Let's make love

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You are My apple sin
Capitolo 11

"Let's make love"

Ogni amore sbagliato ha il suo costo

questo quello che è stato

io lo tengo nascosto

lo terrò tra le pieghe del letto e

quelle del cuore.

- Emma, Resta ancora un po'


Pov Dominic

Eravamo rimasti in silenzio per tutto il tempo. Non ci eravamo più rivolti parola da quando io ero caduto nella sua tentazione, come uno stupido, come un idiota innamorato quale ero.

Alla fine gli avevo rivelato ogni cosa, forse non gli avevo detto espressamente di amarlo, non gli avevo detto alcun "ti amo", ma dietro le righe lo avevo fatto; dietro ad ogni parola, ad ogni gesto ed emozione mi ero totalmente aperto a lui e a quell'amore di cui ero ormai succube, che mi aveva incatenato e mi trascinava a fondo ogni giorno di più.

Da un lato non potevo negare di essere contento, di aver desiderato ardentemente che arrivasse questo giorno, ma dall'altro la mia razionalità mi impediva di bearmi del tutto di quell'idea e ciò mi rendeva nervoso, così tanto che avevo fumato almeno un pacchetto di sigarette.

Dal canto suo anche Jeremy era rimasto in silenzio, tra le mani quella chiavetta USB che Conrad gli aveva dato e che chissà cosa conteneva. Non mi ero interessato, non volevo farlo, ero già abbastanza fagocitato di mio.

Entrammo in casa in altrettanto silenzio, non avevo neppure dovuto inserire la chiave; come al solito il rosso era uscito di casa senza chiudere. Quando l'avrebbe perso quel dannato vizio?

-Hai dimenticato di nuovo la porta. - dissi, per spezzare il silenzio. Non so come uscì la mia voce, se nervosa, fredda o atona, ma so che non appena la chiusi alle mie spalle, a chiave, lui mi fece voltare e unì le nostre bocche.

Quel dolce e caldo contatto mi fece sciogliere appena, mi voltai meglio, allacciai le braccia intorno alla sua vita e ricambiai; chiudendo gli occhi, gustandomelo appieno.

Calde, vellutate, morbide e frugali come ambrosia, come miele.

Erano il mio veleno quelle labbra, era il mio fiele quel loro sapore a cui non riuscivo a dire no.

Jeremy iniziò a infilare le mani sotto la mia maglietta, con le dita mi accarezzò gli addominali.

Era una sensazione intensa, dolce, i suoi polpastrelli sembravano fuoco.

Lo avrei lasciato fare, lo volevo, lo bramavo, ma una voce urlò forte all'interno della mia testa.

Urlava, strillava; era la mia razionalità, il mio senso di colpa.

Mi stava dicendo di andarmene, che era tutto maledettamente sbagliato; che quel ragazzino che mi stava dolcemente trascinando negli abissi più bui e pieni di raffiche di vento che avrebbero scalfito il mio animo, era ancora minorenne e che io ero un adulto bello che fatto.

Non potevo, non potevo permettermi di prendermelo; non quando Jeremy sapeva così poco di me, quando poteva avere un amore diverso, più giusto.

Stavo ricadendo di nuovo nello stesso errore, quello che già una volta me lo aveva fatto quasi perdere, smarrire.

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