossa.
-Ti prego, hyung. Non ce la faccio- rispose Minho tremante, e, guardato il ragazzo davanti a sé un'ultima volta, corse fuori dalla centrale di polizia.
Perché era successo tutto quello? PERCHÉ?
Nella testa di Minho riecheggiavano mille possibili spiegazioni ed il suo obiettivo in quel momento era trovare quella vera; Hyunjin non poteva semplicemente essere impazzito.
Doveva andare a parlargli, voleva sapere con tutte le sue forze quale fosse la motivazione dell'agonia che la famiglia di Han e lui stesso avrebbero dovuto subire fino alla morte, anche se temeva di sparargli in testa appena posati gli occhi su di lui..o forse al cuore, come quel bastardo aveva fatto con Han.
E Hyunjin aveva osato usare il suo regalo! Minho si sentiva come se fosse stato lui stesso a trafiggere Han, come se fosse stato lui a premere il grilletto, dato che la pistola che lo aveva ucciso era la sua, donata poi a Hyunjin. Un'ondata di nausea e senso di colpa lo soffocarono ed ebbe l'istinto di afferrare un oggetto a caso e piantarselo in gola, per far finire tutto.
Posò la mano sul suo petto, pensando alla sua promessa.
"Il mio cuore deve continuare a battere anche per te" ricordò, nel caso in cui il suo ragazzo potesse sentirlo.

Passarono diversi giorni, durante i quali Si Woo tentava di contattarlo e lui manteneva silenzio radio. Non voleva vederli, la colpa che lo torturava non gli permetteva di parlare con loro; non era degno del loro affetto né tantomeno del loro perdono. Perché alla fine, se due anni prima Minho non si fosse impuntato per conoscere quel bellissimo ragazzo castano con la sciarpa blu oltremare, che disegnava assorto seduto sulla panchina di un parco, quel ragazzo lì se la starebbe ancora spassando sulla Terra, vivo e felice.
Ci fu il funerale, ma Minho decise di nascondersi e passò tutta la giornata sotto le coperte, piangendo al buio. Sperava che l'oscurità potesse fermare il tempo e riavvolgerlo, ma i raggi del sole e poi quelli della luna, che penetravano attraverso degli spiragli nella sua camera, scandirono le ore di quella giornata.
La mattina dopo, si rialzò per ricominciare la sua caccia all'uomo.
Hyunjin si era trasferito, sicuramente per scappare dai 14K: casa sua era deserta, quando Minho aveva sfondato il portone. Attraverso riprese, intercettazioni ed estorsioni, che non facevano proprio parte del suo modo d'agire, Minho riuscì ad ottenere la via in cui si era stabilito. Si era rifugiato nel sud quel bastardo.
La rabbia e quella smania del volerlo guardare dritto negli occhi non lo fecero né dormire né mangiare. Minho partì quel giorno stesso, affrontando ore ed ore di tragitto, senza neanche una pausa. Non aveva idea di come sarebbe andata a finire quella giornata; quello che sapeva è che, uscito da quella casa, Hyunjin e l'amicizia con lui sarebbero stati solo un ricordo. E quello era il minimo.
Minho sapeva che avrebbe dovuto appellarsi a tutto il suo autocontrollo per evitare di commettere un omicidio, soprattutto perché non sarebbe stato giusto farlo in nome di Han.

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