Cap. 7 La fuga

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Costruito un piccolo accampamento di fortuna in una grotta non lontana dalla zona dello scontro, Rhea e Aranel ebbero modo di riprendersi dal recente attacco. A terra c'erano alcune ossa di diversa natura, probabili prede di un orso che un tempo aveva dimorato lì. Rhea si premunì, creando l'illusione di alcuni resti più freschi all'ingresso, così da indurre a pensare che la spelonca fosse ancora dimora di qualche animale. La caverna era profonda abbastanza da poter accendere un fuoco senza essere notati, ma preferirono evitare di correre il rischio e si limitarono a creare una fonte luminosa fioca, sufficiente a vedersi l'un l'altro e a curare alcune delle ferite di Aranel. Se ne occupò Rhea in realtà, così da lasciar riposare il ragazzo.
«Non sono esperta negli incantesimi di cura, ma qualche rudimento lo conosco anche io...» disse lei, intervallando l'energia magica delle sua mani con qualche bendaggio di fortuna.
«Stai sbagliando!» la riprese Aranel a un certo punto, stufo di vedere magie non ben direzionate.
«Ma ho letto che si faceva così!» replicò Rhea.
«Non riesci a chiudere le ferite perché ti concentri troppo sul risultato. Quando usi gli incantesimi di guarigione devi entrare in sintonia con il dolore stesso della persona, devi sentirlo come se fosse tuo, solo allora puoi concentrarti su di esso per guarirlo ed eliminarlo. Ecco perché le ferite gravi risultano più difficile da sanare. Non è perché son complesse, è perché lo strazio con cui si deve entrare in contatto impedisce la lucidità sufficiente ad utilizzare la magia!»
Rhea rimase un poco a pensare. Non era solita venire ripresa, in nulla. Si era sempre arrangiata in tutto. Eppure doveva riconoscere che Aranel meritava la fama che aveva: se c'era qualcuno da cui poter imparare di più sulla magia, di certo era lui.
Chiuse gli occhi e passò la mano silenziosamente sul taglio che il ragazzo aveva ancora aperto in fronte. Cercò di concentrarsi, di focalizzare meglio la sua attenzione su quella ferita, di vederla sulla propria testa. Passò la mano lentamente sopra di essa, senza toccarla. Cominciò ad avvertire un pizzicore sulla fronte, un bruciore sempre più intenso, fino a che avvertì la sua stessa fronte lacerata, la carne aperta e pulsante a contatto con la polvere nell'aria della caverna: la ferita di Aranel era la sua. Trattenne l'impulso di toccarsi: non è realmente lì, si disse, ma quella sensazione era così autentica...
Iniziò a focalizzarla mentre si chiudeva, recitando l'incantesimo di sutura: si rese conto di non aver mai compreso completamente quell'incantesimo, nelle sue parole, nella sua musicalità. Ogni parola risuonò come un eco nella sua testa e ad ogni ripetizione una parte della ferita si rigenerava, riducendo quel senso di bruciore e di intontimento che il taglio le procurava... continuò così, fino a chiuderlo totalmente.
«Molto meglio, no?» disse Aranel toccandosi la fronte completamente curata.
Rhea sorrise, sorpresa di esservi realmente riuscita.
Aranel si accomodò sulla coperta. Era meglio riposare un po', dare il tempo agli incantesimi di guarigione di sedimentarsi del tutto.
«Non pensavo... » commentò Rhea incerta, ma non sapendo esattamente cosa dire, tante erano le parole che le si affacciavano in testa, terminò semplicemente «...grazie!»

Rimasero in silenzio qualche minuto, scrutandosi alternativamente nella semioscurità, con le orecchie in allerta verso l'ingresso della caverna. L'unica cosa che si udiva era l'eco del vento che fluttuava all'interno dell'antro, accompagnando i loro pensieri. Aranel rivide nella mente l'intero scontro che li aveva portati a nascondersi là dentro.
«Perché prima hai tentato di fermarmi? Cosa hai visto?» chiese sospettoso.
Rhea cercò le parole per riuscire a spiegarsi al meglio; descrisse con calma le considerazioni che aveva fatto in quei brevi istanti, i pensieri che l'avevano portata ad intervenire.
«Credo quindi che Eyreen sia protetta da una sorta di scudo imperituro, una barriera, generata forse da una pozione, oppure...»
«La spada» la interruppe Aranel, illuminandosi improvvisamente. Rhea annuì concorde. «Fino a che lei avrà quella spada, credo sarà impossibile per noi riuscire a tenerle testa» concluse la ragazza. Poi, vedendo Aranel pensieroso, non riuscì a trattenersi: «ma davvero non te ne eri reso conto?»
Aranel si rabbuiò; Rhea si morse il labbro per non essersi trattenuta. Era chiaro che qualcosa, nelle sue parole, lo avesse toccato nel profondo.
«No, non me ne ero accorto...» ripetè.
Lo osservò mentre scrutava le sue stesse mani ed ebbe la certezza di percepire sul suo volto un profondo disprezzo. Finalmente il ragazzo alzò gli occhi, incrociando i suoi, ma sostenne quello sguardo solo un breve istante per tornare nuovamente a capo chino a fissare la terra tra le gambe. Rhea fece per alzarsi e andare da lui.
«A volte capita che di fronte a un forte avversario che si prende gioco di me...» riprese mestamente, Rhea si fermò per udire quelle parole appena sussurrate «è come se scattasse qualcosa; il desiderio di annientarlo ad ogni costo diventa veramente forte, incontrollabile, e io devo in qualche modo domarlo. Ma se faccio questo sforzo, perdo di vista tutto il resto...»
Rhea intuì che quella spiegazione fosse solo una piccola parte di ciò che lui aveva da dire, ma non volle elemosinare una confessione.
Vedendola un poco sulle spine, Aranel cercò di alleggerire la tensione «come te, anche io devo migliorare nella concentrazione!» I due sorrisero appena.
«Perché hai voluto aiutarmi?» domandò Rhea tentando una via differente. Sentiva che c'erano altre questioni che Aranel avrebbe potuto chiarire più tranquillamente, o almeno così credeva «hai deciso di aiutarmi solo dopo aver letto il libro... perché?»
Aranel prese del tempo, si alzò in piedi con fare riflessivo. Rhea ebbe l'impressione che quel quesito lo avesse ancora più incupito, ma represse il suo senso di colpa perché ora il suo desiderio di comprendere qualcosa di più su quel ragazzo si era totalmente imposto nella sua mente.
«Avevo una sorella, un tempo. Si chiamava Bryn. Trascorremmo insieme l'infanzia, mi aiutò a superare molte difficoltà, ad accettare la mia magia... poi un giorno scomparve, improvvisamente...» La voce di Aranel si fece così lieve che Rhea dovette quasi trattenere il respiro per udirla chiaramente «un monaco mi disse che per ritrovarla avrei dovuto intraprendere un lungo viaggio, un viaggio che mi avrebbe permesso di trovare la CHIAVE per rintracciare Bryn».
Da come Aranel rimarcò quella parola, tornando a fissarla negli occhi, Rhea comprese subito il collegamento tra la storia di Aranel e quella del tomo. D'un tratto sentì di essergli ancora più vicina; aveva udito molte storie su di lui e, in ogni occasione, i pensieri che ne erano scaturiti erano sempre stati slegati dal contesto reale: Aranel, in quei racconti, era come il protagonista delle favole che si raccontano ai bambini quando vanno a letto - per tenerli buoni o per spaventarli - viveva lontano, agiva in un mondo che probabilmente lei non avrebbe mai visto, combatteva battaglie da cui lei non sarebbe mai stata toccata; ora invece, mentre era proprio Aranel a raccontarsi di fronte a lei, lì a pochi passi, la percezione era totalmente diversa, le sensazioni avute su di lui nelle ultime ore venivano rafforzate e, in un certo senso, scoprì che qualcosa di profondo che li accomunava.
«Anche io avevo una sorella...» mormorò con lo sguardo nel vuoto. Aranel si voltò per ascoltare meglio, sorpreso di quella confessione « Un giorno stavamo correndo per fare una gara e lei scivolò, cadendo dalla scogliera; fu colpa mia, ero sempre io a voler competere, a voler dimostrare di essere la migliore perché ero sempre trattata come quella più piccola...»

