Crudi di mare

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Iniziammo la risalita verso la costa ionica del Salento. Ci fermammo a Porto Cesareo per poi spostarci nei paesi che più ci interessavano. Le giornate si facevano più corte e ed era viva in me la straziante consapevolezza che presto saremmo dovuti tornare alle nostre vite. Cercai di godermi ogni secondo di quell'ultima settimana.

Oltre l'abbandonare quella terra così ricca di meraviglie naturali mi dispiaceva il pensiero di non poter più vivere con Leonardo. Ognuno sarebbe tornato a casa propria, ma avevo notato in quel breve lasso di tempo che la convivenza ci riusciva facile, anzi, l'averlo intorno rendeva più colorate le mie giornate. Non lo credevo possibile, il mio primo assaggio di vita con un uomo in passato era stato costellato da faticosi compromessi, invece con Leonardo tutto veniva naturale. Inoltre temevo che, dopo tanti anni di autonomia casalinga, avrei sofferto la carenza di tempo da dedicare a me stessa. Mi sbagliavo. Quelle settimane insieme erano state la prova generale di vita di coppia meglio riuscita della mia vita. Eravamo felici.

Visitammo le Maldive del Salento, le spiagge di Torre Mozza e Torre San Giovanni, la città e la baia di Gallipoli. Fortunatamente per me in quel periodo dell'anno la stagione turistica era già conclusa e la città e i suoi lidi, abitualmente costellati di discoteche e locali notturni, risultavano tranquilli e pacifici. Fu un'esperienza del tutto diversa da quella da me fatta anni prima con le mie amiche.

Dedicammo gli ultimi giorni a visitare Porto Selvaggio, Sant'Isidoro e, ovviamente, le meraviglie di Porto Cesareo. Fu proprio in quel luogo che Leonardo mi mostrò una chicca di cui ero totalmente ignara. Mi aveva portato nella spiaggia di Torre Chianca. La sabbia bianchissima era interrotta da tre piccoli promontori rocciosi, i quali incorniciavano un mare più azzurro del cielo.

- Vorrei prendere un pedalò per andare a largo.

Mi disse il ragazzo. Acconsentii senza dare importanza alla sua richiesta, pensando volesse semplicemente togliersi una voglia. Pedalammo per qualche minuto, godendo del sole settembrino sulla pelle. Dalla superficie si potevano contare ad uno ad uno ogni sasso, conchiglia o onda sabbiosa del fondale. L'acqua limpida ricordava le cartoline corrette dai filtri dei pubblicitari ed era impensabile che tutto fosse reale e naturale. Arrivammo dove i due stretti promontori si aprivano al mare e Leonardo indicò una punto sott'acqua.

- Guarda.

Mi sporsi oltre il bordo del pedalò per osservare il punto che mi stava indicando. Cinque grossi sassi dalla forma allungata ricoperti di sabbia si scorgevano nitidamente sul fondo.

- Che strani scogli.

Gli dissi.

- Non sono scogli... - Mi corresse sorridendo. - Sono colonne.

Lo guardai stupefatta.

- Ma... Romane? - Annuì, godendo della mia reazione. - Ma c'era un tempio?

- Non ricordo, ma penso che si siano affossate per un nubifragio. Forse sbaglio... Le andiamo a vedere?

- Ma come? E' profondissimo qui il fondale!

- Ma no... Saranno cinque metri! Arriviamo fin dove riusciamo.

Così, dando bella mostra del suo fisico scolpito, fece una capriola a mezz'aria e ricadde in acqua. Presi le maschere e lo seguii. Immersa la testa eravamo in un altro mondo. I rombi delle barche in lontananza arrivavano alle nostre orecchie ovattati, i pesci becchettavano le piccole alghe cresciute su quei pezzi di storia e i raggi solari filtravano tra i flutti creando affascinanti giochi di luce.

Nuotai verso il basso trattenendo il fiato fino a che non iniziarono a dolermi le orecchie, cercai di rimanere a quella profondità svuotando man mano i polmoni dall'ossigeno residuo e incamerando nella mia mente quelle immagini incredibili. Leonardo continuò la sua discesa, più giovane ed allenato di me, fin quasi a toccare quei pezzi di storia. Poi risalimmo a prendere fiato eccitati, come se fossimo noi i primi a scoprire quell'angolo di Eden.

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