12. Metamorfosi

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C'è un mazzo di fiori sul mio sedile, guiderò
Per tutte le cose che non so dire mentirò
Che certe parole non sanno uscire, forse no
O forse non era vero
🌻🌻🌻🌻


Arriva un momento nella vita di tutti che potremmo definire il punto di svolta.
È vero: non si finisce mai di cambiare, di restare immutati nel tempo, ma per la maggior parte delle persone quel momento arriva.
Quando il bruco, lentamente, inizia ad avvolgersi nel bozzolo non sapendo che cosa diventerà dopo, se ne uscirà vivo e, soprattutto, sotto quali sembianze.

C'è chi questo processo l'abbraccia; chi lo affronta dopo essere stato al buio per troppo a lungo, desideroso di nuove prospettive; e c'è anche chi invece, a questo processo va incontro perché costretto a forza, nonostante la ragion propria.

La natura ha i suoi modi peculiari di operare per farci sbocciare.


I due ragazzi -chi più e chi meno- non erano ancora del tutto coscienti che la metamorfosi stava avvenendo sotto i loro nasi, persino mentre sedevano in quell'abitacolo che viaggiava a settantacinque chilometri orari sulla A91.


Iniziò col prurito.

Si inerpicava sulle mani, sul collo, persino sotto le ascelle— la sudorazione incrementata.

La presenza di Simone rendeva Manuel nervoso. Febbricitante, in un modo che l'atterriva.

Stava ancora processando il fatto che avesse vomitato tutto il rimorso e le verità annidate dentro di se, in ginocchio— davanti a lui, per lui.
E non lo aveva programmato. Non così, almeno.

 
Dal canto suo, quest'ultimo se ne stava seduto tutto tranquillo nel posto passeggero a guardare fuori dal finestrino. E non fiatava.
Non aveva il cuore di dire all'amico che per 'fare le scuse' intendesse farle a Mattia— che accidentalmente s'era lasciato sfuggire qualche particolare sulla loro allegra chiacchierata.
Perché delle scuse Simone non se ne faceva più niente, era tutta la vita che gliene rifilavano, suo padre compreso.
Le proprie labbra arricciate in un sorriso trattenuto però dicevano tutt'altro, poiché infondo, quel discorso servitogli in maniera così remissiva ed onesta l'aveva fatto gongolare. S'era sentito importante, -potente, quasi- con qualcuno. Con Manuel.

Era atterrato in patria da mezz'ora e già lo stava mandando ai matti.

Ma no.
No, stavolta doveva mantenere compostezza. Stavolta doveva ricordarsi che il maggiore non provava sentimenti oltre alla mera amicizia per lui.

E così rimase quieto, col velo del menefreghismo ad ovattargli i sensi.
Cosciente degli sguardi obliqui lanciategli dal moro quando questo credeva di non essere visto, dopo il sesto si voltò totalmente verso di lui, leggermente irritato.

"Mi dici perché mi guardi come se mi fosse spuntata una seconda testa?"

"Ma che stai a di'?", replicò quello fingendosi concentratissimo sulla strada.

"È da quando so' arrivato che me guardi strano."

Manuel imbronciò la bocca in una smorfia e alzò le spalle, falso come Giuda.
"Senti un po'" aggiustò lo specchietto con nonchalance solo per poterlo osservare meglio "Hai fatto qualcosa ai capelli?"

"No."

"Però hai fatto qualcosa, ve'?" insisté piccato "Devi aver fatto qualcosa."

Simone stava mentalmente cronometrando quanto tempo ci avrebbe messo a notarlo
"Mhmh..." si scoprì appositamente l'orecchio, portando una ciocca scura all'indietro "quando lo capirai mandami un fax dalla casa di riposo."

"Ah-ah..." sbuffò in una finta risata canzonatoria "sarai sveglio te!"

Il corvino si piegò leggermente per accendere la radio, poi prese ad armeggiare con la manopola per cambiare stazione "Di sicuro più di-" il respiro gli venne mozzato di botto.

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