Extra- "Peace"

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You are My apple sin

Capitolo Extra- "Peace"


La felicità è amore, nient'altro.

Hermann Hesse


Pov Dominic

L'aria pulita di montagna non era poi così male come pensavo.

Era fredda, pungente, ma in qualche strano motivo era rilassante stare in veranda con una tazza di cioccolata calda in mano, avvolto solo in una pesante coperta calda di lana bianca e con indosso solo un pigiama.
Inoltre quella piccola baita, leggermente distanziata da tutte le altre, era stata costruita su uno dei punti più alti del paese e da lì, era come essere in paradiso.
Il cielo quel giorno era bianco, presto sarebbe sicuramente nevicato, ma la neve non avrebbe fatto altro che dare un tocco più incantevole a quella valle che mi aveva rapito il cuore.
Attorno vi erano montagne più alte, oppure distese di terra infinita verde e macchiata dalle chiome degli alberi sempreverdi.
Le terre che sembravano impervie erano verdi e brillanti, nonostante il chiarore del cielo togliesse loro quel colore ammaliante e diverso da parte a parte.
Qua e là sbucavano tetti rossi o di legno, rappresentazione che quel paesaggio non era solo quello di un dipinto.
La cosa che più mi tranquillizzava, però erano quelle montagne che sorgevano proprio davanti a me, imponenti, quasi intoccabili e forti.
Davano come una sensazione di infinito, di calore e protezione; sembravano tanti titani protettori che avrebbero sempre scacciato via il male.
Bello e pieno di misteri era anche quel rustico paese fatto di sassi, vegetazione, legna, ponti e piccoli dipinti qua e là sui muri delle case.
Mi piaceva passeggiarvi la mattina presto, quando il sole era appena sorto.
Stare lassù era come vivere in una piccola e magica illusione.
Sorseggiai un po' di cioccolata, mentre i miei occhi verdi catturavano e imprimevano nella mia mente l'immagine perfetta di quel luogo che non avrei mai voluto lasciare.
-Dovresti rientrare. Starai gelando. - la voce calda di Dominic al mio orecchio mi sorprese, tanto che mi scottai appena la punta della lingua.
La tirai fuori e cercai di raffreddarla in qualche modo. Bruciava terribilmente.
Lui rise e posò le sue grandi mani sulle mie spalle, iniziando a massaggiarle appena; probabilmente, in segno di scusa.
-Brucia. - mi lamentai, posando la tazza sul bordo del parapetto del balcone e girandomi verso di lui, con la lingua ancora fuori.
-Scusa. - sussurrò chinandosi e baciandomi. Ciò alleviò il dolore e mi fece passare anche il malumore esattamente come era arrivato.
Alzai un braccio e posai una mano tra quei capelli neri che l'altro si era tagliato. Erano corti, forse fin troppo, leggermente puntigliosi, ma sempre morbidi.
-Come fai a essere così caldo? Sei qui da due ore. Io sarei già congelato. - mi accarezzò dolce la guancia, guardandomi con quegli occhi neri come il carboni, pieni di un amore infinito che sapevo non avrei potuto ricevere da nessun altro.
Non importava quanto io tentassi di allontanarmi, lui era sempre lì per me pronto a riacciuffarmi. Aveva sopportato ogni mio difetto Dominic, compreso e accettato.
Aveva combattuto fino alla fine per me, quando persino io avevo rinunciato a me stesso e al nostro amore che fino a poco tempo prima trovavo impossibile.
Quante volte avevo tentato di farla finita? Le avevo contate, le avevo progettate e vissute nella mia mente un milione di volte fino a portarle in atto, ma alla fine chissà per qualche strano motivo non ero mai riuscito a scrivere la parola fine sulla mia vita.
Ne avevo avute di occasioni per recidere il mio filo, di chiudere il libro che raccontava la mia storia, ma il suo nome, il suo volto, la sua voce e le sue carezze, sebbene da lontano, mi avevano sempre salvato.
Il mio Dominic, così forte, così amato, così perfetto ai miei occhi da non essere solo il mio amore, la mia ancora e la mia salvezza, ma anche la mia vita.
-Probabilmente sono un animale dal sangue caldo. Non gelo, sono troppo amato e amo troppo. - gli sorrisi, allacciando le braccia intorno al suo collo, fino a trascinarlo sopra al mio corpo steso su quel divano con un solo bracciolo sul quale adoravo passare le mie giornate in contemplazione.
-Davvero troppo. - mi baciò lui, di nuovo, cercando di non pesare troppo sul mio corpo.
Ricambiai, facendo danzare dolcemente le nostre lingue. Era così bello farle toccare, poi ritrarle e di nuovo farle rincorrere.
Era una lotta piacevole, una guerra che non avrebbe mai fatto vittime, a eccezione dei nostri cuori, che battevano in un sinolo di emozioni, all'unisono.
-E' meglio rientrare. - sussurrò, posando mille baci su tutto il mio viso.
Miagolai facendo un po' di fusa e annuii, ma senza provare a muovermi. Quel divanetto era davvero comodo, avrebbe potuto anche mangiarmi e non mi sarei di certo lamentato; un po' come il puff che avevamo nell'appartamento in città.
-Devo portarti? - chiese, scendendo lungo il mio collo.
-Per me puoi anche farlo qui. Adoro questo divanetto, potrei anche sposarlo... un po' come il frigo. - scherzai, continuando a tenere gli occhi chiusi e beandomi di quei dolci baci dediti solo a coccolarmi e donarmi un amore puro, sincero e duraturo; immortale.
-Ho troppi rivali. Dovrei ucciderli. - la sua voce era bassa, sensuale; sembrava davvero piena di rabbia omicida, a causa di quella piccola gelosia insensata.
Risi. -Mi sembra di averlo già un anello al dito, poi non avrei potuto chiedere luna di miele migliore. Non mi sarebbe mai venuta in mente la montagna. - gli accarezzai i capelli e poi mi sedetti, perdendomi di nuovo con lo sguardo rivolto verso l'orizzonte.
-Mi è sempre piaciuto rifugiarmi qui. - mi rivelò, cingendomi con un braccio la vita e con la mano libera, costringendomi a voltare verso di lui -Però ho una moglie troppo fredda. Pensa di più al paesaggio che al suo povero marito. - fece una specie di smorfia, che forse voleva essere un'espressione da cucciolo bastonato.
Non gli veniva per niente bene.
Gli morsi il labbro inferiore e lo tirai verso di me, circondandogli il viso con le mie mani.
Era davvero lì, constatai ancora timoroso, a volte, di star sognando.
-I miei occhi non riflettono che te, Dom. - posai la mia fronte contro la sua, guardandolo dritto in quei pozzi di pece in cui mi riflettevo e non vedevo me stesso, ma luce.
Era come se quel profondo nero catturasse e trasformasse ogni cosa in luce. Era come se fosse un sole nero, ma lucente e capace di vedere oltre ogni cosa, di amare ogni cosa.
-Ti amo, My. Più di ogni altra cosa al mondo, mia piccola e dolce mela del peccato, mia luna. - e il cuore mi fece male, prima di iniziare a voltare, martellando fino alle mie orecchie.
Lo baciai con trasporto, mentre lui mi prendeva in braccio e mi portava dentro.
Raggiunse a fatica quel soggiorno che era diventato la nostra camera da letto, a causa di quella miriade di cuscini sparsa ovunque sull'enorme tappeto di pelle di orso.
Mi adagiò proprio lì, davanti al camino che imperterrito rimaneva acceso.
Ci baciammo, ci spogliammo.
Rotolammo, cademmo ancora di più nel profondo e mistico turbinio dell'amore.
Ci amammo come tutte le innumerevoli molte precedenti, ma in un modo sempre più diverso e profondo.
Era bello essere amati senza riserve, senza dubbi, senza paura.
Era incantevole essere la mela del peccato di quell'uomo che avrei amato per sempre, cercandolo anche oltre le stelle, perfino oltre la morte.
Che avrei rincorso e ammaliato in qualsiasi mia reincarnazione, facendogli mordere e gustare il mio peccato.

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