Venerdì 22 novembre 2002

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«Stefy?»

«Sei a casa, vero?» dissi semplicemente. Erano due anni e mezzo che non usavo quel numero.

«Si, sono occupata adesso.»

«Sei al computer, fammi salire.»

Sbuffò.

«Senti, è da parecchio che ho smesso di prendere ordini da te, non ricomincerò oggi.»

«Ho parlato con Cinzia, non esci mai, salti la metà delle lezioni. E poi, beh, lei ha un moroso piuttosto esigente a quantità di sesso, quindi dovresti lasciarle la casa libera più spesso.»

Sentii ridere.

«Lo sai che ho ragione» aggiunsi.

«Sali tu, non scendo» mi disse, e arrivò a stretto giro il click del portone.

Salii velocemente e la trovai sulla porta, mi salutò senza molta convinzione in una tuta scura e piuttosto informe, che mi ricordò la sera in cui l'avevo vista in pizzeria a Cervia. Mi lasciai cadere sulla prima sedia senza nemmeno togliermi la giacca.

«Non so cosa ti è successo negli ultimi due anni, anche se probabilmente in parte ne sono responsabile, però penso che tu non debba chiuderti di nuovo in te stessa, Rei» dissi, marcando l'ultima parola.

Lei mi sembrò quasi sorpresa da quelle ultime tre lettere, poi riprese un'aura distaccata.

«Non ti preoccupare, so badare a me stessa e non è come pensi. Non sono per nulla chiusa in me stessa. Te lo posso assicurare. Per le lezioni, sto in pari senza il bisogno di seguirle tutte. Hai altre domande interessanti?»

«Allora non hai problemi a venire a prenderti una cioccolata calda al bar dei drogati» le dissi, facendo riferimento ad un bar poco lontano, gestito da due sulla quarantina che sembravano pronti per andare a San Patrignano.

«Mi devo lavare i capelli.»

«Sei figa lo stesso. Rei» e marcai di nuovo le tre lettere, che le fecero chiaramente l'effetto delle unghie strisciate sulla lavagna.

Mi piantò gli occhi addosso, sputando un irritato «Falla finita.»

«Spiegami perché ci tieni così tanto» la sfidai.

«Mi piace.»

«È un po' poco come spiegazione.»

«Senti, io non so che cosa è saltato in mente a Cinzia per mandare proprio te, non credo che potesse fare scelta più infelice.»

«Mi detesti così tanto?» le chiesi. Volevo che lo dicesse chiaramente.

«Detesto come stai facendo, stai facendo esattamente come stavi facendo...» e si bloccò, pensai che stesse per darmi uno schiaffo o peggio.

«Finisci la frase, dai» la incalzai, senza ottenere risposta se non dal suo corpo, irrigidito tanto quasi da preoccuparmi.

«Scusa» mormorai, «hai ragione. Ti sto trascinando, mi sto imponendo. Scusa, giuro non lo farò più. Se vuoi vado via, hai ragione. Ognuna è libera di fare la vita che crede.»

Immediatamente si ammorbidì, cambiando anche lo sguardo con cui mi teneva sotto tiro.

«No, dai, non andare via. Andiamoci a prendere questa cioccolata» mi rispose infine, sospirando.

Incredibilmente felice per essere riuscita nell'intento, feci fare strada a lei nell'andare al bar, e ci mettemmo sotto un fungo per evitare di morire assiderate in un dehors pieno di spifferi.

«Nella mia vita, lo sai, mi sono sentita per la maggior parte del tempo inadeguata. Ci sono state poche persone che mi hanno fatto dimenticare questo senso. Vale è riuscita a perdere tutti, mettendoci del suo. Così ho pensato che dovessi ricominciare daccapo.»

«Con un nuovo nome?» chiesi, non molto sicura di aver capito il senso.

«Si, anche, una nuova persona, una persona che fosse in grado di gestire i rapporti mantenendo le persone a distanza. Trik e io non siamo riusciti a misurare bene la distanza tra noi, non lo so, non avevamo sufficiente fiducia tra noi. Gelosi, distaccati, morbosi, freddi. Abbiamo finito per litigare e ci siamo mollati a ottobre scorso. E ho terminato la maturità un po' in affanno. E non voglio che tutto questo si ripeta.»

«E quindi passi il tempo tappata in casa su internet distruggendo qualsiasi possibilità di rapporto sociale?»

«No, anzi, tutt'altro. Conosco un sacco di persone online. E ho avuto modo di avvicinarmi al mondo degli anime e del cosplay. Quindi ecco Rei.»

«Quindi è un personaggio degli anime?» chiesi, vedendo spiragliare finalmente la soluzione.

«Si, è uno dei personaggi principali di Evangelion, e mi sento enormemente rappresentata da lei. Non mostra emozioni, parla con un tono distaccato e riesce ad essere indifferente a ciò che le succede attorno. E poi praticamente non è nata. E quindi l'ho fatta mia.»

«In che senso non è nata?»

«Vabbè, è una lunga storia, guardati l'anime. Ce l'ho in DVD. Poi mi dici.»


****


Se avessi voluto trovare delle scuse per rivederla, ne avrei avute mille. Il problema è che quella non fu una scusa: dell'anime che mi diede, non capii un cazzo. Un pomeriggio persino la Piancastelli, incuriosita, si fermò a chiedermi cosa stavo guardando.

«È un anime, si chiama Neon Genesis Evangelion

«Ah, si, ne ho visto un po' su MTV, ma non si capisce un cazzo» mi rispose, lapidaria.

Così una sera tornai da ValeRei con i DVD in mano ed il capo cosparso di cenere.

«Senti, io mi sono impegnata, ma non si capisce un cazzo. Cioè, io non ci ho capito un cazzo. Se hai voglia me lo spieghi, sennò pace, prendo per buono che sei Rei» sospirai.

Cinzia, al tavolo a studiare, sorrise sorniona alla mia bandiera bianca. Vale assunse l'aria di una persona vittoriosa.

«Dai, attacco il DVD e ti faccio il tour guidato» lasciò cadere, girandosi e dirigendosi verso il mobile della TV.

«No dai, cazzo, devo studiare!» miagolò Cinzia, alzando la testa di scatto.

«Facciamo una cosa, così facciamo felici tutti» dissi, folgorata dalla mia stessa idea, «fissiamo la giornata Eva, vieni da noi così lo spieghi anche a Katia, finalmente ti schiodi da casa, e qui lasci libero così Simone può montare la psicologa come una libreria Billy.»

Cinzia mi guardò inferocita, io le feci spallucce, ma era tutto vero. Vale rise.


****


Fissammo il lunedì e il giovedì come giorni per guardarci quattro puntate alla volta e dedicare l'ultima sera alle due puntate finali che, secondo Vale, dovevano essere "discusse". Fu strano, perché non ero appassionata di anime, men che meno di quelli con i robottoni, e figuriamoci con quel tipo di ragionamenti filosofici.

Ma starsene sul divano a guardare la TV mi diede una gran serenità e mi fece tornare un po' a quando i problemi più grandi erano non poter andare a ballare il sabato sera.

Sentivo l'odore di Vale di fianco a me, la sua voce che commentava i passaggi salienti, non molto diversa da quando commentava ridendo le scene dei telefilm che guardavamo insieme a casa sua, quando scappavo da quei dementi dei miei. Quelle sere mi accompagnarono fino quasi a Natale, con il cambio di programma che a metà dicembre, al posto di Katia, sul divano ci finì Lorenzo.

La coinquilina di Vale aveva gettato la spugna in fretta, lamentandosi di continuare a non capire niente, preferendo raggiungere la Torricelli dopo il suo allenamento di pallavolo, per poi far sboccia in giro, e così avevo provato a sostituirla con il mio moroso.

Veniva a trovarmi dopo aver lavorato, mangiavamo assieme, cazzeggiavamo un po', guardavamo la serie e approfittavamo della casa libera al giovedì per fare sesso dopo aver rispedito Vale al suo appartamento.

Fu un periodo in cui mi dedicai molto a lui, in intimità e quando usciva per tornare a Cervia, piangevo delle strane lacrime, continuando a pensare di quanta bontà era impastato quel ragazzo.


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