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Mi chiamo Zoe. È bello sapere che a qualcuno importa qualcosa di me.

Quel "qualcuno" adesso sta dormendo. Per fortuna, non posso portarmelo dietro, trascinarlo via con me, negli incubi. Mi ha coccolata con qualche storia prima di addormentarsi. Ha davvero tanta fantasia. Beato lui che riesce ancora a immaginare l'esistenza di qualcos'altro fuori da qui! Mi diverte un sacco. Sua mamma gli ha detto che un giorno guiderà un'automobile e lui ci crede eccome.

Io non ho molto da raccontare, soprattutto non ho storie su posti irraggiungibili. Anche stanotte piove. Va avanti così da giorni. I vetri delle finestre sussultano. Continuo a ripetermi che prima o poi smetterà. Fuori è tutto allagato, per la gioia di Toma.

Toma adora sguazzare nell'acqua fangosa del canale. Ogni tanto ripenso al cadavere che ha trovato mercoledì.

A nessuno di loro importa se qualcuno di noi cade nel fiume e annega durante un temporale. Cosa avevo scritto qualche pagina fa? Bisogna avere un "cuore di pietra". Sì, è senz'altro così.

Mi sono liberata dall'abbraccio di Gap e mi sono alzata dal letto. Sono in bagno ora. Ho acceso la luce. Sono seduta per terra. Ho con me il mio diario, un pennello fatto con i miei capelli e un po' d'inchiostro che ho sgraffignato dalla scrivania di Naria. Il segreto sta nel prendere il materiale un poco alla volta, così non se ne accorge.

Non m'interessa scrivere bene, fin tanto che scrivo per me. Guardo l'orologio sulla parete. Non è ancora passata la mezzanotte. È ancora il 32 ottobre ed è ancora lunedì, almeno per qualche altro minuto. Scrivere mi fa bene.

Ieri notte ho sognato che ero qui, in bagno, seduta sul pavimento come lo sono adesso. Ero da sola e Gap non c'era, ma in assoluto. In pratica, non esisteva.

Avevo creato da dentro di me un piccolo, insanguinato uovo nero. Me lo rigiravo tra le mani e, tutte le volte che credevo di essermi decisa ad aprirlo, per scoprire cosa ci fosse al suo interno, alla fine non lo facevo. Continuavo a ripetermi che era brutto, insulso, e che da lì non sarebbe mai uscito niente di buono.

Probabilmente, l'uovo nero era marcio dentro. Meritava di essere rotto? Ne valeva la pena di provare a covarlo? L'unica scelta che non mi avrebbe fatto male sarebbe stata quella di abbandonarlo al suo destino e di dimenticarlo per sempre. Sarebbe stato meglio sparire per l'essere protetto dal guscio.

Oggi ho raccontato questo sogno a Gap, in un momento in cui eravamo soli.

Mi ha detto: «Avresti potuto covare l'uovo. Magari ne sarebbe uscita una piccola te. O, forse, un piccolo me».

Gli ho risposto: «Tanto non si sarebbe schiuso comunque».

Mi sono sentita in colpa per la sorte dell'uovo, qualunque essa sia stata al mio risveglio.

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