Giovedì 14 novembre 2002

35 3 1
                                    

Eppure Vale, a Bologna non era così scostante. Certo non era la donna più champagne del mondo, ma non le era mai saltato in mente di non salutare o di ignorare palesemente qualcuno. Forse era scocciata, forse era di fretta, anche se sembrava essere appena scesa dal divano, le mancava la vaschetta del gelato in mano.

O forse aveva il gelato a casa che si stava sciogliendo, mentre aveva portato in fretta il portafoglio a suo padre. Ma un "ciao" non si nega a nessuno.

La settimana dopo, Cinzia cercò di organizzare una specie di controinvito per l'inaugurazione, ma la sua coinquilina Angela iniziò a sbarellare dicendo che non erano in grado, non avevano abbastanza sedie e se quelli di sotto rompevano le palle poi chi li sentiva, si facevano una cattiva nomea e dopo per ogni cosa diventava un problema condominiale.

Cinzia, scocciata, ci chiese se perlomeno ci andava di fare serata in giro e le mie due coinquiline figurati se non rispondevano di sì. Ci ritrovammo in sette o otto in giro per localini a Bologna, alla ricerca di un posto che ci ospitasse tutte senza pericolo di prendere il tetano, e una volta arrivate al tavolo, feci un passo che, con il senno di poi, fu molto maturo, modestia a parte: prima di sedermi, presi per un polso Vale.

«Puffetta, devo andare al bagno, vieni con me, dai.»

Risero tutte alla battuta, lei oppose resistenza per una frazione di secondo, senza mai alzare lo sguardo per incrociare il mio, ma poi mi seguì.

Mi fermai al lavandino con lo specchio, fingendo di guardarmi le ciglia.

«So che ho fatto una cazzata allora, un colpo di testa, che ti ha messo in difficoltà.»

«Non poca, Stefy. Tu non puoi capire.»

«No, non posso capire, non posso essere te ed è per questo che ti chiedo scusa, se ho fatto una cosa che non dovevo fare e che ha rovinato tutto tra noi. Mi spiace e mi spiace che quel giorno sei scappata.»

Lei sospirò, sistemandosi i capelli dietro un orecchio.

«Non potevo stare un minuto di più lì. Quelle sono "cose" che non fanno parte di me. Ok? Tu avresti fatto lo stesso, se ti fossi trovata a fare qualcosa contro la tua natura. E me ne sono andata.»

«Scusami, ho rovinato un' amicizia» poi presi un bel respiro, «per una cosa di cui manco mi fregava. A me piacciono i maschi.»

«Fa nulla Ste, le nostre vite sono andate avanti lo stesso.»

«Mi puoi perdonare? Non chiedo di tornare ad essere amiche del cuore. So che quello è ormai nello scatolone del passato, ma magari essere amiche serene. Così, amiche e basta. O almeno salutarmi se mi vedi in giro.»

Alzò gli occhi di scatto verso di me. La postura assunse una sfumatura difensiva.

«Vorrei crederti, ma lo trovo difficile.»

«E perchè non dovresti?» le chiesi.

Pur rendendomi conto che quella scintilla era partita da me, era evidente che, quel giorno a Firenze, dove persino i nostri bordi si confondevano una nell'altra, lei ce ne aveva messo parecchio del suo. Questo suo rimanere altera e distaccata mi aveva irritata, e quel suo mettersi sulla difensiva dopo averle fatto notare che mi aveva ignorata mi aveva detto che avevo colpito nel segno.

«Quelle cose, quei "momenti di impulsività", magari ne avrai ancora» mi disse guardandomi negli occhi.

«Volevo solo fare ciò che faceva incazzare e scandalizzare i miei. Era una fase: scappavo di casa, andavo a ballare di nascosto, scopavo con gli irlandesi. Ma ora me li sono levati dai piedi. Sto qui, sono da sola, senza di loro. Ho Lorenzo, e non posso chiedere nulla di più. Non voglio nulla di più. Non ti ho trascinato qui per fare o dire chissà che, anzi, il contrario! Ho la libertà dalla mia famiglia di merda e ciò già mi basta per essere serena. E poi, vedendo te, ho sperato di poter mettere a posto anche questo guaio.»

ChimeriqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora