Sofia, marzo 2005
Yordanka infilò l'anello d'oro bianco al dito anulare. La minuscola sfera d'ematite incastonata in esso scintillò bigia nella luce pomeridiana che penetrava dall'infisso spalancato. Nonostante il canto delle cornamuse che suonavano di sotto, non v'era quiete più intensa di quella che provava in quel momento, mentre lo sguardo si immergeva nella quiete del roccioso paesaggio montano, su cui era stata spalmata una distesa quasi incontaminata d'arbusti verdi, che si tuffavano nel bianco soffuso delle nuvole.
«Avevi ragione tu, Sasho» affermò, tornando con gli occhi, inumiditi dalle lacrime incombenti, sul suo anulare, «stiamo riuscendo ad andare avanti. Lo Jivonhir sta fiorendo con nuovi folti rami. Grazie. Mi manchi. Ti... ti amerò per sempre.»
Dopodiché, come al solito, ricacciò indietro le lacrime, privò il suo dito dell'abbraccio dell'anello di fidanzamento, e lo ripose con cura nel cassetto. Prese un profondo respiro per farsi forza, poi indossò la fede nuziale, osservandola subito con ripugno. Detestava essere legata in quel modo a qualcuno che non fosse Aleksander, ma non aveva altra scelta. Lei, se n'era resa conto dopo quel terribile quattordici gennaio di nove anni prima, non era mai stata un ramo. Yordanka era diventata, in un modo o nell'altro - ancora non sapeva spiegarsi come -, il fusto stesso dell'albero millenario. Non lo sarebbe stata per sempre, di questo era certa, prima o poi avrebbe dovuto passare l'incarico a uno dei suoi figli; ma finché la responsabilità di sostenere la sua famiglia fosse ricaduta nelle sue mani, lei era tenuta a compiere qualunque sacrificio necessario a preservarne il vigore e la forza.
Se questo significava consolidare le alleanze con le altre famiglie bulgare loro sottoposte, ottenendo al contempo dei figli, anzi, dei rami, che arricchissero la loro chioma prima povera, era disposta a farlo. Si trattava di un sacrificio necessario. Né con Dragomir, né tutt'ora con Todor Andreev, suo attuale marito, aveva mai condiviso l'amore che ancora la legava a Sasho. E a nessuno dei due aveva mai donato in fidanzamento l'anello che aveva ereditato da sua madre. Quello apparteneva ad Aleksander, e sempre sarebbe rimasto legato a lui e a lui solo.
Inspirò profondamente, volgendosi al suo riflesso nello specchio adiacente alla porta. Risposarsi due volte le aveva impedito di continuare a portare i colori del lutto, ma il suo cuore ancora navigava nella sua oscurità; così, segretamente, indossava sempre almeno una cosa nera, in memoria di tutti i rami che erano caduti. Che fosse una giacca, una canottiera che nessuno poteva vedere, dei semplici orecchini o un paio di scarpe, non aveva importanza. Era pur sempre un pegno di memoria. Yordanka non dimenticava e mai l'avrebbe fatto, il passato aveva scolpito la sua attuale persona, lei stessa ne era diventata un frammento: l'ultima della precedente generazione, l'unica figlia di Milen Grigorov ancora in vita. A quel pensiero un lieve dubbio scalfì la sua certezza, ma in quel momento decise di ignorare la misteriosa figura che ogni tanto compariva nelle visioni che le provocava Ilia.
Anche quel giorno indossava qualcosa di nero: un semplice fermaglio per capelli, che le raccoglieva alcune ciocche castane chiare conferendole un innaturale aspetto ordinato. La vita era fasciata in un morbido tubino rosa antico e non troppo attillato, che infilava le braccia in maniche plissettate che raggiungevano i gomiti. L'abito le conferiva non poco fascino, nonostante i suoi passi claudicanti per via delle scarpette dal tacco squadrato. Erano numerose, ormai, le occasioni in cui era tenuta a vestirsi in modo elegante, ma non si sarebbe comunque mai abituata del tutto; come potevano, dopotutto, un bel vestito, una linea di mascara sulle ciglia, e un sorriso stampato sulle labbra, cancellare agli occhi altrui ciò che lei aveva passato?
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Jivonhir
FantasíaNella devastazione di un terribile lutto, la cui causa risulta tuttora inspiegata, comincia la nuova vita di Yordanka e dei suoi fratelli, che da soli si trovano ad affrontare le conseguenze dell'orribile accaduto, di cui vengono ingiustamente accus...