Aranel si sarebbe preso a calci se avesse potuto. Non aveva mai raccontato a nessuno di Bryn; la prima volta che si era sentito portato a farlo, ecco il risultato! Dolore, sempre e solo dolore. Fece per avvicinarsi, preso da un irrefrenabile impulso di alleviare quel tono malinconico, di cui in parte si sentiva responsabile.
«É stato allora che ho iniziato a studiare la magia».
Lo stregone si bloccò.
«Ho deciso che mi sarei dedicata con tutte le mie forze per imparare, per comprendere la magia in ogni suo aspetto» la sua voce si fece più dura, carica di rabbia «Avevo solo dodici anni... ma sono certa che prima o poi riuscirò a riparare gli eventi accaduti! Non importa quanto mi ci vorrà!»
Si accorse che Aranel era lì fermo ad ascoltarla, lo stesso Aranel di tutte quelle storie che aveva sempre ascoltato, quell'Aranel che... «Sai, quando sentivo parlare di te, delle tue abilità, della tua magia... io ero sempre molto invidiosa! La magia innata... che gran dono!»
Aranel si lasciò sfuggire un sorriso amaro, i suoi pensieri di consolarla caddero improvvisamente. Rhea, in fondo, era solo una ragazzina con la sciocca speranza di risolvere i problemi con l'uso della magia. Ma c'era sempre un prezzo da pagare, in qualche modo. Sempre. Lo avrebbe capito anche lei prima o poi. Lui ne era già fin troppo consapevole. Si distese sul tappeto, per riposare un po'.

Quando la sera fu definitivamente scesa si decisero ad uscire dal loro nascondiglio: muoversi durante la notte li avrebbe aiutati a seminare Eyreen, che sicuramente era ancora sulle loro tracce. La brughiera cominciava ad assomigliare ad un tappeto di panna, la nebbia cresceva rapidamente rispondendo come un'eco al levarsi della luna.
"Maledizione! Ci mancava solo la luna!" pensò Aranel che vedeva così sfumare le possibilità di una marcia occultata. Non avrebbe avuto senso chiedere a Rhea di generare delle nubi fittizie per oscurarla, lo sforzo di concentrazione e il dispendio di energie per mantenerle avrebbero ulteriormente rallentato la marcia. Era molto più utile affrettarsi, sfruttando eventualmente le conformazioni stesse del terreno per procedere il più nascosti possibile. Fortunatamente potevano contare su diverse macchie boschive sparse lungo il crinale; ogni tanto uno sguardo rapido nei dintorni li rassicurava che nessuno li stesse braccando da troppo vicino. Poi Rhea inciampò, cadde su Aranel e insieme ruzzolarono per una ventina di metri in una piccola radura dove la loro caduta non passò inascoltata: una piccola mandria di Yalgo si svegliò di soprassalto per il tonfo dei due e spiccò il volo per darsi alla fuga, gracchiando all'impazzata. I due malcapitati scattarono di corsa per allontanarsi dal prato aperto mentre la mandria di mammiferi volanti ancora si stava librando sopra le loro teste. Poi si fermarono di colpo, attendendo che tutte le creature si disperdessero. E attesero ancora, nel silenzio.
Passarono 15, forse 30 minuti abbondanti in cui nessuno dei due mosse un muscolo, se non gli occhi a destra e sinistra per avvistare una qualunque ombra avvicinarsi. Nulla. Si decisero ad uscire, ristorati da quella specie di pausa imprevista.
Avanzarono per tutta la notte senza sosta, cercando di guadagnare più terreno possibile. Trovarono un piccolo ruscello tra le piante e decisero di comune accordo di trarne una piacevole bevuta. Probabilmente l'intera zona era ricca di corsi d'acqua: ciò avrebbe giustificato la presenza di quella mandria nella radura, si disse Aranel, ma la fuga aveva probabilmente impedito loro di notarli
Al mattino raggiunsero il terzo crinale, il punto di osservazione più alto dei monti Vresel. Il sole stava salendo all'orizzonte, dissipando la nebbia dalla brughiera che magicamente tornava ad emergere. Da lì, il quarto e ultimo rilievo sembrava solo un piccolo scoglio nell'immenso mare d'erba che lo attorniava. Finalmente all'orizzonte, con le sue guglie e i suoi palazzi panciuti, si profilava Varys, la roccaforte più antica della regione di Astrel.

Aranel, il segreto di Terys e YuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora