Minas Cavèl diventava se possibile ancora più vermiglio nelle ultime ore del giorno, quando il sole raggiungeva la linea dell'orizzonte: allora il cielo avvampava in rovente riverenza per salutare il suo grande padrone e la montagna sembrava prendere parte al rispettoso inchino , diventando un tutt'uno con il cielo stesso. Eppure, quel pomeriggio, qualcosa di diverso accompagnava la ben consolidata deferenza. Se qualcuno si fosse incamminato lungo la strada che portava a Lantis, di certo avrebbe udito il susseguirsi di botti che sembravano rincorrersi per tutta la pianura. Dopo i primi momenti di smarrimento, non avrebbe faticato a trovare l'origine di quei boati lungo le pendici della montagna: una colonna di fumo s'innalzava dalla conca, dove autentiche fiamme sembravano aver trovato qualcosa con cui saziare la loro voracità.
Aranel scattò felino dietro un muro per evitare una serie di frecce scagliate da qualche ballatoio. Si sporse quel tanto che bastava a trovare il punto esatto di quell'attacco e non attese la seconda raffica, la mano già serrava una concentrazione di energia rossastra. Balzò fuori dal riparo distendendo completamente il braccio in direzione degli arcieri e rilasciò quella forza accumulata. Un dardo, un sibilo, la deflagrazione. Pezzi di legno, schegge e frammenti di roccia saettarono in ogni direzione. Al dipanarsi del fumo, del ballatoio non restava quasi nulla.
Aranel si guardò intorno alla ricerca di ulteriori seccature: la via sembrava sgombra. Alcuni uomini erano fuggiti appena dopo il suo ingresso nel covo: la raffica di vento con cui Aranel aveva respinto i loro compagni che tentavano di bloccare l'intruso, era stata sufficiente a farli desistere da ulteriori sforzi inutili. Le torrette di guardia perimetrali erano completamente sguarnite. Il fuoco aveva già preso d'assalto tutta l'ala ovest del forte, quella più esterna. Aranel proseguì dritto, addentrandosi nella conca: voleva raggiungere la grotta sul fondo dove di certo avrebbe trovato il cuore di quel rifugio di canaglie. Ai lati del viottolo che stava percorrendo, notò le rastrelliere ancora piene di spade ed asce pronte all'uso: nonostante l'imponente fortificazione esterna, quei banditi sarebbero stati pronti a ricevere chiunque, pensò Aranel. Chiunque... tranne lui.Più avanti, sotto una tenda, vide un grosso tavolo ricoperto di carte e mappe; numerosi rotoli di pergamena erano sparsi a terra. Si avvicinò per vedere di cosa si trattasse: linee di percorsi della carovane di mercanti, informazioni sulle merci trasportate, date, luoghi, nomi di probabili informatori da pagare. Non c'era da stupirsi se quei banditi se la passavano così bene.
Aranel vide che alcuni progetti di attacco erano incompleti, ma toccando le linee tracciate si accorse che l'inchiostro era ancora fresco: il suo arrivo aveva interrotto le nuove pianificazioni.
Spulciò ancora un poco tra i rotoli accatastati sui banconi, ma non trovò nulla che potesse tornargli utile, nulla che lo interessasse. Stranamente nessuno lo interruppe: non c'era più nessuno o si stavano preparando a riceverlo non appena avesse varcato l'ingresso della grotta?Con un certo disappunto per non aver trovato nulla, Aranel si rialzò e con un veloce gesto della mano sopra alcune carte creò un nuovo, piccolo falò.Si addentrò nella grotta. L'antro era piuttosto ampio. L'ora del tramonto donava ancora parecchia luce, perché il covo era in posizione più elevata di qualsiasi cosa nei dintorni, ma lungo le pareti numerose fiaccole erano già state accese in vista delle ore notturne. La caverna aveva una forma circolare, il soffitto irregolare vagamente a volta. Non ne era certo, ma sembrava così di natura. Si dispiacque nel non trovare nessuno ad attenderlo: dopo settimane di relax, gli avrebbe fatto piacere ancora un po' di movimento. Al centro della spelonca vi erano alcune gabbie, non molto alte a dire il vero: servivano a tenere sotto controllo animali selvatici catturati per essere serviti in qualche banchetto, oppure con lo scopo di rivenderli a pezzi o interi, nel caso di prede esotiche. Ne aveva viste molte di quelle gabbie, non rimase sorpreso nel trovarne altre lì dentro. Ciò che invece lo sorprese fu una delle prede al loro interno.
Una ragazza dai capelli corvini, imbavagliata e con mani e piedi legati, si dimenava sul fondo della gabbia. Aranel non capiva se lo stesse facendo per paura o per attirare l'attenzione; in ogni caso non avrebbe potuto andarsene lasciandola li. Decise quindi di intervenire e di avvicinarsi alla gabbia.
«Tranquilla, ora sei in salvo!» cercò lui di tranquillizzarla.
Lei rispose qualcosa da dietro il bavaglio, ma tutto quello che si capì era qualcosa tipo "moffomo ai fata ieroholo". Aranel le si avvicinò e le tolse il bavaglio.
«Non sono mai stata in pericolo!» chiarì lei ansimando per riprendere fiato; la sua voce appariva comunque cristallina ed armoniosa: sembrava convinta realmente di quanto diceva.
«Con tutto il rispetto, principessa, non sono io quello legato come un salame in una gabbia per animali » replicò tranquillo Aranel.
«Guarda che avevo tutto sotto controllo. E poi loro...» la ragazza si bloccò di colpo, colta di sorpresa « come sai che sono una principessa?»
«Non lo sapevo, in effetti. Ma ora lo so! » tagliò corto lui.
«Ma mi hai chiamata...»
