Hope you find peace for yourself

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Seduta sul cofano dell'auto del nonno di Noah osservo Evan mentre cerca il kit di pronto soccorso nel bagagliaio, borbottando contro il disordine lasciato dall'amico. Ogni tanto lo sento imprecare sottovoce, il che mi strappa un sorriso divertito. Intravedo le sue braccia possenti, coperte di tatuaggi, l'inchiostro nero traccia intricati rovi spinosi che avvolgono i suoi muscoli.

Nel frattempo, il mio telefono vibra. È Olivia.

Olivia

Va tutto bene?

Sì, tranquilla. Torno subito.

Rispondo rapidamente, appena in tempo, prima che Evan torni verso di me, tenendo in mano una benda bianca e una crema antidolorifica. Non riesco ancora a capire perché si preoccupi tanto per questo piccolo infortunio. Preferirei che smettesse di starmi intorno e, restare da sola con lui, non è esattamente il modo migliore per realizzare questo mio desiderio. Forse cerca di tenermi buona, temendo che io possa rivelare a tutti il suo segreto di motociclista clandestino, ma dovrebbe preoccuparsi di più di Olivia e della sua lingua tagliente.

"Dammi la mano," mi dice, cercando di aiutarmi. Ma il suo tono, sempre così duro e scontroso, mi fa passare la voglia di essere gentile.

"Faccio da sola, grazie," rispondo, prendendo i medicamenti dalle sue mani. Inizio a spalmare una piccola quantità di crema sul punto dolorante, poi avvolgo il pollice con la fascia. La zona è leggermente gonfia, ma niente di preoccupante.

"Fatto. Possiamo tornare," dico con nonchalance, dopo aver finito.

Lui in tutta risposta mi lancia un'occhiata di disapprovazione, scuotendo la testa.

E ora che c'è?

"Non hai stretto abbastanza, così si toglierà subito," commenta, avvicinandosi per aggiustare la benda. Ma io ritraggo subito la mano.

"Va bene così," replico, cercando di sembrare più sicura possibile, nonostante io non lo sia affatto. So che probabilmente ha ragione: non ho stretto abbastanza.

"Senti, se devi sprecare un kit di pronto soccorso, almeno lascia che serva a qualcosa," sbotta, visibilmente spazientito. Ma a me non importa: non ho bisogno del suo aiuto. Se solo la sua voce non fosse costantemente accompagnata da quel tono autoritario, forse sarei più incline ad ascoltare i suoi consigli. Oltre a questo, anche la sua espressione aspra mi provoca un certo nervosismo.

"Ti ho detto che va bene così," ribadisco, fissandolo intensamente, facendo intendere chiaramente che non deve nemmeno provare a ribattere.

"Fiorellino, non ho tutto il giorno. Cerca di stare tranquilla e fatti sistemare quella maledetta fasciatura." Evan tenta di avvicinarsi di nuovo, ma, puntualmente, mi ritraggo, più infastidita che mai.

"Moore, perché non la smetti di rompere le palle e torni dai tuoi amici? Fidati, sopravviverò anche così," gli dico, con un sospiro esasperato, mentre alzo gli occhi al cielo. Lo osservo mentre serra la mascella e abbassa le sopracciglia, palesando ancora una volta tutto il disprezzo che nutre nei miei confronti causato anche dalla mia ostinata mancanza di collaborazione.

"Perché, cazzo, devi sempre fare di testa tua? Non riesci mai a tenere chiusa quella fogna?" sputa velenoso, come se fosse abituato a comandare e non sopportasse che qualcuno non gli dia retta. Proprio come un bambino viziato, si irrita quando le persone non pendono dalle sue labbra. Fare ciò che vuole, quando vuole. Questa è la sua unica regola, che spiega perfettamente le continue assenze, le fughe in giardino per fumare, i ritardi a lezione e le risse in cui, di tanto in tanto, si diletta. Un mare di caos in cui lui trova la sua pace, perché a controllare quel flusso infinito di eventi c'è solo lui. Se Kyle e Noah lo seguono ciecamente, Evan prende decisioni esclusivamente per sé, ignorando del tutto i consigli degli altri.

Until spring: a love that bloomsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora