Quando congedai Lorenzo la mattina dopo, rimasi qualche ora da sola nel silenzio di una casa completamente mia. Erano le prime ore da padrona di casa e le usai per stare a sedere un po' al tavolo e un po' nel piccolo divano, cercando di darmi pace nell'attesa della vera prova del fuoco: l'arrivo di mio padre e della sua compagna.
Ok, credo che a questo punto, convenga dare un nome a questa tizia. In fondo con il tempo ho imparato a giudicarla, come me, una vittima degli eventi.
Si chiamava Olivia, e forse era veramente innamorata di mio padre, tanto da sobbarcarsi la chiusura del gap di relazioni tra me e lui dopo l'estate 2001.
Dopo l'abbandono di Filippo, beh, non ero stata proprio un dolce cioccolatino in quanto ad atteggiamenti. Ero cresciuta e non mi sarebbe mai passato per la testa di fare come per la fuga a Barcellona, ma avere a che fare con i miei genitori aveva ripreso ad essermi quasi intollerabile.
Le vacanze obbligate da quasi diciottenne con mio padre e la sua compagna in un villaggio vacanze "dove c'è anche la discoteca!" (come aveva detto lui, che perseverava a non capire un cazzo di me), erano state a dir poco terribili. Era un villaggio in cui l'età media era cinquanta, con punte da Reparto Geriatria, e tutto quello che c'era dentro era fatto su misura per quelle età, compresi i divertimenti serali.
Mi ero dimostrata molto distaccata, quasi offensiva, per culminare il tutto con una sparizione di una notte e un mattino "con amici".
Posto che non sono più tornata da quelle parti, e per quanto mi sforzi, ancora oggi, non so bene cosa sia successo quella notte e quella mattina. So che ero uscita con un paio di animatori che continuavano a chiedermi cosa ci facessi dentro quel villaggio, eravamo andati a bere e fumare per poi dirigerci in un locale poco lontano, e poi boh, chi se lo ricorda.
Avevo fumato veramente tanto, ma veramente tanto.
All'epoca non esistevano i cellulari che facevano le foto, o forse esistevano in posti da impallinati tipo la Corea o il Giappone. E forse è stato un bene, perché così non esistono prove di quello che è successo.
Il giorno successivo avevo ricevuto qualche messaggio di ragazzi che avevano il mio numero e che parlavano di "serata grandiosa", ma ammetto di non aver indagato oltre, e ammetto di essermi sentita imbarazzata nel non ricordarmi un tubo.
Probabilmente anche per quello, Olivia si era fatta avanti chiedendomi se avevo voglia di progettare un po' l'appartamento di Bologna, portandomi un paio di volte proprio là all'Ikea a farci fare qualche bello schizzo e ad immergermi nei piccoli ambienti ricostruiti, raccolti e vuoti di genitori, come sognavo il mio appartamento universitario.
E poi erano saliti quel sabato a vedere come stava la "Ragazza che va a vivere da sola", e la retorica da quattro soldi di mio padre mi diede subito un sacco fastidio. Non andò molto meglio quando scoprii che aveva prenotato la cena in un posto anche abbastanza rinomato.
«Stefania, io penso di capirti, e non sai quante volte ho detto a tuo padre che deve cercare di farti vivere la tua vita» mi disse, mentre eravamo in bagno prima di tornare al tavolo, «ma non è facile per lui. Sei la sua unica figlia, e non so perché, ma ha questo modo per dimostrare attaccamento.»
«Dovrebbe fare un corso di recupero sui sentimenti» ironizzai.
«Secondo me dovresti cercare di fare anche tu un passo incontro a tuo padre, che ha fatto uno sforzo economico molto importante per assicurarti la possibilità di fare l'università qui a Bologna.»
Diedi una risposta un po' evasiva perché semplicemente non volevo ripetere quello che spesso avevo detto: che i miei genitori delegavano gli oggetti a migliorare il mio rapporto con loro.
La serata fu comunque relativamente gradevole, più che altro perché Olivia cercò di tenere a bada mio padre, e questo lo apprezzai molto. Apprezzai ancora di più che decisero di non tardare troppo a tornare a casa e, soprattutto, di non esagerare con il vino come facevano sempre quando uscivano la sera a cena.
A casa per la prima volta dormii da sola. Fu una sensazione molto strana che mischiò la solitudine al mio desiderio di essa, la voglia di diventare indipendenti alla paura di non essere in grado di camminare con le proprie gambe.
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Chimerique
RomansStefania, o Stefy, per chi la conosce, ormai ha terminato le scuole superiori e si è trasferita a Bologna. Sembrano lontani i colpi di testa dell'adolescenza, ma la vita a volte fa strani giri.