4. Guanti

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E ho il terrore del tuo letto, che ci sia già dentro un altro
Che ti sia sceso l'effetto della droga che ti davo io
Steso sopra il pavimento, conto i danni che ti ho fatto
Ho una freccia dentro al petto
Tutto il male è ritornato mio
🌻🌻🌻🌻

Simone raccolse al petto le gambe che fino a un secondo prima ciondolavano nella piscina vuota.
Al telefono, Laura voleva sapere tutti i dettagli sul suo incontro col ragazzo del locale.

Sorrise timido "Mi ha fatto bene svagarmi con qualcuno."
Perlomeno le parti in cui non pensava.
"Ci siamo scambiati anche l'Instagram."

"Finalmente una gioia! Sono veramente contenta che stai meglio, lo so quanto hai sofferto per amore."

A Simone si strinse il cuore. Lei era l'unica oltre a Manuel con la quale riusciva ad essere totalmente se stesso senza sentirsi giudicato.
"Lui poi era vestito come il biondo di American Horror Story."

"Chi?"

Sbuffò "Ah-ah. Mio marito Evan Peters, ovviamente."

La ragazza sapeva perfettamente che l'attore rientrava nella lista infinita delle sue celebrity crush.
"Ed era alla sua altezza?"

"Che te lo dico a fare, nessuno sarà mai come lui" la sentì ridere dall'altra parte della linea "Però sì, era figo. C'è stato giusto un momento nel quale ho creduto di star impazzendo..."

"'Impazzendo in che senso? Oddio, aspetta. Non dirmi che era uno di quegli psicopatici coi kink strani."

Il livido all'occhio sinistro gli pizzicò come se l'avesse sentito.
Simone si morse l'interno della guancia "No, no... niente di strano. Ero io che-"
No. Ritentò. "Non insultarmi per questa cosa, ma a breve dovrai farmi ricoverare in psichiatria perché mi sono immaginato-"

Sobbalzò quando scorse Manuel dall'altro lato della piscina.
Questo gli lanciò una tacita domanda con lo sguardo, e Simone sospirò, annuendo.

"Simo?", lo richiamò l'amica.

Osservò il maggiore sedersi a gambe incrociate, rivolto verso di lui.
"Scusa, Là... devo chiudere ora."

"Mi lasci co' 'sta suspence? Eddai, dopo fammi un vocale! Giuro non mi arrabbio."

"Okay, poi vedrò" ridacchiò "Buona cena."

"Anche a te. Ci sentiamo dopo" e attaccò.

Copiò la posizione di Manuel, uno specchio.
Non aveva voglia di conversare, ma notò che l'altro si rigirava un tubetto metallico tra le dita.
"Cos'è?"

Manuel gli sembrò incredibilmente piccolo "Un'offerta di pace."
Deglutì a vuoto "Ricominci a parlarmi... per favore?"

Erano passate solo otto ore da quando aveva smesso di farlo.
Non che le avesse contate.

Il suo atteggiamento lo stava snervando da tre giorni. Gli sembrava costantemente che nascondesse qualcosa e non volesse dirglielo. Pensava che avessero superato quella fase ormai, che si dicessero sempre tutto. Evidentemente si sbagliava.
La pallonata di quella mattina era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: Manuel gli aveva già chiesto scusa e detto che non l'aveva fatto apposta, ma il suo sesto senso sapeva che non era del tutto vero.

Non aveva pianificato di interrompere le comunicazioni con lui, era avvenuto e basta.
Simone era diventato irascibile e quindi aveva preferito isolarsi piuttosto che incazzarsi. Si sarebbe sentito terribilmente in colpa se lo avesse trattato male quando magari il suo essere misterioso dipendeva dal fatto che lui stesse male per quel qualcosa.

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