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Sono spaparanzato sul divano in salotto e stringo al petto il mio cuscino rosa. La televisione davanti a me è accesa.

Naria sta cucinando la merenda. C'è profumo di buono. Frittelle! Le ho detto cento volte di non fare esperimenti in cucina senza la supervisione di mamma, però devo ammettere che ci sa fare.

Spadella e sento la melodia dell'olio che frigge da qua. Ho fame. Cosa ho mangiato a pranzo? Già, vero... quattro scatolette di salmone e un pacchetto di gallette. Sarò pure magro, ma secondo me ho lo spirito che pesa tre billobunze.

I giocattoli sono ancora adagiati sull'erba del giardino. Alla fine, mia sorella mi ha convinto a lasciarli lì almeno per un altro tentativo. Il fantasma è stato disturbato dal troppo chiasso di stanotte.

Toma è tornato a casa. Ha chiuso il portone di ferro con una botta e ha mollato lo zaino accanto alla porta. Mamma gli ordinerà di portarlo in camera sua, quando tornerà. Io, a differenza, so che è una causa persa. L'idea di ordine che ha mio fratello non coincide con quella degli altri. Lascia sempre le cose in giro. È più forte di lui. Tanto vale non prestarci attenzione, almeno finché si ricorda dove ha messo le sue cose.

Gli ho chiesto cos'ha fatto a scuola e com'è andata. Mi ha risposto soltanto: «Bene», e poi è scappato via a prendere gli attrezzi. Adesso è di sopra. È lassù da almeno un'ora. Sta mettendo mano ad Anna. Ogni tanto sento l'avvitatore. Probabilmente mi racconterà qualcosa più tardi.

Sta passando il telegiornale. L'inviata, una gigantessa dalla pelle maculata, sta intervistando un tipo che indossa una specie di tunica. Non si vedono neppure gli occhi. Con un abito del genere, deve essere per forza un politico, ma uno di quelli poco conosciuti, perché non avevo mai sentito la sua voce fino ad ora. Non ho idea di cosa si stiano dicendo.

Dietro di loro, vedo uno scorcio della città. Attaccati ai cornicioni dei palazzi, ci sono dei pannelli luminosi che mostrano ai passanti qualche pubblicità animata a colori.

Riesco a distinguere delle cose, soprattutto grazie alle immagini: carne di scoiattolo rosa in scatola, cervello fritto di giraffa viola, groppa di grillo in salsa, croccanti occhi di uro in gelatina, addome di formicaleone precotto, zampette di drago in brodo, gel senza risciacquo per pulire i vetri (forse mi farebbe comodo), corno caramellato di monocero da grattugiare sulle tortore, cuscini imbottiti per il collo, compresse per integrare le vitamine di solito presenti nei vegetali... che la maggior parte dei giganti non mangia per natura. Non deve essere semplice vivere con lo stomaco in testa. Toma dice che quegli integratori sanno di erba di campo e terra.

Le strade magnetiche brulicano di macchine fluttuanti, tutte con il pilota automatico in funzione. Sono delle grandi capsule che si muovono veloci – e in maniera estremamente ordinata – su dei tragitti prestabiliti. Starle a guardare è rilassante.

Mi piace viaggiare in macchina. La nostra è bianca. Mamma e papà la parcheggiano in soffitta di solito. Mi portarono a casa con quella, quando mi presero dal negozio.

Passai il viaggio negozio-casa a guardarmi intorno. Fuori dal finestrino vedevo la campagna scorrere veloce – le balle di fieno, i fiori selvatici, i fossi, il cielo terso, il fango, gli animali chiusi nei recinti.

La luce del sole era calda. Sentivo che, sotto i miei piedi, sotto la lamiera della macchina volante, c'era il vuoto. Le ali erano spiegate e i propulsori accesi emettevano un fascio di scintille.

L'intervistatrice lascia la parola al conduttore nello studio, che inizia a blaterare qualcosa con una voce talmente squillante da essere fastidiosa. Per qualche secondo appena, lo schermo è invaso da un turbinio di colori: la sigla del telegiornale. Una musichetta – sium sium tium!

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