Capitolo 15.

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Faith.

Oggi il mio umore è ufficialmente a terra.

Sono dovuta ricorrere ad ingurgitare un'altra compressa di Xanax prima di recarmi alla lezione di matematica.
La prima, l'ho assunta stanotte prima di abbandonarmi tra le braccia di morfeo.
Gli avvenimenti della serata trascorsa con Ethan mi hanno destabilizzata al punto di non poterne fare a meno.
Sono questi i momenti in cui rimpiango l'assenza della persona che sapeva sempre quando,come e cosa dire,quando determinate situazioni bussavano alla mia porta.

La mamma avrebbe saputo aiutarmi.

Il mio cuore è ancora ridotto in mille pezzi e credo che nessuno possa riuscire a ripararlo.
D'altronde anche se è il corso della vita,e tutti prima o poi ci dovremmo arrivare,la morte di un genitore,che sia giovane o in età avanzata,non la si può accettare,MAI.

La voce del professor Robinson diventa poco più di un brusio quando recupero il cellulare da dentro lo zaino e lo sblocco.
Nostalgica,osservo lo sfondo della schermata, scheggiata in tanti piccoli pezzi rispecchiando a pieno il muscolo pulsante al centro del mio petto,che ritrae me e la mamma,dove lei mi stringe da dietro in un caloroso abbraccio.
Non parliamo di un'abbraccio qualsiasi dato da un amico o un parente,ma di uno di quegli abbracci che ti danno calore, sicurezza e amore.
Uno di quegli abbracci che non appena ti avvolgono, trascinandoti dentro una bolla immaginaria, ti fanno tirare un sospiro di sollievo e pensare "è questo il mio posto" e "sì,quì sono al sicuro."

Faccio scorrere l'indice sullo schermo,proprio sul viso della mamma,come se lo stessi accarezzando mentre una lacrima solitaria mi solca il viso raggiungendo le labbra.

Mi manca come l'aria.

«Signorina Jones, sarebbe così gentile da ripetere quello che stavo dicendo?» sobbalzo sul posto quando le mani del signor Robinson si schiantano a palmo aperto contro la superficie del mio banco.

I sussurri e le risate dei miei compagni di corso mi rimbombano nelle orecchie e stringo i denti più che posso cercando di mantenere il controllo.

«Mi dispiace,non la stavo ascoltando.» sussurro abbassando lo sguardo per non mostrare le lacrime che minacciano di uscire.

Solitamente avrei tirato fuori i denti e le unghie per difendermi,ma oggi non ne ho proprio le forze.

«Non ci sono scusanti per la sua distrazione,signorina Jones,siamo stati molto indulgenti con lei per via della sua perdita, ma quel periodo è finito. Ci sono milioni di studenti che vorrebbero essere al suo posto per poter studiare in questa università e se lei non intende mostrare dedizione allo studio le suggerirei di abbandonare tutto.» il suo tono così freddo e privo di tatto mi fa ribollire il sangue nelle vene.

La lezione è quasi giunta al termine e tra poco ci sarà la pausa pranzo quindi non ci penso due volte ad alzarmi,recuperare le mie cose e ad abbandonare l'aula più in fretta che posso.
Corro fino al bagno e dopo essermi accertata che non ci sia nessuno mi fiondo dentro uno dei tanti. Lascio cadere lo zaino per terra e appiattisco le spalle contro la porta gelida.
Scuoto la testa più volte e scoppio in un pianto disastroso.
Fortuna che oggi abbia deciso di non truccarmi, altrimenti a quest'ora avrei preso le sembianze di un pagliaccio.
Il mio corpo viene colpito da un tremolio incontrollato,sento la gola stringersi ed il cuore battere all' impazzata.
Scivolo contro la porta fino a  sedermi sul pavimento e afferro lo zaino recuperando velocemente il blister di Xanax per poi farne scivolare una dritta in gola seguita da un sorso d'acqua.
Ispiro ed espiro gettando la testa all'indietro e chiudo gli occhi cercando di regolarizzare il respiro.

My FayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora