Petar si accucciò sull'erba secca e poggiò la schiena sulla scomoda parete rocciosa, raggiungendo le sue sorelle per porgere loro i rispettivi cestelli di fragole che erano stati distribuiti agli Ephuri presenti a Trigrad, nei pressi scoscesi dello sbocco sulla superficie di una delle grotte più immense e misteriose al mondo.
Yordanka afferrò il cesto con una smorfia e, con fare svogliato, prese a estrarne i piccoli frutti scarlatti, mangiandone ognuno un morsetto alla volta, lo stesso comportamento depresso dimostrato nei precedenti pasti del giorno trascorso da quando erano arrivati lì.
Quanto a Violeta, c'erano due possibili reazioni che avrebbe potuto manifestare: la prima, che si rifiutasse di mangiare, con l'intenzione di mettere in atto uno sciopero della fame fino a quando non avessero liberato Liuben – ogni volta ovviamente andava a finire che o lui o Dànceto la costringevano a mangiare parte delle loro porzioni –, quanto invece alla seconda...
«Non voglio il loro stupido cibo be!» gridò, afferrando il cestello e scagliandolo lontano con violenza.
"Ecco, come non detto" pensò Petar, mentre le fragole venivano lanciate in aria davanti a loro. Invece di arrendersi alla forza di gravità e precipitare oltre il burrone che conduceva allo stretto nel quale gorgogliava un ruscello diretto alla grotta, dove molte delle precedenti pietanze gettate via da Violeta le attendevano per essere inghiottite dalla Gola e non vedere mai più la luce del sole, le fragole rimasero sospese in aria.
Petar aggrottò le sopracciglia, riconoscendo un cebrim della telecinesi. Le fragole, infatti, sospinte dalla manipolazione di alcuni mens obbedienti, si ordinarono una sopra l'altra sotto lo sguardo incuriosito dei tre Grigorov e infine ridiscesero in rapida successione nel cesto che Violeta aveva scaraventato via, ora impugnato da un braccio magro, appartenente a una ragazza appena sopraggiunta con un balzo silenzioso.
«Attenta Leta, stavi per perdere le tue fragoline!» esclamò con tono frivolo la giovane, porgendo alla sorella di Petar, alzata in piedi di scatto proprio come lui e Yordanka, il cestino appena recuperato. Un sorriso caldo come il sole addolciva i zaffiri neri che luccicavano dietro le lunghe ciglia della ragazza, e arrotondava il viso a forma di cuore dalla carnagione chiara, incorniciato dalla cascata di vaporose ciocche d'ebano, le cui estremità solleticavano la fossetta del mento. «Non sprecare il cibo solo perché ti è dato da mano nemica slŭncize¹» aggiunse, con un tono talmente dolce che rievocò nel ragazzo la stessa vibrazione pacifica dei più morbidi accordi generati da Denislav con la sua chitarra. Petar sgranò gli occhi per la sorpresa, riconoscendone immediatamente l'artefice.
«Silviya?!» esclamò, mentre la voce decideva di tradirlo proprio in quel momento, arrochendosi in un'orribile intonazione. Possibile che quella ragazza talmente delicata da sembrare una dea non fosse altro che la goffa bambina ricoperta di brufoli con la quale da piccolo innalzava orribili castelli di sabbia, si rincorreva fino a rimanere senza fiato e che si divertiva a spaventare con discutibili storie dell'orrore raccontate al chiaro di luna?
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Jivonhir
FantasíaNella devastazione di un terribile lutto, la cui causa risulta tuttora inspiegata, comincia la nuova vita di Yordanka e dei suoi fratelli, che da soli si trovano ad affrontare le conseguenze dell'orribile accaduto, di cui vengono ingiustamente accus...