«Indossi un abito di seta lungo ricco di decori e merletti» la interruppe Aranel che non amava dilungarsi nelle spiegazioni delle ovvietà «la tua acconciatura sta perfettamente in posa grazie a quel filo dorato che ti passa tra i capelli e la tua carnagione non è di chi è abituato a lavorare nei campi...» Aranel fece finta di soppesare una difficile deduzione «potresti essere un'avventuriera con la passione per la bella vita, in effetti!»La ragazza fece per aprire bocca ma non le uscì alcun suono. Non le era mai capitato che qualcuno riuscisse a zittirla così facilmente. Quel giovane un po' rude doveva essere uno che aveva viaggiato parecchio: fino a quel momento nessuno aveva visto in lei una principessa; a lui erano bastate invece un paio di occhiate per comprendere più cose di lei di quante lei ne avesse afferrate sul conto del suo salvatore. Salvatore in senso lato, naturalmente, perché in fin dei conti lei aveva tutto sotto controllo...
«Ero quasi riuscita a sciogliere le corde, vedi?» si pavoneggiò lei, mostrando ad Aranel i polsi ancora dietro la schiena. Aranel osservò le corde: avevano qualche piccolo segno di incisione qua e là e... qualche traccia densa e scarlatta di origine evidente.
«Diciamo che eri sulla buona strada per lasciarci una mano!»Aranel si affrettò a togliere le corde; mentre lo faceva, gettò uno sguardo sul terreno all'interno della gabbia per individuare l'oggetto con cui la piccola prigioniera stava cercando di tagliare le corde: un piccolo frammento di vetro.
«Dove lo hai trovato quello?» chiese lui mentre terminava di toglierle le corde e controllava i danni.
«Tengo sempre qualche piccola ampolla con me quando viaggio, nel caso trovassi qualche erba rara o mi servisse per qualche infuso...»
Aranel la guardò dritto negli occhi, senza lasciarle le mani. Lei per un attimo dovette trattenere il respiro o forse, semplicemente, si dimenticò di respirare una volta. Gli occhi di quel ragazzo erano così profondi che per un attimo si sentì affogare in mare aperto. Aranel tornò a controllare i polsi: «Studi erboristica?»
«In realtà studio arti magiche».
Aranel fece un cenno di comprensione sollevando entrambe le sopracciglia e lasciò che la ragazza interpretasse la sua espressione come una reazione sorpresa.
«Sono ancora una principiante, ma mi sto impegnando molto per ottenere dei buoni risultati. La magia è piuttosto complicata».
A quella parole Aranel si lasciò sfuggire un sorriso ironico.
«Già, complicata! » commentò tenendo vivo lo stesso sorriso.
«Ne capisci qualcosa?»Aranel creò una piccola sfera luminosa tra le sue mani: era pallida ma emanava un certo calore. Lei lo avvertì subito: le sue mani erano ancora vicine a quelle di Aranel. Il ragazzo posò delicatamente la sfera sui polsi di lei, lasciando che la pelle la assorbisse, delicatamente. Quando la sfera scomparve del tutto, i piccoli tagli erano spariti con essa.
«Qualcosa, sì» completò lui.Aranel si alzò, lasciando a lei il compito di slegarsi da sola le caviglie. Molte ragazze avrebbero preferito un servizio completo, ma lei no: quel giovane aveva già fatto abbastanza e, in fin dei conti, preferiva far da sé quando ne aveva l'opportunità. Finito di liberarsi, uscì carponi dalla gabbia e raggiunse il suo salvatore, intento a controllare i tesori nella caverna.
Per un momento, ebbe l'impressione che il ragazzo stesse cercando qualcosa di specifico tra amuleti e collane, ma l'idea si dissolse nell'istante stesso in cui lo vide prendere delle monete e qualche pietra preziosa per mettersela tosto in tasca.
«Quindi sono stata salvata da una banda di furfanti... da un altro furfante?»
Aranel non si voltò nemmeno per rispondere e proseguì nella sua ricerca, aggiungendo ulteriori piccole ricchezze al suo sacco.
«Ti basta così poco per etichettare la gente, altezza?»
«Se non sei un furfante, allora chi sei?»
Aranel aveva tratteggiato un buon ritratto della ragazza, è vero, ma anche lei poteva dire di aver imparato qualcosa su di lui: non si sarebbe fatta zittire o fuorviare ancora dalle parole di quella canaglia.
«Farebbe differenza se lo fossi?» domandò Aranel.
Lei lo guardò diffidente.
«Mi chiamo Aranel, sono uno stregone» concluse finalmente lui.
Lo sguardo di lei sembrò illuminarsi, accantonando tutta la diffidenza precedente. Poi qualcosa oscurò di nuovo quella luce, un dubbio di natura differente. Un dubbio che venne subito palesato.«Aranel lo stregone? Lo stesso Aranel di cui tutta la regione parla? Aranel, lo stregone e il combattente? Aranel, terrore dei banditi? Aran...»
«Ci sono sovrani che hanno introduzioni decisamente più corte, vero?» la interruppe lui, ridendo.
Lei non rispose: di nuovo il giovane l'aveva messa in silenzio. Per la seconda volta nell'arco di pochi minuti.
«E tu invece? Hai un nome?»
La domanda diretta la scosse dai suoi pensieri, riportandola nella caverna con Aranel.
«Mi chiamo Rhea, figlia di Huon, della casa Milot, reggente legittimo della città di Lantis».
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Aranel, il segreto di Terys e Yuni
FantasyAranel, un giovane stregone solitario, girovaga per il continente procurandosi da vivere come cacciatore di taglie. La sua routine viene interrotta dall'incontro fortuito con Rhea, figlia di re Huon. Guidati da un vecchio tomo, i due intraprendono u...