Agli occhi di tutti ero diventata la Principessa Rea. La povera principessa caduta nelle grinfie dello zio, che – avendo scoperto anticipatamente della sua vera identità – si era approfittato di lei.
E benché l'unione tra mia madre e il mio patrigno all'epoca non avesse destato tanto scalpore, nonostante il grado di parentela, la reazione del popolo alla mia situazione fu ben diversa. Io ero stata costretta dal Principe Aemond a servirlo sessualmente, perciò lo sdegno generale portò la Regina Alicent ad affrettare le nozze di suo figlio. Dopo il matrimonio di Aegon ed Helaena, infatti, volammo tutti a Capo Tempesta per quello di Aemond con Argella. Sperimentai l'adrenalina del vento tra i capelli, a metri di distanza dalla terra ferma, aggrappata ai fianchi di mia madre, che cavalcava Syrax.
La Fortezza dei Baratheon, dall'aspetto formidabile e mura possenti alte cento piedi, era situata sulla costa sud-orientale di Westeros, affacciata sul Golfo dei Naufragi.
Quando il drago dalla pelle dorata poggiò le sue zampe a terra, non potei far a meno di notare quanto il cielo fosse turbato. Quasi fosse in collera. Rispecchiava perfettamente il modo in cui mi sentivo, nel dover assistere a quel matrimonio.
Alla fine era giunto il giorno in cui Aemond avrebbe adempito ai suoi doveri.
Fummo scortati nella sala dei festeggiamenti da tre fanciulle, che con il capo chino, camminavano frettolosamente al nostro lato. Fu Jacaerys a notare il mio scontento, e ad afferrare la mia mano nella sua. Per donarmi conforto in quel giorno tanto malinconico e cupo. "Iksos tolvie mirre ry paktot?" chiese impensierito. [Va tutto bene?] Increspai le labbra, ed annuii, volgendo immediatamente lo sguardo oltre le scalinate, nella speranza di scorgervi qualcosa. O qualcuno.
Due stendardi erano stati posti, l'uno di fianco all'altro, sopra l'altare ancora vacante. Sulla destra, la bandiera della Casata Targaryen, raffigurante un drago rosso a tre teste. Sulla sinistra, quella della Casata dei Baratheon, raffigurante un cervo incoronato.
Deglutii a corto di fiato.
Era più tangibile che mai.
Il tempo veniva scandito dai battiti del mio cuore, che attendevano di vedere Aemond comparire dalla porta che poco prima avevo attraversato io. Grazie al cielo al mio fianco mia madre prese consapevolezza della situazione, e mi coprì con la sua elegante figura.
Una tromba risuonò nell'immensa sala piena di invitati, dando inizio alla cerimonia. Argella Baratheon fu la prima ad entrare, avvolta nel suo abito scuro. Incantevole, aveva raccolto i capelli boccolosi in un'acconciatura formale ed elegante. Aemond la seguì poco dopo, avvolto nel suo tipico completo di pelle nero e verde, raffigurante la sua fazione.
E mi si spezzò il fiato in gola.
Avevo il portamento fiero, freddo e il mento alto. Sembrava aver dimenticato del tutto l'umiliazione subita da suo zio Daemon. Mi feci piccola piccola dietro la schiena di mia madre, e prima che il Sommo Septon desse inzio alla cerimonia, fuggii, defilandomi prima di scoppiare a piangere.
Non potevo.
Non volevo mostrarmi agli occhi degli altri come la nipotina abusata che s'era innamorata dello zio.
Conscia di quell'amore malsano, mi riempii i polmoni d'aria fino a sentirli bruciare. Fuori dal castello, Vhagar si ergeva titanica sopra la mia testa. Tuttavia non la temetti. A distrarmi ci pensò un sapore di sangue e lacrime che si insinuò tra le mie labbra, stordendomi i sensi. Morsicatami troppo forte, mi lasciai andare ad un pianto silenzioso che mi scosse da capo a piedi.
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Rientrai durante il banchetto, a rito terminato, facendo slalom tra servitrici e Lord che gironzolavano per la sala. Chi per servire, chi per danzare. Ignorai lo sguardo interrogativo di Lucerys e quello compiaciuto di Otto Hightower, che mi osservava al di sotto delle sue folte ciglia, e presi posto accanto a mia madre. "Issa jorrāelagon" sussurrò. [Amore mio]
Vi era del vino a tavola, su cui mi fiondai, senza degnare di uno sguardo il buon cibo che mi era stato servito. Vino rosso, scuro e denso, come il sangue. Al di là della sala, gli sposi stavano chiacchierando, ma sembrava che Argella fosse l'unica a metterci impegno. Sogghignai, prendendo un sorso dal mio calice.
Avrebbe avuto vita triste, con lui.
Aemond alzò lo sguardo come se avesse sentito i miei pensieri, e rimase a fissarmi con le labbra schiuse per qualche secondo. Indeciso sul da farsi. Presi un altro sorso, sfidandolo a compiere un passo. "Non avrai paura delle malelingue" pensai, tra me e me. Mia madre le aveva sopportate diligentemente per tutta la vita, e non se n'era preoccupata minimamente.
Allora il Guercio abbandonò il proprio posto, e di conseguenza la sua sposa, per dirigersi con passo spedito alla nostra tavolata. Compiaciuta come una matta all'idea che sua madre ci stesse guardando, mi alzai per andargli incontro. "Congratulazioni, zio." Alzai la coppa verso la sua direzione, per poi scolarne il contenuto.
"Danza con me," mormorò, avvicinando il viso al mio orecchio, affinché soltanto io potessi udirlo. Non mi lasciai sfuggire quell'occasione per mettere a dura prova la pazienza di Alicent, e sotto lo sguardo divertito di Daemon, che sicuramente aveva rimembrato il suo corteggiamento a mia madre, accettai la sua mano, lasciandomi trascinare al centro della sala.
La musica fletteva su un genere festoso ma non troppo movimentato, che ci permise di guardarci in faccia per tutto il tempo, senza dover fare movimenti bruschi. Aemond era perso, c'era qualcosa nel mio viso che attirava la sua attenzione.
"Non volevo che le cose andassero in questo modo," mormorò, e la sua mano strinse maggiormente la presa sul mio fianco. Sussultai, ma non diedi a vederlo. Le sue mani su di me facevano ancora lo stesso effetto.
Benché la domanda che avrei voluto porgergli fosse un'altra, ossia "In quale altro modo volevi che andassero?" ribattei prontamente e senza ripensamenti a due respiri dalle sue labbra. Se mi fossi mossa troppo le nostre bocche si sarebbero sfiorate.
"Non sarò mai più la tua puttana, Aemond. Non oserai mai più piegarmi al tuo volere. Da oggi in poi, vivrò senza paura, perché posseggo gli stessi diritti che detieni tu."
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𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃 𝐀𝐍𝐃 𝐓𝐄𝐀𝐑𝐒 [𝐀𝐞𝐦𝐨𝐧𝐝 𝐓𝐚𝐫𝐠𝐚𝐫𝐲𝐞𝐧]
FanfictionE' in atto da vent'anni, uno sterminio di bambini bastardi avuti dai Targaryen, ordinato da Re Viserys - manipolato dalla Regina Alicent. Rea è una di quelle, che scappa sin da quando era in fasce, per avere salva la vita. I capelli d'argento e gli...