Cap. 10 Memorie

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Un anno prima non lo riteneva possibile. Non lo ritenne credibile nemmeno quando il monaco glielo predisse: troppi gli eventi sconvolgenti che lo avevano portato in quel monastero disperso tra le pianure del nord; immenso il carico di rabbia; insopportabile il senso di colpa.

Eppure quella mattina, esattamente come un anno prima, Aranel uscì dalla propria stanza. Le piante del cortile si stavano spogliando delle loro vesti cremisi e ocra mentre si preparavano a riposare dopo il gran ballo autunnale. Un tappeto rosso e giallo era tutto ciò che rimaneva di quel frenetico danzare; nessuno si era preoccupato di spazzare via le prime foglie che avevano abbandonato la festa e con le nuove compagne che le avevano raggiunte creavano ora una perfetta e caotica armonia. Il sole passava tra i rami spogli e scolpiva con l'aria rorida un intenso gioco di fasci luminosi e d'ombra su tutto il patio.
In quel silenzio senza fine, Aranel trasse un profondo respiro per assorbire quella calma dentro di sé, senza respingerla.

«Vedo che hai raggiunto la pace».
Aranel non si voltò, ma attese lì dov'era che il bonzo lo raggiungesse.
«O forse lei ha raggiunto me» disse lo stregone.
«Lei non si è mossa. É sempre stata lì, dove è ora... vedi?» gli indicò il giardino «proprio come un anno fa».
Il ragazzo assaporò di nuovo tutta la scena. «Però un anno fa quell'arbusto non c'era» e indicò un piccolo cespuglio al centro del cortile che era stato piantato a inizio primavera. Lo ricordava bene.
«Anche le foglie non sono cadute nella stessa posizione dello scorso anno; non sono le stesse foglie che c'erano quando sei arrivato; il vento, la pioggia e il sole non hanno agito nello stesso modo; ma notare il cambiamento nella moltitudine dei piccoli eventi diventa difficile. Quell'arbusto è lì per ricordarcelo più chiaramente».
«Quindi la pace di oggi è diversa rispetto a quella che avrei raggiunto un anno fa...»concluse il ragazzo.
«La pace di oggi non l'avresti raggiunta un anno fa; non potevi. Dovevi cambiare nel tuo modo di pensare, di agire, trasformare il tuo modo di considerarti».

Aranel ascoltò quelle parole e cercò l'arbusto che era cresciuto in lui. Nella sua mente si affacciarono le stesse immagini che lo avevano tormentato in quei mesi:

Il latte in terra, una voce di uomo grida qualcosa, furente. É John, suo padre. Un grosso lampo di luce lo colpisce, un vortice immenso e le grida di una ragazza, un vortice.

Lui nel monastero il primo giorno, la sua mano incandescente e la rabbia che lo divora dall'interno, incenerendolo.

Aranel fissò la sua mano lattea e senza consapevolezza si trovò a distendere le labbra, un abbozzato ed innocente sorriso comparve sul suo volto; proprio lì, nel giardino dove si trovava un anno prima con la stessa mano incandescente e fuori controllo. Il maestro avvertì il suo viso luminoso senza osservarlo. «Non credere di aver vinto. La strada da percorrere è ancora lunga, ragazzo mio, ma ciò che avverrà potrebbe darti una spinta ulteriore»
Aranel era ormai abituato a sentirsi chiamare "ragazzo mio". Dopo i primi giorni di totale repulsione, aveva trovato in quelle parole un calore sconosciuto fino ad allora, un abbraccio confortante e paterno: lo rendevano ancora parte di un qualcosa quando lui non si sentiva più parte di nulla. Ora quel padre acquisito che lo aveva seguito così da vicino per tutti quei mesi, gli stava dicendo che stava per accadere qualcosa che di nuovo lo avrebbe messo alla prova.
«Che intendi dire?»
Il monaco lo invitò con un cenno a seguirlo. Attraversarono insieme il cortile, passando con osservanza sul morbido manto delle piante. Aranel venne attraversato da una certa inquietudine, le richieste del monaco di quel genere lo avevano sempre portato in situazioni poco piacevoli da affrontare perché lo portavano sempre a doversi confrontare con qualche suo lato nascosto o con cui doveva imparare a coesistere. Certo il risultato era sempre un arricchimento personale, ma lo sforzo richiesto...

Come previsto arrivarono alla stanza vuota, al secondo piano dell'ala est. Entrarono dalla porta che emise dai cardini il solito, lamentevole cigolio. La stanza doveva essersi liberata da poco: le finestre erano aperte, ma c'era ancora il profumo marcato dell'incenso appena consumato. La porta venne richiusa come di consuetudine dal bonzo mentre Aranel andò a disporsi al centro del cerchio dipinto sulle assi del pavimento, come aveva sempre fatto.

Aranel, il segreto di Terys e YuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora